Alla grande kermesse europea di calcio – che inizia oggi con il match inaugurale fra Germania e Scozia – l’Italia si presenta con l’aureola di campione in carica. Ma nessun bookmaker dà gli azzurri per favoriti. E se può confortare il particolare che non lo erano nemmeno tre anni fa (la competizione quadriennale, che è in pratica un mondiale senza il Brasile e l’Argentina, era stata rimandata di dodici mesi a causa della pandemia) va ricordato che si accostarono al torneo con una striscia di successi tale da ingenerare solide speranze e che sfociò poi nel record di imbattibilità (37 partite senza sconfitta). Era una Nazionale granitica in difesa (grazie soprattutto all’asse, sia pure al tramonto, Chiellini-Bonucci), creativa a centrocampo (con il trio Barella-Jorginho-Verratti), guizzante in attacco (con l’incontenibile Chiesa). Guidata da un Roberto Mancini che seppe ricavare il meglio dalla sua rosa e almeno fino agli europei fu anche assecondato dalla spinta della buona sorte.
Poi il vento cambiò direzione e l’Italia (detentrice di quattro Coppe del Mondo) fu estromessa per la seconda volta consecutiva dal mondiale. Un anno dopo il tecnico marchigiano, che non si sentiva più abbastanza appoggiato dalla Federazione, si dimise preferendo poco patriotticamente il faraonico contratto offertogli dall’Arabia Saudita, Gli è subentrato Luciano Spalletti, appena reduce da un altro inaspettato divorzio dal Napoli che aveva condotto al suo terzo scudetto (il suo primo personale nel campionato italiano).

L’avvicendamento, fra due allenatori di vertice, non ha prodotto finora grosse svolte, la Nazionale ha superato con qualche affanno lo scoglio della qualificazione per gli europei di Germania ma non ha mai pienamente convinto. Per carenza di tempo (per via del calendario sempre più fitto) e difficoltà di assemblaggio Spalletti non è ancora riuscito a far assimilare del tutto dagli azzurri i concetti che avevano reso irresistibile il suo Napoli scudettato. L’Italia oggi è una squadra in fase evolutiva. Vivacchia, come hanno dimostrato le due ultime amichevoli, in un limbo in cui ai segnali di progresso si alternano distrazioni difensive e impacci di manovra. Disponiamo di un centravanti (Scamacca) che promette bene ma – a parte Donnarumma, Barella e Chiesa (non del tutto ripresosi dopo il grave infortunio) – non abbiamo campioni di assoluto valore internazionale.
Per le agenzie di scommesse siamo soltanto al settimo posto nella graduatoria dei favoriti, con il 5 per cento di possibilità di riconquistare il titolo. Al primo posto è l’Inghilterra (19,9 per cento) che non ha mai vinto un europeo: perse la finale ai rigori proprio contro di noi nel 2021 a Londra, dove nel ’66 conquistò il suo unico mondiale. Al secondo posto, praticamente a ridosso (19,7) la Francia che di europei ne ha già vinti due (come l’Italia). Seguono la Germania padrona di casa (12,9) che vanta tre titoli (due però vinti con la selezione occidentale prima della caduta del Muro). La Spagna (9,6), che detiene due titoli (con l’esclusiva di essere consecutivi). Il Portogallo (9,2), con un titolo. L’Olanda (5,2, un soffio davanti all’Italia) con un titolo.
Su 24 partecipanti siamo ancora nella fascia alta del calcio continentale ma almeno alla vigilia senza grandi prospettive di vittoria finale. Tanto più che siamo stati inseriti in un girone di ferro. Se riusciremo a superare l’Albania, ostica anche se tecnicamente inferiore e guidata dal tecnico brasiliano Sylvinho che fu il secondo di Mancini nel Manchester City, nel turno eliminatorio dovremo poi affrontare due grossi ostacoli: la Spagna e la Croazia che appare un po’ in decadenza ma che come il Belgio appartiene pur sempre all’aristocrazia del calcio europeo (solo un anno e mezzo arrivò terza ai mondiali in Qatar e quattro anni prima sfiorò addirittura il titolo mondiale perdendo la finale in Russia contro la Francia).

Più agevole potrebbe essere il prosieguo perché dalla nostra parte del tabellone c’è solo lo spauracchio della Germania. Senza contare che in tornei così brevi i pronostici sono tradizionalmente evanescenti. L’Italia ha vinto i due ultimi titoli mondiali (in Spagna e in Germania) da outsider. E l’Inghilterra di Southgate oggi favorita per l’europeo lo era anche nel 2021 se non altro perché nelle fasi finali aveva il vantaggio del fattore campo. Stavolta è la più accreditata un po’ perché ha dalla sua la legge dei grandi numeri (è quasi da non credere che una scuola calcistica abbia nel suo palmarès un solo titolo mondiale) e può disporre di talenti inarrivabili come Bellingham (già potenziale pallone d’oro), Foden, Saka, Mainoo, Palmer. La Francia di Deschamps (finale persa solo ai rigori in Qatar contro l’Argentina) non è da meno con i suoi Mbappé, Mendy, Pavard, Dembelè. Anche la Germania, rilanciatasi sotto la guida del giovane Nagelsmann dopo una fase di appannamento, dispone di grossi calibri come Kroos, Dundogan, Thomas Mueller, senza contare il vantaggio di giocare in casa (che non le servi però ad evitare l’eliminazione ad opera dell’Italia nella semifinale mondiale del 2006).
Un’uscita non immediata, magari agli ottavi o ai quarti, non dovrebbe abbatterci più di tanto. La Federazione, tenendo conto della difficoltà di pescare grossi talenti in un campionato zeppo di stranieri (e in un paese dove nelle scuole di calcio si insegna perlopiù tattica mentre un tempo negli oratori si dava spazio all’istinto) ha concesso a Spalletti prospettive lunghe. L’europeo è solo una tappa. Il vero traguardo è il mondiale del 2026 negli Stati Uniti quando i meccanismi dovrebbero essere lubrificati e anche se con diversi interpreti la Nazionale dovrebbe sapersi esprimere con la fluidità dello spettacolare Napoli che stravinse lo scudetto 2023. Dopo tutto, pur non essendo favoriti, per le panchine e per le strategie calcistiche che ne conseguono, un titolo sia pur simbolico l’abbiamo già vinto. Ben cinque tecnici italiani sono presenti in questo torneo (altri paesi ne presentano al massimo due). Oltre Spalletti l’elenco comprende Tedesco (Belgio), Montella (Turchia), Calzona (Slovacchia), Rossi (Ungheria). Non avremo grandissimi campioni ma l’Italian style domina almeno fra i condottieri.