Le italiane impegnate in Europa calano la cinquina e si qualificano per la fase successiva nelle competizioni extra territoriali. Ma non tutto avviene con onore. In Champions rimediamo due figuracce: inaspettata quella della Juve e clamorosa quella della Roma che è costretta a passare sotto le Forche Caudine dei fischi dei suoi tifosi. Meglio in Europa League con due vittorie. Una di larga misura del Napoli contro i polacchi del Legia ed una meno clamorosa della Viola ai danni dei portoghesi del Belenenses. Pareggio piacevole e meritato della Lazio contro i francesi del St Etienne.
Sevilla – Juventus 1:0
Il colpo d’occhio è di quelli che tolgono il fiato e non ti lasciano scampo. Il Ramon Sanchez di Siviglia sembra una Plaza de Toros in verticale. Una platea impressionante che racchiude un rettangolo verde perfettamente inserito nell’organica struttura dello stadio, una parentesi di cemento ed acciaio carismatica ed incomprensibile, simile alla Cattedrale del Barrio Viejo. I 55.000 presenti hanno fatto il resto. L’ingresso delle squadre è accompagnato da un coro che mette i brividi, una coreografia danzante in cui tutti i presenti intonano "l’Inno del Centenario" capace di gelare il sangue anche ai veterani di mille battaglie europee. Forse è stato così anche per i giocatori in casacca bianconera. La Juventus si giocava il primo posto con due risultati utili su tre. I ragazzi di Allegri hanno beccato il terzo risultato, quello più temuto ma anche quello meno prevedibile che li ha fatti scivolare al secondo posto del girone. Tradotto in soldoni significa abbandonare le speranze di beccare una squadra di seconda fascia nel sorteggio di Nyon il prossimo 14 dicembre. Ora tutto si capovolge, e alla Juve non resta che accettare passivamente il responso dell’urna perfettamente consapevoli di poter ottenere in sorte una pretendente al titolo finale che le pregiudicherebbe il cammino in Champions fino a qui faticosamente percorso.
Gli amici sono preziosi ma quando cambiano aria diventano letali. Questione di prestigio e di soldi. In estate Llorente si era accasato alla corte andalusa dopo la risoluzione del contratto da parte dei dirigenti bianconeri che consideravano il nove spagnolo ormai scollato dalla squadra e quindi troppo costoso per le ambizioni del club torinese.
Sulle rive del Guadalquivir lo spagnolo sembra in preda a depressioni croniche. In Champions non gioca nemmeno una gara intera. Ovviamente aspettava gli amici in tenuta zebrata per colpire con astuzia ed eleganza con il suo repertorio preferito: il colpo di testa. Fernandito si fionda su un pallone scodellato al centro dell’area su corner dalla destra lasciando di sasso il suo ex compagno di squadra Barzagli. Il difensore bianconero non fa in tempo nemmeno a battere ciglio che Llorente con il cabezon sale sul quarto piano e piazza in rete la palla del vantaggio e della vittoria per la sua squadra mentre i difensori stanno nell’atrio ad osservare. Non esulta lo spagnolo, ma due rivoli sulla maschera imperturbabile di condottiero gli rigano il volto per la gioia.
La Juve non è capace di attuare un gioco degno di questo nome, Dybala stampa la palla sulla traversa marchiando a fuoco la serata negativa sul legno della porta andalusa. La dieta se prolungata gioca brutti scherzi, Morata si divora due gol, uno clamoroso al primo tempo ed uno allo scadere che avrebbe siglato persino un dilettante. Sull'altro fronte, Buffon capitano inossidabile salva almeno tre volte il risultato. Ma il tempo scade assieme alle speranze, la Juve è seconda e spera nell’indulgenza della sorte che già lo scorso anno le fu clemente quando dall’urna uscì la squadra meno difficile da affrontare, il Borussia Dortmund. Allegri non riesce nell’impresa, peraltro abbordabile, di terminare il girone al primo posto, ed è la 6° volta che finisce secondo in Champions. Un anatema da sfatare. In campo tanta generosità ma poco costrutto. La classe non emerge del tutto e la qualità stenta ad imporsi. Pogbà è un regista senza idee e poca lucidità. Il suo numero dieci non brilla nella notte andalusa. I sogni si trasferiscono altrove e le speranze sono tutte focalizzate ad evitare il trio di alieni che incombe sulla testa di Allegri e soci, Bayern , Barcellona e Real Madrid. La Juve paga i suoi errori e sconta il dazio alla dogana di Nyon. Ma sperare, persino dopo una sconfitta, non costa nulla.
Roma – Bate Borisov 0-0
L’Olimpico di Roma si traveste da tendone a strisce all’aperto e manda in scena uno spettacolo circense di bassa lega. I pochi e sfortunati paganti hanno assistito forse alla peggiore esibizione di una gara di Champions negli ultimi dieci anni. I giallorossi escono dal campo qualificati ma sconfitti nell’anima. Il boato dei fischi che li accompagna negli spogliatoi è impressionante. Dopo 5 anni e con una sola vittoria nel girone gli uomini di Garcia passano agli ottavi e benedicono i risultati delle altre gare in programma. Il pareggio insolito del Barcellona contro il Leverkusen ha permesso ai capitolini di qualificarsi per differenza reti con soli sei punti all’attivo, il minimo storico per un passaggio del turno. Il non gioco dei giallorossi è ormai un caso da analizzare sotto una lente di ingrandimento, per capirci qualcosa dovremmo scrutare a fondo nelle pieghe dell’inconscio. E forse non ci capiremmo nulla lo stesso. Garcia sembra non avere più una cura per la sua squadra. Un medico pietoso commette sempre atti di scelleratezza nei confronti del paziente laddove sarebbe opportuno agire con più coraggio nelle scelte tecniche e tattiche, oggi quasi sempre sbagliate. Il primo tempo ha riservato meno emozioni di una partita tra scapoli ed ammogliati. Nel secondo tempo qualche fiammata si è vista. La Roma ha cercato senza gioco di mettere in difficoltà il Borisov, modesta compagine bielorussa priva di pretesa alcuna. Ma sono proprio loro ad infiammare, si fa per dire, la nottata dell’Olimpico con un paio di occasioni nel finale di gara ed altrettanti miracoli di Szeczeny che ha sventato la beffa in almeno due nitide occasioni create dagli attaccanti avversari. Poi il buio ed i fischi, copiosi, spettrali e assordanti. I giallorossi lasciano mesti ed a testa bassa il campo di gioco. Garcia è incredulo. Non riesce a capire come il suo lavoro possa trasformarsi in cenere appena i suoi giocatori entrano in campo. Salah al posto dello scalcinato Iturbe strapagato e sopravvalutato oltre misura, prova a fare qualcosa ma è troppo tardi. La Roma si qualifica per la fase finale della Champions ma deve fare i conti con le proprie angosce. James “Americano” Pallotta spara a zero sui tifosi definendo oltraggiosa ed immeritata la protesta. Poi fugge da una porta secondaria. Chissà, forse qualcuno lo avrà sentito…
L’”Altra” Europa
Tra due figuracce i terzi godono. Ieri le squadre italiane impegnate in Europa League hanno meritato tutte l’assoluzione con formula piena rispetto alle colleghe di Champions. Il Napoli travolge come previsto il Legia di Varsavia, temuto solo per le intemperanze dei suoi scalmanati tifosi. I partenopei passeggiano sul manto di Fuorigrotta. Chalobah apre le danze al 30’, seguito da Insigne dopo pochi minuti. Nella ripresa Callejon e una doppietta di Mertens fanno la manita al Legia che comunque sigla due reti di cui una praticamente a tempo scaduto quando il Napoli aveva già lasciato da tempo il campo di gioco.
La Lazio disastrosa in campionato cercava in Europa la sua pietra d’angolo per ricostruire una facciata che si stava ormai sgretolando sotto il peso di troppe sconfitte. La trova tra le regioni montuose della Loira, cesella un pareggio prezioso per il morale e scolpisce sul marmo un graffito importante per continuare il percorso in Europa. Il pareggio contro il St. Etienne è un autentico punto d’oro se si considera che la gara è stata molto bella, vibrante ed a tratti atleticamente notevole. La Lazio degli ultimi tempi non aveva di certo fatto notare queste doti , anzi subiva un'involuzione tattica ad ogni partita. Con questa semi inversione di tendenza i ragazzi di Pioli capovolgono le statistiche e ottimizzano il risultato anche in ottica campionato. Il gioco non è affatto mancato e questo è sicuramente un buon auspicio per l’allenatore laziale. Ora il graffito deve però essere completato ad arte senza altre battute d’arresto, al fine di non trasformare una frase celebrativa in un epitaffio.
La Viola ribadisce le sue ambizioni nostrane anche in Europa e conferma il suo stato di grazia vincendo contro i modesti portoghesi del Belenenses. Non brilla come in campionato però. Babacar coglie il palo al 27’ e Pepito Rossi è ormai l’ombra del ragazzo prodigio di due anni fa. Il Belenenses prova anche a far male e sbaglia una limpida occasione da rete ad inizio ripresa. Agli uomini di Paulo Sousa occorre più di un ora per mettere a segno la rete del vantaggio. Babacar intercetta un passaggio dal limite e spara verso la porta dell’estremo portoghese che vede sfilare la sfera all’angolino basso sulla destra senza poter intervenire. La gara finisce con qualche applauso e molti sbadigli, ma la missione è compiuta. Ora la prossima missione sarà quella di difendere il secondo posto e, perché no, attaccare il primo. La gara che l’aspetta in campionato è tra quelle da non perdere dal punto di vista storico e sociale. La Viola infatti sarà ospite della Juventus allo “Stadium”. Gli esami non finiscono mai.
Champions League:
Sevilla – Juventus 1-0
Roma – Bate Borisov 0-0
Europa League:
Napoli – Legia 5-2
Fiorentina – Belenenses 1-0
St Etienne – Lazio 1-1