Se il popolo giapponese fosse sovrano, queste Olimpiadi non si farebbero. Ma da quelle parti il sovrano è uno, Sua Maestà imperiale Naruhito. Poi c’è il solito governo ombra, quello di Sua Maestà il Denaro. Insieme hanno stabilito che lo show vada mostrato al mondo.
Quindi, alla faccia del Covid che dilaga (casi raddoppiati nell’ultima settimana), della città di Tokyo in stato di emergenza fino al 22 agosto, dei 71 atleti positivi al virus, del dissenso del 77% della popolazione, della fuga dalla tv degli sponsor (Toyota in testa) che temono ritorni negativi, degli stadi vuoti, del divieto fatto agli atleti di uscire dalla ‘bolla’ in cui sono reclusi… alla faccia di tutte queste bazzecole, venerdì si comincia.
Il clima è surreale, ma di reale c’è la necessità di limitare i danni. Al Giappone queste Olimpiadi in ritardo di un anno (sempre causa Covid) costano circa 14 miliardi di dollari. Sette li garantiscono i settanta sponsor del Cio, poi? Pochi spot in tv e zero incassi al botteghino: non hanno tutti i torti i giapponesi che avrebbero voluto chiudere il cerchio della loro economia invece che sfoggiarne cinque al mondo intero. Ma la scelta è caduta sul male minore: meglio perdere sette miliardi che quattordici.
Città deserta, aeroporto blindato, test e contro test allo sbarco, taxi con una sola persona a bordo e, udite udite, nel Villaggio i letti più scomodi di sempre, per limitare il sesso tra atleti, quindi il dilagare dei contagi. Intanto la governatrice dello stato di Tokyo (Yunko Koike) si scusa con i suoi concittadini ‘per il disagio e i pericoli causati dalle Olimpiadi’, mentre Toshiro Muto, il capo dell’organizzazione, parla per dire che ‘se i casi di Covid aumenteranno, dovremo pensare bene al da farsi’.
Noi, davanti alla tv, possiamo ostentare un sereno distacco e tentare di goderci le imprese dei campioni. Non tutti. LeBron James, Federer, Berrettini, Serena Williams come tanti altri, chi per prudenza chi per infortunio, hanno gentilmente declinato l’invito. Ce ne faremo una ragione. C’è un caso, invece, di certo non destinato alle prime pagine, difficile da capire. Se la cerimonia di apertura è fissata per venerdì prossimo, perché mai le giocatrici di softball di Italia e Stati Uniti hanno già giocato? Per la cronaca hanno vinto le americane, ma per la logica questo anticipo, come direbbe Vasco Rossi, un senso non ce l’ha. In pratica: le Olimpiadi sono iniziate prima che qualcuno desse il via.
Ha senso, invece, sperare in un ricco bottino degli Azzurri, sull’onda della vittoria calcistica all’Europeo. Abbiamo portato a Tokyo 384 atleti ma venerdì ne vedremo sfilare soltanto 19. Il Tricolore passerà di mano in mano per nove volte. Quelle più attese sono di Paola Egonu, campionessa di volley, che rappresenta l’apertura del nostro Paese alle novità che inquietano moralisti e benpensanti: figlia di migranti, nera, cittadina italiana a tutti gli effetti e perfino disposta a parlare con naturalezza della sua fidanzata. Vale la pena di guardarla solo per pensare all’orticaria che tormenterà i nostri bacchettoni.
Comunque partiamo per piazzarci nella top ten. Da Rio, l’ultima volta, tornammo con 28 medaglie, mentre stavolta (la stima è per eccesso) possiamo salire fino a 41, grazie soprattutto al nuoto (Paltrinieri, Pellegrini e molti altri) e alla scherma, dove siamo affamati di rivincita. Da non perdere il ciclista Filippo Gama, il karateka Luigi Busà, il lottatore Frank Chanizo e ovviamente il Settebello della pallanuoto (peccato che non ci sia il Setterosa), così come la pallavolo di donne e uomini. Dura sarà per i nostri ‘baskettari’, tornati alle Olimpiadi dopo Atene 2004, che sono finiti in un girone di ferro.
Favoriti alla vittoria sono, al solito, gli Stati Uniti. Mistero Cina: dopo un anno e mezzo di pandemia non si sa nulla della condizione in cui versano gli atleti di Pechino. Invisibile la Russia: i suoi atleti partecipano senza bandiera, senza inno e senza nome, dopo l’enormità dello scandalo-doping che ha coinvolto atleti e governo.
C’è ancora il Team dei Rifugiati, che a Rio aprì la sfilata, mentre a Tokyo danno la precedenza agli ‘inventori’, quindi per primi mandano in pista i greci. Il bello delle Olimpiadi è che non vedremo soltanto i soliti noti: quest’anno ci sono, per citare alcune piccole novità sportive, anche i rappresentanti di Burkina Faso, Kosovo, Siria e Isole Fiji.
Quale musica accompagnerà la cerimonia di apertura al New National Stadium non è dato di sapere: la scaletta era nelle mani di Keigo Oyamada che, dicendosi pentito, ha ammesso il suo passato da bulletto di quartiere. Non l’avesse mai fatto. Rimosso all’istante dall’incarico. In Giappone, par di capire, non c’è particolare compassione per i pentiti. Poi qualcuno dice che tutto il mondo è paese…