A Jersey City, nel New Jersey, sorge un piccolo college di gesuiti con poco meno di 3.000 studenti: la Saint Peter’s University.
Ambiente curato, aule riservate e una squadra di basket che quest’anno ha fatto sognare gli Stati Uniti. Si chiamano “Peacocks”, pavoni, e il loro nome nella scuola ha due ragioni per essere un simbolo potente. La prima, più pratica, deriva dal fatto che il terreno su cui ora sorge l’istituto fosse un tempo di proprietà di un uomo di nome Michael Reyniersz Pauw, il cui cognome significa “pavone” in olandese. Il secondo, più teoretico, si richiama alla mitologia pagana, dove il pavone è l’emblema della rinascita, proprio come la fenice. Un termine, rinascita, che per Saint Peter fa riferimento alla chiusura e riapertura della struttura all’inizio del XX secolo.
Ebbene i Peacocks, allenati da Shaheen Holloway, sono stati quest’anno protagonisti di un’impresa che ha del miracoloso. Partecipando alla NCAA, ll campionato di pallacanestro che rappresenta il massimo livello del basket collegiale degli Usa, si sono fermati alle porte della Final Four, superando nel loro percorso alcune delle squadre più forti del panorama del basket universitario.

Erano entrati all’ultima fase della competizione due settimane fa come teste di serie numero 15, con il merito di aver vinto il torneo della Metro Atlantic Athletic Conference, ma per gli avversari, incontrarli, sembrava poco più che una formalità. Al primo turno un sorteggio sfavorevole, il Kentucky, testa di serie numero 2 e tra i favoriti per la vittoria del campionato. Le statistiche erano indicative: l’allenatore dei Kentucky percepisce uno stipendio superiore a quello dell’intero staff del Saint Peter.
Con numeri e società del genere alle spalle, era difficile pensare a un risultato diverso dalla vittoria dei favoriti, tanto più che l’ultima vittoria di una squadra MAAX in NCAA risaliva al 2009: un’altra epoca sportiva. Ma quel giovedì 17 marzo, a Indianapolis, i Peacocks hanno brillato di luce propria. 85-79 al Kentucky e da lì è iniziata la favola.
Qualche giorno dopo un’altra vittoria, al secondo turno, contro Murray State. Poi, a Filadelfia, l’ennesimo successo contro i Purdue numero 3 delle classifiche, che ha permesso ai Peacocks di diventare la prima squadra di sempre con la quindicesima testa di serie a raggiungere la “Elite Eight” del torneo maschile.
One last video from @PeacocksMBB winning moment…thank you Peacock Nation. Thank you @saintpetersuniv for the all the support. This place is special. 🦚#StrutUp🦚 pic.twitter.com/bCHmkjHpEG
— Saint Peter’s Athletics (@SPUAthletics) March 26, 2022
Arrivati alle porte degli ultimi quattro, però, anche la storia più bella ha visto scrivere la sua parola fine. Il St. Peter, che aveva prosperato con una difesa minacciosa, un eccellente duo di tiratori liberi e un inedito talento per i rimbalzi, si è trovata di fronte una delle squadre più prestigiose del basket universitario: il North Carolina, che nella storia ha sollevato al cielo sette titoli nazionali e per sei volte ha vinto in NCAA.
Contro di loro, per i Peacocks, c’è stato poco da fare. Si sono arresi ai Tar Heels, ma non senza lottare e il tabellone a fine partita li ha visti uscire sconfitti “soltanto” 69-49.
La loro impresa, però, è andata oltre il risultato ed è riuscita a tenere gli Stati Uniti con gli occhi incollati al televisore. Un gruppo di ragazzi sul quale nessuno credeva ha scalato le gerarchie del basket universitario che conta, quello dove circolano milioni e dove i più grandi non lasciano mai spazio a nessuno.
Chi rideva dei Peacocks adesso non ride più. L’anno prossimo la NCAA li aspetta a braccia aperte.
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