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Dalla disfatta alla riscossa, per amare di più l’Italia anche senza gli Azzurri

A cento anni da Caporetto, un'altra disfatta "mondiale": ora gli italiani hanno la possibilità del riscatto

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Dalla disfatta alla riscossa, per amare di più l’Italia anche senza gli Azzurri

Luglio 1982: sull'aereo presidenziale che da Madrid riporta gli Azzurri in Italia, il Presidente Sandro Pertini gioca a scopone in coppia con il capitano Dino Zoff, contro l'allenatore Enzo Berzot e l'azzurro Franco Causio (Foto ANSA)

Time: 4 mins read

A cento anni dalla disfatta di Caporetto nella Prima Guerra Mondiale, che avrebbe potuto sgretolare la giovane Italia che nemmeno da mezzo secolo aveva raggiunto l’unità nazionale, ecco che gli italiani sono colpiti di nuovo da un senso di grande smarrimento nazionalistico, sebbene si tratti solo di “sport”: gli Azzurri, pareggiando a Milano con la Svezia 0-0 dopo aver perso l’andata per 1-0, non andranno a giocare i Mondiali di Russia del 2018.  Non accadeva da ben 60 anni, quando l’Italia non si qualificò ai Mondiali, ma pensa un po’, di Svezia del 1958.

Come già scrissi in queste colonne, la “malattia” dei mondiali si prende da piccoli. Il contagio deve arrivare nei primi dieci anni di vita altrimenti le partite le vedrai pure, ma tanto per stare in compagnia. Invece se la passione per “the beautiful game” ti colpisce in giovanissima età, non ti lascerà per tutta la vita. Il mio primo Mondiale di cui conservo viva memoria è quello del Mexico 1970, con lo stupendo 4-3 di Rivera visto a tarda notte sulle ginocchia di mio nonno e poi, dopo l’illusione di Boninsegna, le meraviglie di ET Pelé …

 

Ecco uno dietro l’altro tra bassi e alti, Germania ’74 col “vaff” in diretta tv di Giorgione Chinaglia a Ferruccio Valcareggi; il Mundial del ’78 in Argentina col Roberto Bettega cuor di leone che ci fa vincere contro i futuri campioni del Mondo ancora sotto dittatura…

Quindi l’apoteosi dell’82 in Spagna, con Pablito Rossi, Bell’Antonio Cabrini, l’urlatore Marco Tardelli e, il vecchio superman Dino Zoff che alza la coppa al cielo e poi “se la gioca” a scopone scientifico con il più grande Presidente d’Italia stellata di tutti i tempi: Sandro Pertini…

Quindi delusione per Mexico ’86, che però resta vivissimo nella mente con lo spettacolare Diego Armando Maradona Mano de Dios… La emozionante e sfortunata Italia ’90 vissuta non solo in tv ma direttamente allo stadio, e che nonostante i gol con gli occhi spiritati di chi ha visto la Santuzza Rosalia, del picciotto Totò Schillaci, non arriva alla finale.

1994: Roberto Baggio dopo aver sbagliato il rigore della finale di Pssadena contro il Brasile

Quando sono a New York mi godo la grande avventura degli USA’94 con tutti a decifrare gli schemi di Mr. Sacchi (altro che Ventura!), con treccino Roberto Baggio e  quella finale thriller di Pasadena. Conservo ancora una bottiglietta mai aperta di Coca Cola venduta nello stadio di quella finale con stampate sul vetro le bandiere di Italia e Brasile, cimelio che mi regalò il mio carissimo amico Ghenaim che dal Kuwait volò in California per assistere a quella partita: priceless!

Dopo le ambizioni esagerate degli Azzurri di Maldini di France ’98 e le bestemmie del Trap contro gli arbitri di Korea 2002, ecco di nuovo l’apoteosi per Deutschland 2006: vinciamo la coppa grazie alla testata del genio-ingenuo Zidane…

Infine la nostra vita attraverso il Mondiale, va verso la conclusione con un Sud Africa 201o da dimenticare così come il deludente Brazil 2014: dal 1970 tutto scolpito nella memoria, tutto come fosse un unico fotogramma, il Mondiale ormai tiene il ritmo della mia vita da italiano, prima in Italia e poi in America…

La testata di Zidane a Materazzi durante la finale Italia-Francia ai Mondiali di Germania 2006

Ora per la prima volta da quando respiro e cammino su questo mondo, per Russia 2018 non ci saranno le maglie azzurre da incitare mentre ti fanno volare le farfalle nello stomaco… Certo, può succedere e prima poi doveva accadere, eppure qualcosa mi dice che questa disfatta dell’Italia del calcio potrebbe rappresentare un segnale premonitore della riscossa. Già, come dopo Caporetto. Bisogna che gli italiani abbiano chiaro che chi aveva la responsabilità di portare gli Azzurri ai Mondiali, chi doveva scegliere il miglior Ct possibile per la squadra etc, non è stato solo sfortunato, ma incompetente e purtroppo la persona sbagliata al posto sbagliato.  Come Carlo Tavecchio, che già con quelle sue gaffe aveva dimostrato tutta la crisi di valori italiana e che ora dovrebbe non solo dimettersi, ma chiedere scusa. Un po’ come negli ultimi anni è sembrata l’Italia che si è affidata, per molti settori di responsabilità, invece che ai migliori, alle persone meno preparate al compito.

La disperazione degli Azzurri alla fine della partita di Milano pareggiata con la Svezia

Allora, si potrebbe accendere anche una scintilla di riscossa, quando dopo 60 anni agli italiani è stato rotto l’incantesimo che li teneva incollati alla TV per un mese in estate? È solo un malefico e doloroso sortilegio l’eliminazione, o ci scuoterà tutti per capire cosa é successo, e specchiarci tutti? Se questa umiliante eliminazione almeno scuotesse gli italiani nel pretendere, in tutti i campi e non solo in quello del calcio, le persone giuste e preparate per i posti di maggiore responsabilità, chissà che alla fine, anche un tristissimo lunedì di novembre a Milano, con Italia Svezia 0-0, che ci butta fuori dal Mondiale, non serva a migliorarci tutti per il futuro di questa nostra Italia, che possiamo e dobbiamo continuare ad amare e sentirla Azzurra anche quando non ci fa più sognare attorno ad un pallone.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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