Il 13 aprile 2017 ha segnato una svolta epocale per il calcio italiano: il Milan, una delle società più gloriose del panorama calcistico mondiale, quel giovedì santo pre-pasquale era stato acquistato dalla “Rossoneri Sport Investment Lux” dell’imprenditore cinese Yonghong Li.
Per alcuni un avvenimento di poco conto, se delimitato al solo contesto sportivo. Per molti altri, invece, considerando i sempre più massici investimenti stranieri in Italia, era un ulteriore segno di come il mondo stesse cambiando: dopo la Roma, l’Inter ed il Bologna ( solo per citarne alcune..), anche il Milan passava sotto il controllo di una proprietà straniera. Le cifre dell’accordo, ben 740 milioni di euro, d’altronde ponevano ben poche alternative alla Fininvest che, senza troppi rimpianti, ha ceduto la società rossonera. L’unico rappresentante della holding meneghina da sempre riluttante alla vendita del Milan è stato, almeno a parole, Silvio Berlusconi: parlando della sua squadra, infatti, l’ex patron l’aveva più volte definita ‘non è una semplice azienda, ma una questione di cuore’. Un passaggio di consegne che sembrava una telenovela infinita fra continui rinvii, problemi burocratici, bonifici e autorizzazioni mai arrivate: una via crucis per i tifosi rossoneri terminata proprio a tre giorni dalla Pasqua. Le ultime disastrose annate del Milan imponevano, allo stesso tempo, un deciso cambio di rotta che la vecchia dirigenza non poteva, o forse voleva, intraprendere: la vendita ha rappresentato perciò la naturale conseguenza del decadimento in atto.
La nuova società made in China riuscirà a risollevare il Milan dalla mediocrità vissuta negli ultimi anni? Si dimostrerà all’altezza di un compito arduo e intrigante? Parafrasando Lorenzo de’ Medici la risposta più sensata sarebbe “Chi vuol esser lieto, sia: di doman non v’è certezza”.
Il giornalista che in Italia ha seguito più di ogni altro questa tortuosa vicenda è stato Pasquale Campopiano. Campano ma romano d’adozione, opinionista Rai nella trasmissione ‘Zona11pm’ e su altre emittenti, fra le quali Sportitalia, Campopiano ha seguito il closing del Milan fin dal principio. L’ha scovato, osservato, prendendone ogni singola informazione e divenendo il punto di riferimento per decine di milioni di tifosi e media vari. Per approfondire meglio la vicenda e avere qualche chiarimento al riguardo, lo abbiamo intervistato.
Per quale motivo ti sei interessato a questa vicenda?
“È stata un’occasione capitata tra le mie mani quasi per caso. Ricordo che una sera, mentre giocavo alla PlayStation nel mio appartamento a Roma, mi giunge la notizia che il Milan stava per essere comprato dai cinesi. Il caso ha voluto che fosse il 14 aprile 2016, esattamente un anno prima dell’apparizione, in conferenza stampa a Casa Milan, della nuova proprietà cinese capeggiata da Yonghong Li. Posso dirti che le mie fonti erano interne alla trattativa e per questo motivo avevo informazioni privilegiate. Intorno a questa vicenda che raccontavo giorno dopo giorno, aumentava la curiosità di decine di milioni di tifosi, rossoneri e non, ma allo stesso tempo avvertivo molta invidia per quanto rivelavo. Una storia del genere, così intrigante, uno degli scoop più importanti degli ultimi 30 anni del calcio italiano, cambia radicalmente la vita di qualsiasi giornalista, compresa quella del sottoscritto”.
Considerando il grande scetticismo e le facili ironie che aleggiavano intorno a questo closing, ti sei mai preoccupato delle conseguenze se tutto fosse saltato?
“ La storia che stavo raccontando si era dimostrata molto complicata fin da subito e il tutto è stato confermato dai continui rinvii, slittamenti e problemi che si sono protratti fino allo scorso aprile. Conoscendo le fonti e vivendo giornalmente questa storia, nonostante le innumerevoli difficoltà, sapevo però che tutto si sarebbe risolto nel verso giusto. Era soltanto una questione di tempo. Da giornalista poi, accertandomi della veridicità delle fonti, ero sereno riguardo ciò che raccontavo. Avevo questi due scenari di fronte: se il Milan fosse stato venduto, sarebbe stato il coronamento di un lavoro giornalistico fatto anche per i tifosi che erano sempre in trepidazione per questo closing; in caso contrario, il mio onesto e obiettivo lavoro l’avevo comunque fatto, anche perchè raccontavo semplicemente i fatti che si susseguivano, di certo non ero io a vendere o comprare il Milan”.
Recentemente sei stato anche a New York, incontrando Sal Galatioto, protagonista di numerose trattative di società sportive americane…
“Ricordo bene quell’incontro. Dal 15 al 22 gennaio mi trovavo a New York e due giorni dopo il mio arrivo in città avevo un incontro con Galatioto al 19esimo piano dell’edificio che ospita il suo ufficio, sulla 49esima strada a Manhattan. Con Sal Galatioto ci eravamo sentiti spesso al telefono nei mesi precedenti e avevamo scambiato molte email. Ricordo che mi ha accolto nel suo ufficio molto cordialmente e da qui è nata la nostra amicizia. Per quasi due ore abbiamo parlato della sua lunga avventura in veste di advisor nella cessione del Milan: un personaggio davvero in gamba che mi ha rivelato molti particolari di questa vicenda. Particolari che però non posso rivelare poichè Galatioto è confidentialy bound e sta risolvendo alcuni aspetti contrattuali dopo la sua uscita nella vendita del Milan”.
A proposito di Galatioto: puoi chiarirci cosa è avvenuto quando è uscito di scena l’advisor americano ed è spuntato, all’improvviso, il nome di Yonghong Li?
“Da oltre due anni Yonghong Li aveva incaricato Sal Galatioto di seguire in prima persona la vendita del Milan: tutta la storia, quindi, inizia già nel 2015 quando la Banca Lazard, ovvero la banca di riferimento di Fininvest, fa sapere negli ambienti finanziari che l’AC Milan è in vendita. Notizia che ovviamente ha attirato l’interesse di molti imprenditori e investitori, tra i quali il famoso Mr. Bee e, appunto, Yonghong Li. Non esistevano, quindi, due cordate ma più semplicemente quella già esistente si è spaccata in due per visioni differenti. Galatioto, insieme a Nicholas Gancikoff, preferiva infatti che Sonny Wu e Steven Zheng, fondatori del fondo GSR ed ‘alleati’ di Li, diventassero i referenti principali dell’operazione. Venendo a conoscenza delle circostanze, Yonghong Li ha adoperato una scissione nella cordata e ha deciso di acquistare il Milan senza i vecchi partners”.
Nel nuovo CDA del Milan è presente anche Lu Bo, direttore generale del fondo a partecipazione statale ‘ Haixia’. Allo stesso tempo, la Cina ha posto severe restrizioni agli investimenti diretti all’estero. Come può, quindi, un fondo statale cinese far parte della società rossonera se il governo del suo Paese ha posto un freno alla fuga dei capitali all’estero?
“ Il Governo Cinese non ha bloccato tutti gli investimenti, ma sta cercando solo di contrastare quelli a rischio. L’istituto ‘SAFE’ che controlla tutti i movimenti economici e bancari cinesi all’estero ha posto dei rigidi paletti per le operazioni a debito e l’acquisto del Milan era una di queste, come altre in Europa. Per il suo prezzo fuori mercato, nessun imprenditore aveva le possibilità economiche di acquistare da solo una società valutata, in totale, quasi 1 miliardo di dollari. Per questo Yonghong Li ha effettuato una leveraged buyout, un’operazione dove l’imprenditore di turno si fa prestare dei soldi da diversi enti per acquistare il bene in questione (in questo caso l’AC Milan) e restituire, infine, il denaro che aveva ottenuto tramite un piano industriale. Piano industriale che permette al club di aumentare il fatturato e, quindi, ottenerne dei ricavi. La presenza di Lu Bo e’ attestata fin dall’inizio della vicenda quando queste restrizioni statali non c’erano. Bo, inoltre, è diventato il garante dell’operazione: ciò significa che, seppur sia stata classificata come operazione a rischio, lo Stato Cinese è presente ( seppur indirettamente) in questa operazione, sia per monitorare tutto da vicino, sia per questioni strategiche, considerando anche l’enorme appeal che ha il Milan in Cina”.
In caso Yonghong Li non riuscisse a restituire il prestito concesso dal fondo americano ‘Elliot’, quale sarebbe il futuro del Milan?
“ Se l’attuale presidente del Milan, nel giro di un anno e mezzo, non riuscisse a restituire gli oltre 300 milioni prestati da ‘Elliot’, quest’ultimo potrebbe prendersi in pegno le quote del club. In entrambi i casi, comunque, il destino del Milan è in ottime mani: in caso il piano industriale di Yonghong Li fallisse, infatti, ‘Elliot’, che è un colosso accertato a livello mondiale, prenderebbe il club e lo rinforzerebbe a livello economico per poi rivenderlo. Tutti i fondi di questo genere operano in questa maniera: dovesse ottenere il Milan, quindi, lo rinvenderebbe nella miglior condizione possibile, sotto il punto di vista sportivo ed economico, per ricavarne il massimo. Vedremo se Yonghong Li rappresenterà il reale futuro del Milan o si dimostrerà un semplice traghettatore, come successo con Thohir all’Inter, in attesa di nuovi proprietari più solidi economicamente. Per ora diamo tempo a questa nuova proprietà di sviluppare il loro piano industriale ma possiamo dire che il primo passo, la complicatissima vendita della società, è stato compiuto”.
In tutta questa vicenda, che ruolo riveste ‘Huarong’, una delle più importanti società finanziare pubbliche in Cina e con 118 miliardi di dollari di assets?
“Huarong, autentico colosso finanziario a livello mondiale, ha partecipato fin dall’inizio al finanziamento dell’acquisto del Milan. Vedremo cosa succederà quando la Cina allenterà le sue restrizioni economiche. Comunque Huarong ha mantenuto il suo impegno nell’interesse dell’acquisto del Milan attraverso società offshore con sedi nelle Isole Vergine ed Hong Kong. Ovviamente colossi come Huarong non hanno nessun interesse nel dichiararsi pubblicamente quando ci sono operazioni del genere. In questo momento, però, non possiamo dire se in futuro diventeranno o meno i nuovi proprietari del Milan, anche per via degli interessi di base di aziende come queste”.
Che fine ha fatto Sino-Europe Sport (SES), società di riferimento nell’acquisto del Milan che dopo lo scorso marzo sembra essersi dissolta nel nulla?
“In realtà SES è una scatola ancora viva ma che resta vuota poichè tutta l’operazione è stata ricostruita in Lussemburgo, sempre per via delle restrizioni economiche verso l’estero del Governo Cinese. SES era la base madre di molte altre scatole cinesi, collocate soprattutto ad Hong Kong e Lussemburgo e finalizzate all’acquisto del Milan. Oggi potremmo dire che è silente ma esiste ancora in vista di cosa si deciderà in Cina”.
Un’ultima considerazione riguardo il closing: se il Milan e il fondo ‘Elliot’ non possono temere nulla per il loro futuro, essendo vincolate tra loro dalla restituzione o meno del debito, l’unico che, alla fine, rischia seriamente di perdere tutto è Yonghonh Li.
“Se Yonghong Li ha fatto questo tipo di operazione, vuol dire che ha la certezza di rientrarci in senso economico. In caso contrario, sarebbe un’operazione folle, considerando che ha anche impiegato capitali personali. Credo che questo personaggio sia un broker che ha studiato pro e contro dell’operazione ed è sicuro di ottenere ciò che vuole. Il ‘gioco’ che ha intrapreso è rischioso ma, secondo me, in qualche modo realizzerà il suo progetto. Inoltre c’è l’obiettivo di quotare il Milan nella Borsa di Hong Kong, il che vorrebbe dire aver azzerato i debiti e ottenere ritorni importanti a livello economico. Questo è uno dei punti più importanti del progetto della nuova società”.
Come hai già detto, recentemente sei stato a New York: qual è stato il tuo primo impatto con la ‘Grande Mela’?
“ New York è una città semplicemente stupenda. Ho ammirato soprattutto Brooklyn e Manhattan, in particolare Harlem. Mi sono piaciuti allo stesso modo anche Central Park e l’High Line, il parco sopraelevato fra i grattacieli della metropoli. Ho visto diversi luoghi, ma sono anche un amante delle zone più nascoste, quelle meno turistiche. È stata la mia prima volta negli States e la ricorderò sempre come un’esperienza bellissima”.
Hai un ricordo o un anneddoto in particolare legato alla tua breve permanenza a New York?
“ Una cosa molto cool è stata perdermi fra le strade di Brooklyn, che è una vera e propria città nella città. Ricordo di aver buttato via la cartina per lasciarmi trasportare dall’emozione di vedere New York per la prima volta e ammiravo queste splendide vie di Brooklyn. È stato struggente andare a visitare Ground Zero, un pezzo di storia contemporanea che abbiamo vissuto tutti noi, anche se in maniera indiretta dall’Italia. Allo stesso tempo, la cosa più particolare è stata la cerimonia di insediamento di Donald Trump, che ho seguito in diretta tv: ho dovuto quasi fare il giornalista in vacanza poichè commentavo sui social networks le proteste sotto la Trump Tower e la grande marcia delle donne per le vie di New York. Ho vissuto quindi in prima persona un momento storico che segnava la fine del periodo Obama e l’inizio del governo Trump, vedremo cosa succederà. Spero comunque di ritornare presto a New York, perchè è una città che ti sorprende in ogni momento, dietro ogni angolo”.