La variante Delta del Covid, originata in India e diffusasi ormai in tutto il mondo, preoccupa gli USA e l’Unione Europea per la sua maggiore contagiosità e pericolosità, negli individui non vaccinati.
Secondo una nuova analisi la variante diventerà dominante negli USA entro alcune settimane, ed in un briefing tenuto martedì il dottor Fauci dell’NIH ha riportato che 20.6% dei nuovi casi Covid registrati oltreoceano sono dovuti alla variante Delta: “è al momento la maggiore minaccia negli USA al nostro tentativo di eliminare il Covid-19”, ha detto.
Anche in Europa e in Italia cresce l’allerta. Secondo il Centro Europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie entro la fine di agosto la variante Delta rappresenterà il 90% dei virus in circolazione nell’Unione. Per ora in Italia focolai di variante Delta si trovano in Lombardia, dove rappresenta il 3.25% dei casi, Friuli, Campania, Abruzzo, Sardegna e Lazio.

L’andamento sembra essere esponenziale: la proporzione dei contagi causati dalla variante raddoppia ogni due settimane oltreoceano, dando un ulteriore incentivo alle vaccinazioni. Infatti uno studio pubblicato da Cell ha confermato che i vaccini, in particolare Pfizer ed AstraZeneca sono molto efficaci anche contro la variante Delta. La scorsa settimana, una analisi della Public Health England aveva riscontrato lo stesso, sostenendo che Pfizer ed AstraZeneca proteggano oltre il 90% dall’ospedalizzazione anche rispetto alle nuove varianti.
Secondo il Centro europeo “la vaccinazione completa fornisce contro la variante Delta una protezione quasi equivalente” a quella che garantisce verso le altre versioni del Covid, e quindi ad aggravarsi è solo “la valutazione del rischio di infezione per le persone non vaccinate e parzialmente vaccinate”.
Nel frattempo, continua ad alimentarsi il fuoco del dubbio sull’origine del Covid e David Baltimore, virologo premio Nobel della Caltech ha rilasciato una intervista in cui esprime il suo punto di vista, piuttosto scettico rispetto alla narrazione ufficiale. Recentemente aveva dichiarato che, quando ha visto per la prima volta il sito di clivaggio della furina nella sequenza virale, che si pensa essere una dimostrazione della manipolazione artificiale del genoma del virus, “ho detto a mia moglie che era l’arma del delitto per l’origine del virus. Questa caratteristica mette in grande dubbio l’idea che il Covid abbia origine naturale”.

Oggi, però, ha rivisto le sue opinioni: “Penso che non possiamo dire con certezza che il Covid abbia origine naturale o se è stato in qualche modo geneticamente manipolato”. Il sito di clivaggio è una sequenza di 12 nucleotidi nel genoma del virus che non si trova in nessun altro coronavirus della famiglia beta, quella del Covid-19, e per questo in un primo momento Baltimore aveva dichiarato che si trattasse certamente di una modifica artificiale. “Altri virus hanno siti di clivaggio, altri coronavirus, anche se non della famiglia beta. Quindi questa sequenza di nucleotidi potrebbe essere venuta da un qualche altro virus. Nessuno ha identificato un virus che ha esattamente questa sequenza, ma potrebbe venire da un virus simile e poi essersi evoluta in quella che vediamo oggi. Sono più che disposto a credere che sia così, ma non penso sia il solo modo che quella sequenza possa essere comparsa. L’altro modo è se qualcuno ce la ha messa, e non si può distinguere tra le due cose guardando solo il genoma”.
La ricerca dell’origine della pandemia è di fondamentale importanza secondo il premio Nobel: “vogliamo sapere il percorso di generazione di nuovi virus altamente infettivi che potrebbero causare pandemie perché vogliamo proteggerci”, ha spiegato. “Se è accaduto in maniera naturale vuol dire che dobbiamo aumentare la sorveglianza dell’ambiente naturale (…) ma se il Covid-19 ha origine artificiale dobbiamo migliorare la sicurezza attorno ai laboratori. Non dico che sia stato volontariamente rilasciato, se è venuto da un laboratorio, ma dobbiamo capire che qualunque cosa un laboratorio fa potrebbe uscirne e creare problemi”.