C’è una sorta di ironia nel vortice mediatico e istituzionale che sta investendo Novak Djokovic. Il tennis giocato, per verificare che i giudici di linea non sbaglino nel valutare se un colpo sia in o out, ammette l’utilizzo di una tecnologia chiamata Hawk-Eye, “occhio di falco”.
Nell’intricata vicenda che vede al centro il numero uno del mondo e la sua permanenza in Australia, è proprio il ministro Alex Hawke, responsabile dell’immigrazione, ad aver detto l’ultima parola. Per lui, Djokovic è out.
Lo ha fatto sapere in una nota ufficiale, nella quale ha scritto “oggi ho esercitato il mio potere ai sensi della sezione 133C (3) della legge sulla migrazione per annullare il visto detenuto dal sig. Novak Djokovic per motivi di salute e buon ordine, sulla base del fatto che ciò fosse nell’interesse pubblico. Questa decisione ha fatto seguito alle ordinanze del Circuito Federale e del Tribunale della Famiglia del 10 gennaio 2022, che annullavano una precedente decisione di annullamento per motivi di equità procedurale. Nel prendere questa decisione, ho considerato attentamente le informazioni fornitemi dal Dipartimento degli affari interni, dall’Australian Border Force e dal signor Djokovic. Il governo Morrison è fermamente impegnato a proteggere i confini dell’Australia, in particolare in relazione alla pandemia di COVID-19”.

L’ordine arriva dopo che, pochi giorni fa, Nole ha ammesso di aver rilasciato una falsa dichiarazione compilando il modulo di viaggio per l’ingresso nel Paese, comunicando di non aver viaggiato nei 14 giorni precedenti al suo arrivo in Australia quando in realtà si era recato in Spagna.
“Un errore umano del mio agente”, lo ha definito, ammettendo poi di avere anche incontrato un giornalista e aver preso parte a un servizio fotografico dopo essere risultato positivo al Covid-19. Il provvedimento di Hawke è accompagnato da un’altra implicazione potenzialmente terribile per il serbo: se le cose rimanessero così, dovrebbe attendere 3 anni per ottenere nuovamente un visto per l’Australia.
Scott Morrison, il Premier in carica, ha accolto con un sorriso la decisione del suo ministro. “Gli australiani hanno fatto molti sacrifici durante la pandemia – ha chiosato – e giustamente si aspettano che il risultato di quei sacrifici venga protetto. Prendo atto della decisione di Hawke e comprendo come, in seguito a un’attenta considerazione, abbia intrapreso un’azione per annullare il visto di Djokovic detenuto per motivi di salute e buon ordine, sulla base del fatto che ciò fosse nell’interesse pubblico. La pandemia è stata dura, ma siamo rimasti uniti e abbiamo salvato molte vite. Insieme abbiamo raggiunto uno dei tassi di mortalità più bassi. L’economia ora è forte e la percentuale di vaccinazione è tra le più alte al mondo”.

Certo, i giochi non finiranno qui. A due giorni dall’inizio del torneo e con un tabellone già compilato che vede il serbo opposto al primo turno al connazionale Kecmanovic, il numero uno del mondo è pronto a lanciare un’altra sfida legale per rimanere nel Paese.
Per lui, le speranze di esordire nel primo Slam stagionale si assottigliano sempre più, ma il suo team di avvocati, dai quale Nole è già stato visto arrivare, ha fatto intuire un nuovo ricorso al tribunale, dopo quello vinto con la sentenza emessa lunedì dal giudice Anthony Kelly della Melbourne Federal Circuit Court.