Le stampanti in 3D utilizzate in ambito medico vanno a sopperire a due dei principali problemi legati ai trapianti: la difficoltà di reperimento di organi disponibili e compatibili e la grave questione del “rigetto”. Creando degli organi stampati in 3D, in un futuro prossimo potremmo dire addio ad estenuanti liste di attesa.
In più, trattandosi di organi “autologhi”, vale a dire realizzati con le stesse cellule del paziente, si elimineranno i rischi legati a rigetto. Il primo cuore stampato in 3D fu realizzato dall’università di Tel Aviv qualche anno fa, utilizzando tessuto umano. Si trattava di un cuore della dimensione di quello di un coniglio o di un piccolo roditore, completo di vasi sanguigni e di cellule in grado di contrarsi.
Fu realizzato utilizzando collagene e molecole biologiche. Prelevando del tessuto adiposo da un paziente e separando i tessuti cellulari da quelli acellulari, i ricercatori dell’Università di Tel Aviv avevano condotto una vera e propria riprogrammazione delle cellule del tessuto prelevato, rendendole cellule staminali pluripotenti. I materiali acellulari, invece, furono utilizzati come idrogel personalizzato, una sorta di “inchiostro” delle stampanti in 3D.
Questa metafora ci aiuta a capire il complesso funzionamento delle stampanti in 3D in ambito medico, che rappresentano il futuro della Bioingegneria e porteranno a compiere passi sempre più importanti per l’evoluzione della medicina e della sopravvivenza umana. I neonati con difetti cardiaci congeniti, per esempio, potranno ricevere tessuti stampati in 3D; il più grande vantaggio consisterà nel fatto che, essendo basato su cellule staminali pluripotenti, la parte impiantata potrebbe crescere col paziente evitando la necessità di futuri trapianti.

Tutto ciò rappresenta una speranza rispetto all’abbattimento del numero delle morti per patologie e malformazioni cardiache gravi in età neonatale. L’8 giugno scorso, gli scienziati del Wyss Institute dell’Università di Harvard, hanno pubblicato uno studio che indica un ulteriore importante progresso della biotecnologia: gli esperti sono infatti in grado di riprodurre il tessuto cardiaco umano con una stampante in 3D, utilizzando una nuova tecnica di modellazione.
Il gruppo di scienziati ha sviluppato un nuovo approccio che elimina l’idrogel usato in altre precedenti metodologie “come base di stampa” dei tessuti umani. La nuova tecnica utilizza 1.050 elementi costitutivi di organi contrattili. Questi blocchi sono riempiti con una combinazione di cellule pluripotenti umane, cellule giovani in grado di assumere diverse funzioni, da collagene e cellule specifiche per la formazione di tessuti connettivi. Il risultato di questa combinazione è la creazione di un tessuto denso, che si modella grazie a una stampante in 3D.
Già in passato, gli scienziati avevano tentato di stampare in 3D i cardiomiociti, ossia le cellule del muscolo cardiaco, facendole derivare da cellule staminali pluripotenti. Tuttavia, fino ad oggi, non si era riusciti a raggiungere una densità cellulare critica affinché queste cellule del muscolo cardiaco “imitassero” efficientemente il funzionamento di quelle umane.
Cuori ingegnerizzati e stampati in 3D utilizzeranno cellule dei pazienti stessi, permettendo “progettazioni personalizzate” a seconda delle specifiche patologie del paziente. Uno studio di immensa portata per la soluzione di malformazioni e patologie cardiache e, via via estensibile negli anni, a tutti gli altri organi.