So bene chi era Diego Armando Maradona, so bene che era un drogato, che si faceva fotografare seduto in mezzo ai boss, suoi amici, della famiglia camorristica Giuliano, di Forcella.
Maradona non era un santo. Si drogava, tradiva la moglie e trattava male le donne. Pure Caravaggio era un bevitore, un giocatore di carte e un assassino, Picasso maltrattava le donne, Rimbaud, Baudelaire e Mallarmé erano drogati, Billie Holiday e Charlie Parker erano eroinomani, anche i Beatles si drogavano ma nessuno mette in dubbio la loro arte.
È giusto anche dire che da sportivo super pagato, Maradona avrebbe dovuto tentare di rappresentare un modello da seguire per i ragazzini ma non ce l’ha fatta.
Come ha scritto Giovanni Nanì:
“Quando scendeva in campo però era Divino.
Non soltanto per le sue giocate tecniche che hanno fatto la storia di uno Sport.
Non soltanto perché veniva letteralmente gonfiato di botte dagli avversari, che al tempo beneficiavano di regole abbastanza elastiche.
Non soltanto perché ad ogni tipo di fallo duro non ha mai reagito brutalmente, ne ha mai fatto i teatrini a cui siamo abituati oggi con gente che si rotola e piange dopo una carezza di un avversario.
Non soltanto perché non hai mai mandato a quel paese il compagno più scarso per un errore.
Non soltanto perché per quanto forte singolarmente (rimane ad oggi l’unico ad aver vinto un Mondiale da solo) riusciva a trasmettere senso di squadra e appartenenza a tutti.
Non soltanto perché era Leader tecnico e carismatico.
Non soltanto perché dovunque lo mettivi, vinceva.
Ma perché, come ogni grande artista, ha ispirato, trascinato e coinvolto persone – e continua a farlo – rendendole felici, facendo in modo Divino quello che gli altri hanno fatto e continuano a fare in modo normale, talvolta in modo così rozzo da far sembrare lo stesso Sport due cose differenti”.
Ha scritto Antonio Moscatello:
“Vi chiedete perché Napoli si affezionò tanto a Maradona? Perché non è vero che fu un grande giocatore ma un uomo non all’altezza della sua fama. Fu invece un uomo splendido, tormentato e sofferente. Di una generosità disarmante, rimasto bambino in un mondo di adulti cinici e spesso corrotti”.
A questo proposito, è sufficiente ricordare la partita amichevole giocata nel 1985, ad Acerra (Caserta), per raccogliere fondi destinati alla cura di un bambino. Il calciatore Pietro Puzone ha conosciuto un tifoso del Napoli che ha un figlio gravemente malato a cui non è in grado di garantire le cure necessarie, e l’unica soluzione sembra essere una partita di beneficenza a cui però, il presidente del Napoli, l’imprenditore Corrado Ferlaino, si oppone per paura che qualche giocatore si possa fare male.

Pare che Diego abbia risposto: “Che si fottessero i Lloyd di Londra. Questa partita si deve giocare per quel bambino.” C’è anche chi dice che il premio dell’assicurazione per giocare la partita l’abbia pagato lui.
Pochi tempo dopo, il lunedì immediatamente successivo dopo ad una vittoria importante del Napoli contro il Torino, sotto un acquazzone ed un freddo tagliente, per accontentare Diego, la squadra si schiera in campo ad Acerra, in quello che sembra un campo di patate pieno di fango.
Il riscaldamento avviene nel parcheggio, in mezzo alle auto. Fanno la foto a inizio partita, i giocatori del Napoli e quelli dell’Acerra. Si sente Diego che, dopo lo scatto, dice ad alta voce: “Grazie!” Lui dice grazie a loro. E qualcuno, sorpreso, risponde: “No, grazie a te, Diego!”
Durante la partita, Diego Armando Maradona, corre, calcia e lotta per ogni pallone, non tirando mai indietro la gamba. Qualcuno si stupì che ci avesse messo tanto impegno e Diego gli rispose: “Tu non hai capito chi è Maradona, io gioco solo per vincere qualsiasi sia l’avversario”.
Per i tifosi, giunti da ogni dove, perché c’è il Napoli e Maradona, c’è posto soltanto per stare in piedi. Diego non si risparmia, corre, dribbla e segna mandando in visibilio gli spettatori e trasformando un fangoso campo di provincia nello Stadio San Paolo, nel Meazza, nel Santiago Bernabeu o nel Maracanà.
E così quel pomeriggio, proprio come un comune mortale, Dio era sceso a giocare nel fango di un campetto di provincia.

Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica francese ha scritto un tributo bellissimo in ricordo di Diego Armando Maradona che termina con le seguenti parole:
“Le Président de la République salue ce souverain incontesté du ballon rond que les Français ont tant aimé.
A tous ceux qui ont économisé leur argent de poche pour compléter enfin l’album Panini Mexico 1986 avec sa vignette, à tous ceux qui ont tenté de négocier avec leur compagne pour baptiser leur fils Diego, à ses compatriotes argentins, aux Napolitains qui ont dessiné des fresques dignes de Diego Rivera à son effigie, à tous les amoureux de football, le Président de la République adresse ses condoléances émues.
Diego se queda”.
“Il Presidente della Repubblica saluta questo sovrano indiscusso del pallone che i francesi hanno tanto amato.
A tutti coloro che hanno risparmiato le loro paghette per poter completare con la sua foto l’album delle figurine Panini della Coppa del Mondo in Messico 1986, o che hanno tentato di convincere le loro compagne a battezzare i loro figli col nome Diego, ai suoi compatrioti argentini, ai napoletani che hanno dipinto dei murales degni degli affreschi di Diego Rivera con la sua effige, a tutti gli innamorati del football, il Presidente della Repubblica rivolge le sue condoglianze profonde.
Diego resta con noi!”
Oggi, io non processo Maradona ma lo rimpiango!
Molto probabilmente Diego Armando Maradona è stato sempre profondamente insoddisfatto e infelice e in tutta la sua vita non ha mai trovato la pace con se stesso, ma ha donato una grande felicità a tanti milioni di persone in tutto il mondo!
“Vorrei che sulla mia lapide fosse scritto ‘Gracias a la pelota’”, disse Maradona, quindici anni fa, in un’intervista a se stesso nel corso di una puntata del programma ‘La Noche del 10’, che conduceva su ‘Canal Trece’, un’emittente argentina.
Diego si chiese ancora: “Cosa direi a Maradona al cimitero?” E rispose: “Grazie di aver giocato al calcio, perché è stato lo sport che mi ha dato maggiore allegria, è stato come toccare il cielo con un dito. E direi ‘grazie al pallone’. Sì, vorrei che sulla mia lapide fosse scritto ‘Gracias a la pelota'”.
HASTA SIEMPRE DIEGO!