Valeva la pena aspettare Giovanna Epis, veneziana di 36 anni, sessantasettesima sul traguardo della maratona un quarto d’ora dopo la vincitrice Sifan Hassan, olandese nata in Etiopia. Sfinita e raggiante, appoggiata a una transenna, la veneziana di 36 anni ha spiegato “che comunque essere qui è un sogno. Ad aprile non riuscivo neppure a camminare, non credevo più di farcela”. La stessa gioia contagia Sofiia Yaremchuk, trentenne nata e cresciuta a Leopoli in Ucraina, diventata italiana a gennaio 2021. Ha chiuso al trentesimo posto e non s’è mai sentita più felice di oggi: “Ho avuto il sostegno di tanti tifosi sul mio profilo, mi sono commossa a vedere le bandiere tricolori sventolare per me lungo le strade di Parigi”.
Le vie di un’Olimpiade sono infinite e misteriose. Lastricate di storie grandi e piccole, di trionfi e delusioni, ma ciascuna lascia un segno a saperla trovare in mezzo alla folla. C’è il caso di Santa Lucia, staterello del Commonwealth di 180mila abitanti grande più o meno come Modena, che brilla nel medagliere dei Giochi con l’oro e l’argento della velocista Julien Alfred. C’è però chi ha fatto di meglio. Anna Danesi capitana dell’Italvolley, Alice Bellandi nel judo e il canoista Giovanni Di Gennaro con i loro tre ori hanno issato Roncadelle — comune bresciano di 9.848 abitanti che suona le campane a festa — prima di Danimarca, Croazia, Austria e altre cinquantadue nazioni nella classifica generale. E anche prima di Cuba che lo precederebbe, se non fosse che tre atleti nati fra L’Avana e Santiago hanno conquistato oro, argento e bronzo nel salto triplo ma sotto le bandiere di Portogallo, Spagna e Italia. Il melting pot, l’esodo per necessità e il destino rendono fluido e imprevedibile lo sport a ogni latitudine: è il mondo nuovo che abitiamo, spesso senza capire com’è fatto.
Ma è naturale che alla fine del Grande Show lo sguardo vada al medagliere: anche quello offre spunti di riflessione. Dunque la Cina chiude davanti agli Stati Uniti per una corta incollatura, terzo è il Giappone a notevole distanza. La Francia ospite è quinta con 16 ori, bottino raccolto sulla spinta straordinaria di un popolo che s’è stretto attorno alla Marsigliese come e più di sempre. Quanto all’Italia, il bilancio è ottimo: il nono posto è fatto di 40 medaglie, lo stesso numero di Tokyo. Però con due ori pesanti in più: sono dodici, gli stessi di Los Angeles 1932 e un gradino sotto i tredici di Roma 1960. Impressionano i 24 quarti posti, le cosiddette medaglie di legno: record negativo assoluto, che però dà il polso di un movimento migliore del Paese che rappresenta. Come spesso succede alcuni favoriti sono entrati da papa in conclave per uscirne cardinali, mentre sono venuti alla ribalta outsider sconosciuti al grande pubblico: li dimenticheremo in fretta, perché questa è la sorte degli sport crudelmente definiti minori. Però al momento delle pagelle (servono davvero?) occorre fare attenzione, senza cadere nel gioco al massacro del web.
Qualche esempio? C’è chi ha sparato su Jacobs colpevole di essere arrivato quinto nei cento metri qualitativamente migliori della storia. Chi ha versato veleno sulla staffetta giù dal podio per sette centesimi. Ganna e il quartetto dell’inseguimento su pista sono stati presi di mira per non aver bissato il successo di tre anni fa, manco il bronzo fosse una cosetta da niente. I ragazzi della pallavolo sono finiti nel tritacarne rei di non essere andati a medaglia. Neppure Paltrinieri s’è salvato dal pollice verso perché non è uscito vincitore dalla Senna: l’argento e il bronzo conquistati in piscina evidentemente valgono zero. Ma il vero segno dei tempi è il romanzo Tamberi. La colica renale a una settimana dalle gare, la corsa in ospedale a Formia, le qualificazioni superate malgrado fosse uno straccio, la visita al pronto soccorso parigino la mattina della finale. “E’ tutto finito e non lo merito”, ha mormorato sconsolato. Malgrado tutto s’è presentato in pedana, livido e smagrito, affranto e orgoglioso. Prima dell’ultimo tentativo su una misura per lui irrisoria, s’è battuto le mani sulle tempie sussurrando a sé stesso: “Ti prego, ti prego devi farcela”. Quel salto è stato l’ultimo lampo, pathos allo stato puro.
La gente sugli spalti, i rivali in pedana, gli atleti in pista: il tempo s’è fermato per un istante quando l’asticella è caduta. Subito dopo è scattato il boato d’affetto e l’abbraccio totale all’eroe in lacrime vittima del Fato, requiem per un campionissimo. Il suo post su Instagram rivolto ai fan, 24 ore dopo, è stato un grazie a tutti: “State trasformando in un’impresa, con le vostre parole, quello che io vivo dentro di me come una delusione e un enorme fallimento”. Eppure i leoni da tastiera sono saltati sul leone ferito a morte: “C’era bisogno di trasformare una gara in una tragedia greca? Pensi a saltare anziché lamentarsi sempre”. Ancora: “Ormai è un ex campione, è finito. Non se ne può più: se ne faccia una ragione e si ritiri”. Alessandro Gassman ha raccontato che una domenica il padre Vittorio lo portò alla partita in curva, tra cori beceri e insulti ai giocatori avversari. Alla fine gli disse: “Vedi figlio mio, oggi hai imparato tutto quello che non si deve fare in uno stadio”. Evidentemente iI compito di un padre oggi è accompagnare il figlio sui social e metterlo in guardia: il peggio del peggio abita lì.
Peccato, perché le Olimpiadi hanno offerto un campionario di gesti, situazioni, episodi, imprese, emozioni, curiosità memorabili. Dalla ginnastica ritmica all’artistica, dalla scherma al nuoto, dalle pistole ai fucili, dal tennis alla vela, dalla scherma alla boxe, dalla lotta al taekwondo, dal sollevamento pesi al pentathlon: c’è stato da divertirsi, ma anche da arrabbiarsi. L’ingiustizia patita dal Settebello e la protesta plateale della squadra in risposta resteranno negli annali. Come l’immagine della Senna intossicata dalle analisi chimiche e dalle polemiche sulla balneabilità. Resteranno naturalmente le cartoline di Parigi, splendida di giorno e di notte, che però ha spesso messo in secondo piano le esigenze degli atleti per esaltare sé stessa. Resteranno le coreografie delle cerimonie d’apertura e chiusura dei giochi, con i divi planetari protagonisti. Tutto già passato. Arrivederci a Los Angeles, il 2028 è cominciato.