Mbappé si è dovuto scusare, naturalmente via social, per aver sbagliato il rigore che alla Francia è costato l’eliminazione da questi Europei. Gli Azzurri, dopo aver giocato contro la Germania (Messico ’70) una delle più belle partite della storia del calcio (il famoso 4-3) persero poi in finale dal Brasile più forte di sempre, con annesso un certo Pelé, e al loro ritorno a Fiumicino vennero accolti con il lancio di uova marce.
Da allora sono trascorsi 50 anni, ma il calcio è sempre pronto a fare di una sconfitta uno psicodramma collettivo. I Galletti francesi sono finiti allo spiedo, i Panzer tedeschi li hanno seguiti a ruota. E, se l’Italia fosse come spesso le è successo, una delle favorite, queste giornate di attesa per la partitissima con il Belgio sarebbero un concentrato di tensione e vedremmo sì gli Azzurri inginocchiati, ma davanti ai loro santi protettori.
Stavolta no. Stavolta è tutto differente. Siamo arrivati sotto i riflettori dopo un lungo oblio, dopo due Mondiali da dimenticare e, poiché è noto che per risalire sia meglio toccare il fondo, l’ultima volta neppure ci siamo andati. Eliminati alle qualificazioni.
Lascia pure che non perdano da 31 partite e che, fin qui, abbiamo un ‘quattro su quattro’ che li ha ringalluzziti. Siamo in crescita, certo. Ci stiamo rimettendo in sesto, è visibile anche all’occhio del profano. Ma da troppo tempo non siamo una potenza calcistica né con la Nazionale e neppure con i club che non mettono in bacheca una Coppa dai tempi di Mourinho all’Inter, roba di undici anni fa.
Siamo considerati una mina vagante, a pari della Danimarca o della Repubblica Ceca e i nostri giocatori sorridono, non sentono il peso della responsabilità e sono tutti felici e contenti di essersi già levati dalle spalle quello delle figuracce. Gli era stato chiesto di fare bella figura, di ridare una forma accettabile al nostro pallone sgonfiato e un senso alle nostre serate davanti alla tv o al maxischermo montato in piazza. Tutto sommato, missione compiuta.
Certo, se venerdì dovessimo perdere con il Belgio, un po’ ci resteremmo male, ma nessuno dei ragazzi cresciuti con Mancini ha l’ansia da prestazione. Giocheremo a cuor leggero, con la testa sgombra da cattivi pensieri, da quello che potrebbe succedere se andasse male, se qualcuno sbagliasse un gol facile, com’è successo allo spagnolo Morata: ha ‘ciccato’ un tiro facile sotto porta e sui social sono arrivati insulti di ogni genere e perfino minacce di morte. Buon per lui che nella partita successiva (contro la Croazia) ha rimediato segnando un gol.
Nessuno di noi, invece, si meraviglia se l’Italia sbaglia. Si è ribaltato il mondo, anzi l’Europa: la novità sono le vittorie, l’allegria, la corsa e l’entusiasmo. Alle sconfitte abbiamo fatto il callo. Gli Azzurri lo sanno e moralmente, adesso, sono la squadra mentalmente più carica. Siamo nel calcio, quelli che l’Unione europea, a livello economico, indica come i ‘paesi frugali’.
Non temiamo nessuno perché comunque vada sarà un successo. Le fondamenta per costruire una bella casa azzurra Mancini e i suoi ragazzi le hanno gettate. Vincere non è un’abitudine, ma un’eccezione: nessuno si abbraccia tanto come noi, dopo un gol. Non c’è pressione, ma soltanto la gioia dello stupore. Siamo di nuovo in grado di dire la nostra, di lasciare la nostra piccola impronta sulla strada delle celebrità. L’orgoglio nazionale è comunque salvo.
Stabilito che siamo i più arzilli di tutti, come se nessuno di quei ragazzi avesse alle spalle un intero campionato, questa volta è dura a prescindere: il Belgio di Lukaku (campione d’Italia con l’Inter) è la squadra favorita dai bookmaker e non sprigiona la nostra stessa vitalità, ma è un’armata che avanza poderosa e che, fin qui, non ha potuto schierare Kevin De Bruyne, probabilmente il miglior centrocampista del mondo. Due fenomeni che, come Forrest Gump, hanno corso tanto e ora sono ‘un po’ stanchini’.
L’Italia, invece: non ha divi, ha tanti giocatori intercambiabili che corrono come nessun altro. Non è per caso che li abbiano ribattezzati ‘Frecce Tricolori’ o ‘Italia ad alta velocità’. Se non perdiamo il sorriso e questo spirito molto simile a quello dei ragazzi che giocano al campetto tra amici, è probabile che non perderemo neanche la prossima partita. I disastri degli anni passati ci hanno fatto bene: siamo ripartiti da zero e sul nostro pianeta non c’è traccia di inquinamento. Finalmente ce lo possiamo godere.