Il giornale scientifico Science riporta che un ricercatore di Seattle, Jesse Bloom, frugando in Google Cloud, è riuscito a recuperare tredici sequenze genetiche dei primi casi di Covid-19 di Wuhan. Oltre 200 campioni delle prime copie del virus erano scomparse, infatti, un anno fa.
Il dottor Bloom, nel revisionare dati genetici pubblicati da diversi gruppi di tutto il mondo, si è imbattuto in uno studio di Marzo 2020 che includeva nel suo pool di dati 241 sequenze genetiche raccolte dalla Wuhan University e caricate sul database Sequence Read Archive, gestito dalla National Library of Medicine americana. Esplorando la piattaforma, però, quelle primissime sequenze genetiche non sono più disponibili, ed il file risulta cancellato. Tramite il Sequence Read Archive Bloom ha capito che molte sequenze erano state inserite come file di Google Cloud, tutti chiamati con nomi simili, e ne è riuscito a recuperare appunto tredici.
Renate Myles, portavoce dell’National Institutes of Health ha dichiarato alla stampa che “queste sequenze di SARS-CoV-2 sono state sottomesse per essere pubblicate sul Sequence Read Archive a marzo 2020 e ne è stato richiesto il ritiro a giugno 2020”. Nella richiesta di ritiro è stato specificato che le sequenze sarebbero state aggiornate e pubblicate su un diverso database, ma il dottor Bloom sostiene di aver setacciato ogni piattaforma che conosce, e di non averle trovate da nessuna parte.

L’analisi di questi 13 campioni recuperati pubblicata su Biorxiv, che non è un giornale scientifico bensì un server di articoli scientifici non ancora peer reviewed, suggerisce la possibilità che una versione del Covid stesse circolando nell’area di Wuhan già prima dello scoppio ufficiale della pandemia, a dicembre 2019. Occorre sottolineare che queste evidente non rafforzano né indeboliscono la tesi del leak dal laboratorio di Wuhan: “i tentativi di trovare il progenitore (la specie animale da cui il Covid sarebbe partito, ndr) sono stati confusi da un fatto bizzarro: le prime sequenze riportate da Wuhan non sono le sequenze più simili al virus dei pipistrelli parente del SARS-CoV-2. Questo fatto è strano perché, sebbene l’origine prossimale del Covid rimanga incerta – zoonosi vs incidente di laboratorio – tutte le spiegazioni ragionevoli concordano che fondamentalmente il genoma del SARS-CoV-2 derivi da coronavirus dei pipistrelli. Ci si aspetterebbe perciò che le prime sequenze riportate siano le più simili a questi coronavirus dei pipistrelli, ma non è così”.
Infatti, le prime sequenze rese pubbliche dalle autorità cinesi del virus che avrebbe contagiato gli avventori del mercato caldo di Wuhan presentano diverse mutazioni rispetto al virus del pipistrello da cui si pensa che l’epidemia sia originata. Per giunta, mutazioni che campioni raccolti settimane più tardi non hanno: vale a dire che i campioni di virus raccolti dopo sono più simili al virus che si pensa essere l’originale. Questo è difficile da spiegare, a rigor di logica, cosa che ha fatto pensare che dovessero esistere altri campioni di primi esemplari di Covid-19, di persone infettate anche al di fuori del mercato coperto inizialmente individuato come l’epicentro del disastro, più simili al virus del pipistrello. Potrebbero essere i campioni cancellati e ora recuperati da Bloom.
L’autore dello studio, definisce la cancellazione di queste prime sequenze sospetta: “sembra plausibile che le sequenze siano state cancellate per nasconderne l’esistenza”. Occorre notare che Bloom appartiene ad un gruppo di scienziati molto scettici sulla posizione ufficiale del governo cinese, che hanno richiesto ripetutamente che maggiori ricerche fossero fatte sulle origini della pandemia.
Secondo il ricercatore le evidenze da lui recuperate dimostrano che, prima che il virus raggiungesse il mercato caldo di Wuhan, esso stava circolando già da tempo nella zona e che vi sia stata la volontà di cancellarne le prove. Ulteriori prove genetiche sono tuttavia necessarie per corroborare questa tesi.
Alcuni scienziati sono dubbiosi su quanto sostenuto da Bloom. Secondo Stephen Goldstein, virologo della University of Utah, non c’è nulla di nuovo in questo studio: anziché sotto forma di sequenze, la descrizione di tutte le individuali mutazioni di queste prime sequenze cancellate è sempre stata pubblica nell’ultimo anno. Si tratterebbe dunque di informazioni già disponibili, e soprattutto mai realmente nascoste o cancellate.