È bastato un test antidoping positivo per puntare gli occhi del mondo sul pattinaggio artistico. Non tanto su axel, toeloop o Rittberger, quanto più sulla storia personale di Kamila Valieva, la stella quindicenne dello sport russo, e sulle modalità di insegnamento nel suo Paese.
C’è una figura che spicca nell’algido ambiente sportivo in cui da una decina di anni dominano ragazze giovanissime. Tutte si allenano con la stessa persona, Eteri Tutberidze, in una leggendaria pista di pattinaggio a Mosca chiamata Sambo-70.
Otto anni fa, alle Olimpiadi del 2014, a lasciare tutti a bocca aperta fu Julija Lipnickaja. Allora aveva quindici anni e un talento impressionante, che tenne con gli occhi incollati sullo schermo milioni di spettatori e permise alla sua squadra sovietica la vittoria dell’oro a cinque cerchi.
Fu poi il turno, quattro anni più tardi, della rivalità tra Alina Zagitova ed Evgenija Medvedeva e infine, a questi Giochi, di Kamila Valieva. Tutte seguite da un’unica coach, che sotto la sua guida hanno raggiunto il tetto del mondo.
Ėteri Tutberidze è oggi riconosciuta, all’unanimità, come la figura più indicata per creare fenomeni del pattinaggio. Ma a quale prezzo? I suoi metodi non sono segreti. Le “ragazze Eteri”, così vengono chiamate quando entrano a far parte del gruppo, sono sottoposte a un regolamento estremamente duro, che non possono in nessun caso trasgredire. Non bevono acqua durante le gare e sono costrette a cibarsi prevalentemente di nutrienti in polvere per ritardare al massimo la pubertà, a costo anche di assumere medicinali come il Lupron, noto per indurre la menopausa. Ogni giorno sono soggette alla prova della bilancia e subiscono abusi verbali e fisici, oltre ad utilizzare particolari sali per non sentire il dolore e continuare ad allenarsi.
Le atlete con lei durano poco. Esplodono appena diventate teenager e vanno in pensione quando di anni ne hanno solo 16 o 17. È la “data di scadenza di Eteri”, come la chiamano i fan.
Vale tutto per raggiungere il successo, anche ricorrere all’uso di sostanze dopanti. Kamila Valieva è un’atleta sana, senza proclami cardiaci, eppure è risultata positiva a tre farmaci per il cuore: trimetazidina, ipossene e L-carnitina. Ma Tutberidze di doping ha sempre parlato, ben prima che il caso scoppiasse. Ha difeso ad esempio il meldonium, presente nell’elenco delle sostanze vietate dall’Agenzia mondiale antidoping e diventato famoso nel 2016, quando venne trovato nei campioni raccolti sulla tennista Maria Sharapova, definendolo innocuo.

Ma Ėteri Tutberidze, nel pattinaggio, è una che conta. Nel 2020 ha vinto il premio “Best Coach” dell’International Skating Union e Ted Barton, direttore esecutivo di Skate Canada, ha definito la sua una “scuderia di purosangue”. Johnny Weir, il commentatore di pattinaggio artistico della NBC, ha pubblicato una foto su Instagram di se stesso sorridente durante la visita a Sambo-70, definendola “la scuola più iconica del mondo”. Insomma, gli apprezzamenti non mancano.
Il suo è un approccio ispirato agli storici allenatori Bela e Marta Karolyi. Partiti dalla Romania, la coppia nel lavoro e nella vita raggiunse la fama negli anni ’70 e arrivò a produrre nella ginnastica artistica ben nove campionesse olimpiche, quindici campionesse del mondo e sedici medaglie europee. I Karolyi scoprirono che le ragazze in età prepuberale, con corpi piccoli e leggeri, riuscivano a completare più facilmente le difficili sequenze richieste dai programmi delle competizioni internazionali. Così iniziarono ad addestrarle, abituandole a pratiche brutali. All’epoca, i Karolyi furono trattati come eroi, capaci di trasformare i bambini in campioni. Così accade oggi con Eteri Tutberidze.

Ancora una volta, infatti, invece di mettere in discussione i suoi metodi, le istituzioni più importanti e potenti nel pattinaggio artistico, come l’International Skating Union o la NBC, hanno promosso una versione purificata e fiabesca dello sport ai fan occasionali.
Il metodo duro non è certo una novità nello sport. La Cina ha mostrato senza vergogna le immagini degli allenamenti ai quali sono sottoposti i ragazzi che si esercitano nelle sue palestre. In tutto il Paese sono migliaia le scuole che reclutano bambini talentuosi sin dalla tenera età per far di loro i numeri uno al mondo e gli ottimi risultati della Cina nel medagliere di ogni olimpiade non fanno che spingere i genitori a sottoporre i loro figli a queste prove.
“Distruggere per ricostruire” è il motto che si usa in questi casi. Non esiste nulla capace di suscitare una reazione vincente come l’umiliazione subita da una figura, quella dell’allenatore, che per gli atleti rappresenta l’autorità assoluta.
Alcuni, di fronte a questo regime, crollano. Quelli che resistono, però, entrano in pista e vincono le medaglie d’oro.
Le ragazze di Eteri continueranno a vincere e, se lo faranno senza il ricorso a sostanze dopanti, il mondo del pattinaggio continuerà ad elogiarle. Nonostante tutte le polemiche.