Negli ultimi due anni le campagne di screening e le diagnosi precoci hanno subito una battuta d’arresto a causa della pandemia il che ha impattato negativamente sulla salute delle persone e, soprattutto, su quella degli ammalati cronici costretti a fare i conti con patologie preesistenti, come quelle oncologiche.
Danneggiando la prevenzione e la diagnosi precoce, la pandemia ha contribuito a complicare quadri clinici già compromessi e a depotenziare l’efficacia delle terapie e, quindi, la qualità e le aspettative di vita dei pazienti.
Per esempio, a causa dei contingentamenti, sul totale di casi trattati, sul tavolo operatorio sono arrivati meno pazienti con tumori di piccole dimensioni, rispetto a quelli con una malattia in stadio più avanzato il che ha determinato anche un peggioramento rispetto al trattamento dei tumori cosiddetti localizzati.
Questi i dati che arrivano dagli ospedali e dai medici di base che li hanno raccolti in questi mesi. Al momento ci troviamo di fronte ad una forte riduzione delle attività diagnostiche, una riduzione media del 50% fino a punte dell’80%, dovuta soprattutto alla indisponibilità di posti in terapia intensiva nel post-operatorio, occupati da malati covid.

Il cancro è una malattia “tempo – dipendente” in cui un ritardo diagnostico, un ritardo nell’intervento chirurgico, può significare la perdita della possibilità di guarigione. Potenziando la medicina territoriale per il Covid, sviluppando finalmente le cure precoci domiciliari, si possono curare i malati meno gravi ed in fase precoce lasciando liberi gli ospedali. La cura precoce domiciliare deve prevedere un approccio multidisciplinare tra medici del territorio e medici specialisti ospedalieri. Oltre queste soluzioni, si possono individuare luoghi per hub vaccinali in cui non vengano dirottati medici ospedalieri ma medici in pensione o medici militari. La comprensione del problema tempo per le malattie oncologiche potrebbe determinare un miglioramento dello sviluppo logistico e della pianificazione degli interventi con l’obiettivo di lasciare gli ospedali più liberi di occuparsi del malato oncologico, demandando il malato di covid che, in questa fase, può essere curato efficacemente, in sede extra ospedaliera, laddove non fragile. In questo modo di potrebbe incidere significativamente sulla possibilità di cure tempestive ed efficaci per i malati oncologici, abbattendo i ritardi di questi due ultimi anni.