“Darren grazie di tutto, proverò a convincerti a restare”. E’ per il coach australiano il messaggio lanciato forte e chiaro da Sinner sul podio degli eroi. Cahill ha sussurato il suo ritiro a fine stagione, e sarebbe un peccato davvero togliere un ingranaggio così speciale dalla macchina perfetta: il vecchio saggio metà papà e metà consigliori, il coach Simone Vagnozzi – “il più bravo con cui abbia lavorato”, sostiene l’altro –, il preparatore atletico, il fisioterapista, il manager e il promoter. La mia squadra, come la chiama Jannik, che li ha citati uno per uno: “Tutto è cambiato quando uno alla volta siete entrati nella mia vita”, ha ribadito. L’abbraccio collettivo è per loro, sul campo, poi per il fratello Mark con la fidanzata e gli altri amici in tribuna sulla Rod Laver Arena. Stringe la Coppa, l’orafo ha appena finito di incidere con il bulino il suo nome sul piedistallo per la seconda volta. “La porterò a casa dei miei genitori, è importante condividere i momenti felici con la famiglia nel posto in cui sono nato: il piccolo paese dove tutti ci conosciamo”.
Un ragazzo d’oro. Capace di consolare con una carezza affettuosa e parole al miele il rivale sconfitto, in lacrime per la delusione atroce: “Sasha, so quanto sia difficile per te adesso. Sei un giocatore formidabile e penso lo stesso di te come persona. Sappiamo tutti quanto vali. Devi continuare a credere in te, sono certo che vincerai presto il tuo Slam”. E’ in difficoltà il tedesco. Dopo le due delusioni del 2020 e dello scorso anno pensava di farcela. Ha lavorato come un forsennato in allenamento per raggiungere Sinner e Alcaraz: ha scavalcato lo spagnolo in classifica, obiettivo raggiunto solo a metà. “Sei troppo forte, è molto semplice”, ha detto al microfono rivolto a Jan. E ha aggiunto dolorosamente: “Nessuno merita più di te la vittoria. Faccio i complimenti al tuo team e anche al mio che è perfetto: ci stiamo provando, è colpa mia non essere stato all’altezza. Credevo di avere una possibilità e invece eccomi qui con il premio che va a chi ha perso. Tornerò e ritenterò, ritenterò, ritenterò”.
C’è stato spazio anche per l’analisi tecnica. Una disamina breve e lucida come d’abitudine: “Sono partito forte, sentivo bene la palla e ho servito come speravo. Il secondo set poteva girare dalla parte di Zverev, ho avuto fortuna con quel nastro nel momento cruciale del tiebreak. Nel terzo sono andato sicuro a caccia del break ed è andata”. Gli chiedono come fa a essere così tranquillo in campo: “Quando sei il campione uscente – è la risposta – c’è una pressione maggiore, ma nella mia testa sono consapevole di essere preparato alla battaglia. Il tennis è così, non sai mai che cosa potrà accadere”. Poi torna sull’avversario: “Capisco il dispiacere di Sasha, perciò ho provato a incoraggiarlo. E’ un grande campione e si tirerà su”. Numero uno in tutto, Jannik.