“Ogni volta che finisce un’Olimpiade penso: alla prossima non potrò esserci. E invece rieccomi qui”. Gregorio Paltrinieri lascia senza parole e senza più aggettivi. Il grande capitano azzurro colpisce ancora: nell’Aquatics Center di Parigi ha stampato un 1500 stile libero da favola, conquistando l’argento dietro soltanto a Bobby Finke. L’americano è un fuoriclasse che, nell’occasione, ha battuto il record del mondo con 14’30″67, tanto per far capire che razza di gara sia stata. Greg, trent’anni fra un mese, non ha fatto meno di lui. Cinque medaglie in tre diverse edizioni dei Giochi è roba da campionissimi dello sport, non solo degli squali da piscina. Ricapitoliamo. Oro a Rio 2016 nei 1500. Argento negli 800 e bronzo nella 10 chilometri in acque libere a Tokyo 2021, malgrado la mononucleosi che l’ha fiaccato nell’ultima fase della preparazione. E a Parigi, dopo il bronzo dell’altro giorno sugli 800, ecco l’argento nella gara che sente più sua. E non è finita qui, perché se la Senna lo permetterà si presenta tra i favoriti nella gran fondo.
Uscire dalle corsie è stato il suo gioco d’azzardo per restare sulla cresta dell’onda. Si sentiva prigioniero, oppresso da quella specialità che continuava a dargli fama e successi, ma rappresentava ormai un andirivieni infinito. Nuotare per trenta volte da una parte all’altra della vasca, con un cronometro nel cervello: quanto può resistere un uomo al vertice di una gara così, senza impazzire? Paltrinieri ha saltato il fosso, si è fatto tatuare un numero sulla spalla, ha indossato il costume con le bretelle e nel 2017 ha debuttato nel nuoto in mare aperto. Conquistando nuove vittorie su vittorie, da solo e con la squadra. Alternare la piscina alle acque libere con regolarità e altissimo rendimento è cosa che riesce a due o tre al mondo, ma il superlavoro non l’ha mai spaventato. Perché Greg è uno che si diverte a nuotare ovunque, anche quando perde. Gli capita malgrado un talento stratosferico, perché in mezzo a tanti pregi accusa un paio di difetti: non è un drago della virata e soprattutto gli manca lo sprint bruciante quando c’è da toccare la piastra d’arrivo.
Oggi è andato fortissimo fin dall’inizio, rompendo gli indugi e agganciando il treno di Finke. Dietro i loro talloni galleggiava il resto del gruppo, fatto di nomi nobilissimi. È stato un testa a testa furioso, bracciata dopo bracciata: l’americano strappava, il carpigiano non lo mollava. Coraggioso, tenace, inaffondabile. Sono arrivati vicini e non poteva esserci un esito diverso, bagnato dal primato mondiale di Finke. Paltrinieri l’ha abbracciato come si fa con un compagno di torture, poi si è offerto felice alle interviste: “Ho sempre creduto nelle mie possibilità, malgrado i turni massacranti di batterie e finali qui a Parigi. Da tre giorni ho una febbre da stress, l’ho misurata anche un’ora prima di scendere in acqua per i 1500. La gente non lo immagina, ma è tutto sempre molto difficile”. Il tempo fatto registrare in finale parla da solo: 14’34″55, due centesimi in meno rispetto al suo crono per l’oro di Rio. Sono passati otto anni, anzi non sono passati.