Tre gol alla Turchia e altri tre, stavolta, alla Svizzera. Si può sperare in questa Italia, si può credere che vinca l’Europeo che manca dal 1968. Di certo è facile innamorarsi di lei. Gioca un calcio efficace e divertente con il piglio degli umili. E’ elegante, è anche educata e, almeno fin qui, pure bella. La più bella del reame che si può incontrare girovagando tra Gibilterra e la Siberia. La prima tra le big ad aver già staccato il biglietto per gli ottavi di finale, dove iniziano gli scontri a eliminazione diretta.
Ha iniziato il suo cammino con un solo leader, che è il suo Ct, Roberto Mancini. Superstar, nessuna. Ma un indiziato speciale per il ruolo di Principe, capace di segnare gol al bacio, dopo questa vittoria lo abbiamo anche noi. E’ Manuel Locatelli, 26 anni, nato a Lecco, transitato per il Milan ed esploso nel Sassuolo, prima che in Nazionale. I due gol della certezza sono opera sua. Preziosa è stata la collaborazione del suo compagno di prodezze, che è Berardi.
Una coppia di fantasisti che, fuori dall’Italia, non ha avuto fin qui chissà quale appeal né tantomeno una multinazionale pronta a farne il loro testimonial. Vengono dal Sassuolo, provincia emiliana, tranquilla e, udite udite, senza uno stadio omologato per la serie A. E’ strano, ma vero e agli squadroni metropolitani non piace sottolinearlo. Ma tant’è. Storia di un regno senza mattoni, quella del Sassuolo che, dopo la promozione in serie A, decise di non rifare lo stadio, ma di usare quello che c’era già, moderno e funzionale, a Reggio Emilia, dove la squadra locale era (ed è ancora) in serie C. Al seguito, in ogni sua partita casalinga, il Sassuolo di Locatelli e Berardi conta due o tremila spettatori. Ed è forse questa costrizione al basso profilo, questo lavorare (bene) lontano dal clamore e dalle esasperazioni che rende facile la fioritura dei ragazzi.
Locatelli è diventato un buon giocatore di calcio nella sua Lecco, allenato dal padre. Lo ha notato il Milan e, dopo qualche partita nelle giovanili rossonere, fu l’allora presidente Berlusconi (eravamo nel 2015) e fermarlo davanti ai cancelli di Milanello: “Ragazzo – gli disse Silvio – se vai avanti così diventi il più grande regista italiano”. Pronostico quasi indovinato. Manuel sta diventando grande, ma nel ruolo di trequartista, laddove la fantasia sta al potere. L’erede, fin qui in incognita, di Baggio e Totti. Neanche il tempo di fare doppietta, ispirato dall’amico Berardi, e gli è arrivato un messaggio della Juve: “Ricordati di me”.
E’ l’unico grande club ad averlo contattato, prima dell’esplosione. Ora i bianconeri temono che dai campionati più ricchi (meglio: più indebitati) del nostro, arrivi una di quelle offerte che non si possono rifiutare.
Locatelli guadagna circa 750mila euro a stagione, un’inezia rispetto alle cifre percepite da molti Cittadini Qualsiasi del villaggio calcistico. Lo stesso Berardi, per dire del suo ‘gemello’, guadagna quattro volte tanto.
Qui, ora, non è una questione di soldi, ma di emozioni e, perché no, forse anche di sentimenti. Si sa che nulla ci fa sentire più italiani di una partita ben giocata dagli Azzurri. Adesso che ne hanno infilate due di fila, segnando sei gol, senza incassarne alcuno, siamo pronti alle adunate scaramantiche davanti alla tv, ai caroselli in auto e scooter e ai bagni nelle fontane.
Abbiamo dominato, come all’esordio, dall’inizio alla fine. Abbiamo visto per la seconda volta in pochi giorni i nostri avversari allargare le braccia, come a dire che contro ‘questi’ non c’è nulla da fare, se non dire che sono i grandi favoriti per la vittoria finale.
Stiamo ritrovando il prestigio perduto a suon di vittorie e colpi di classe. L’Italia è alla sua decima vittoria consecutiva e non perde da 29 partite. Se facesse il percorso netto da qui alla finale, andrebbe a un passo dal record della Spagna, che ha giocato per trentacinque volte consecutive senza perdere. C’è sempre il dubbio che tanta bellezza sia proporzionata alla forza dei nostri avversari, che non sono mai stati di prima classe. Ma la statistica dei 79 gol segnati e soltanto 7 subiti da quando Mancini guida gli Azzurri, diventa un biglietto da visita in grado di mettere molti dubbi anche a Francia, Belgio, Spagna e Germania.
A completare l’opera è stato il laziale Ciro Immobile, che ha segnato a due minuti dalla fine il gol in grado di farci pensare che il nostro centravanti più prolifico in serie A lo possa diventare anche in Nazionale.
Domenica prossima giochiamo con il Galles e ci basterà il pareggio per essere qualificati come primi. Poi inizieranno le sfide da brivido e ci auguriamo di provarne tanti, fino all’11 luglio.