Quando si è visto di fronte Gael Monfils, forse la mente di Matteo Berrettini è tornata a tre anni fa, quando agli Us Open 2019, il suo primo vero grande palcoscenico, ai quarti di finale dall’altra parte della rete si trovò proprio il francese.
Anche quella volta Matteo impiegò 5 set per portare a casa la partita. Così come oggi, dove gli ci sono volute tre ore e 49 minuti per raggiungere la semifinale degli Australian Open, il primo Slam dell’anno iniziato sotto i riflettori per colpa della diatriba tra Djokovic e il governo del Premier Morrison.
“Stavolta sarà diverso, sono cresciuto, maturato”, aveva detto Berrettini prima della sfida. E infatti, nei primi due parziali, a comandare è stato lui, con uno schema servizio e dritto rodato alla perfezione che sembrava condurlo verso un’agevole vittoria in tre set.
Alla metà del terzo, però, un calo improvviso. Subisce il break, la luce si spegne e i game iniziano a scivolare via.
Sotto i suoi piedi si apre un vuoto che lo inghiotte e lo conduce a un passo dalla sconfitta. Sconfitta alla quale arriva vicinissimo, quando all’inizio del quinto set, quello decisivo, l’inerzia sembra essere tutta dalla parte di Monfils, che sulle rimonte e l’esaltazione ci ha costruito una carriera intera.
Ma oggi Matteo è un giocatore migliore, un top 10 affermato e sono queste le partite in cui lo dimostra. Break in avvio e percorso in discesa, sorretto da una prima palla che, nel momento decisivo, non lo ha lasciato solo.
Ora, ironia della sorte, un altro dejà vu: la semifinale contro Rafael Nadal, proprio come in quegli Us Open del 2019. Lo spagnolo ha faticato molto per arrivare negli ultimi 4, superando più per esperienza che per merito le fantasiose invenzioni di Denis Shapovalov, tanto bello quanto fragile quando la palla inizia a scottare.
Rafa non sta benissimo, viene da un lungo stop e quest’anno, di candele, ne spegnerà 36. Ma è pur sempre Nadal, uomo da 20 Slam, e quindi sottovalutarlo sarebbe un crimine troppo grande. Anche se le gambe non vanno più come una volta e i colpi rimbalzano sempre un po’ più corti, la visione tattica del maiorchino e il suo sterminato spirito combattivo lo renderanno ancora favorito alla vigilia.
Matteo però vuole la finale, per replicare (e chissà, forse migliorare) il risultato ottenuto a Wimbledon lo scorso anno. Appuntamento a giovedì: la sfida è tutta da gustare.