Dalla scorsa settimana, quando diversi giocatori di prestigio hanno messo in luce un pericoloso scisma abbandonando il PGA Tour per unirsi al circuito LIV, sostenuto dall’Arabia Saudita, il golf sta aspettando che a prendere posizione siano i pezzi grossi.
I trofei più importanti, quelli che creano una storia sportiva, portano gli sponsor migliori e sono segnati in rosso sul calendario di ogni giocatore, sono i 4 Major: Masters Tournament, U.S. Open, British Open e P.G.A. Championship. Nessuno di questi è governato da un tour professionistico, ma sono supervisionati da quattro entità distinte.
Nella loro entry list ci sono sempre i migliori al mondo e, come per il tennis, la reputazione dei più grandi giocatori della storia si basa su quanti ne riescano a vincere.
Forti di questo strapotere storico e mediatico, i quattro “grandi” sono ora i perni della battaglia per il futuro del circuito professionistico maschile degli Stati Uniti. Quando la scorsa settimana il PGA Tour ha deciso di sospendere 17 giocatori che si erano schierati con il LIV Golf, tutti si chiedevano con chi si sarebbero schierati. Da tempo alleati con i tour riconosciuti negli Stati Uniti e in Europa, era lecito pensare che avrebbero snobbato il nuovo circuito arabo.
Da parte loro, invece, è arrivata soltanto una fievole risposta. Mike Whan, amministratore delegato dell’U.S.G.A., ha fatto sapere che in futuro la sua organizzazione prenderà in considerazione l’ipotesi di rendere più difficile la partecipazione dei giocatori del LIV Golf agli Us Open.

Ma intanto a Brookline, in Massachusetts, sono tutti pronti per l’inizio di questa edizione del torneo (16-19 giugno), al quale, nonostante l’assenza di Tiger Woods, parteciperanno i migliori 29 del ranking.
“Sono rattristato – ha spiegato Whan – da ciò che sta accadendo tra i professionisti. Ho sentito dire che questo è un bene per il gioco. Dal mio punto di vista è un bene per alcuni giocatori, ma non riesco a capire come faccia ad esserlo per il gioco”.
Whan ricorda infatti altri progetti, iniziati nel tour e incapaci di reggere lo scorrere del tempo. “L’ho detto diverse volte: ho visto molte iniziative nascere e non essere più tra noi dopo soltanto un paio di stagioni”.
Le sue parole arrivano un mese dopo che Seth Waugh, amministratore delegato della PGA, ha appoggiato fermamente il PGA Tour indicandolo come parte di quello che ha definito “l’ecosistema del golf”. “Il nostro statuto – aveva dichiarato Waugh – dice che per essere membro della PGA, e quindi idoneo a giocare, bisogna essere un membro ufficiale di un tour riconosciuto”.
Quest’anno, sul percorso del The Country Club (tra i più antichi circoli di golf degli Stati Uniti), Mickelson sogna il grande Slam in un torneo per lui stregato, che lo ha visto classificarsi secondo per sei volte. È uno dei dissidenti passati alla LIV Golf e avrà per questo tutti gli occhi puntati addosso.
Ci sarà un silenzio inusuale durante questi Us Open: ogni colpo farà tenere a pubblico e sponsor il fiato sospeso.