Come ogni anno, l’8 Giugno si celebra la Giornata Mondiale degli Oceani. Tema del 2021: “The Ocean: Life and Livelihoods”, un tema che vuole essere una dichiarazione di intenzioni e una sfida per il raggiungimento entro il 2030 dell’Obiettivo dello Sviluppo Sostenibile 14, “Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine”.
Gli oceani coprono oltre il 70% della superficie del nostro pianeta. Sono fondamentali non solo come fonte di cibo, per il sostentamento dell’umanità (e di ogni altro organismo sulla terra), ma anche per il ruolo essenziale che svolgono sull’ecosistema terrestre: basti pensare all’importanza delle correnti oceaniche nelle variazioni del clima e delle temperature globali. Non basta. Gli Oceano producono circa il 50% dell’ossigeno del pianeta e sono un fattore chiave per l’economia.

Come è emerso qualche mese fa, in occasione della giornata mondiale della Terra, gli oceani sono in serio pericolo. L’inquinamento globale ha causato e continua a produrre enormi danni ad un ecosistema che, pur vasto, appare delicato. Il 90% delle risorse ittiche si sono impoverite e gli effetti di politiche umane scellerate continuano a causare danni. Come la decisione di riversare nell’Oceano Pacifico le acque usate per raffreddare i reattori di Fukushima ancora attivi. Acque calde che modificano l’ecosistema anche per gli elevati livelli di radioattività.

O ai danni prodotti dalle aziende del petrolio che, incuranti dei disastri prodotti, si ostinano a trivellare ecosistemi delicati come il Mar Mediterraneo: la Croazia ha potenziato i propri programmi di sfruttamento dell’Adriatico (anche il Montenegro ha avviato prospezioni geologiche nel mar Adriatico). Sempre sul Mar Mediterraneo, la Libia (grazie a Gazprom) pare voler aumentare ricerca e estrazione di petrolio nelle aree di competenza. Dall’altra parte dell’Europa, nel Mare del Nord solo pochi giorni fa, la Norvegia ha annunciato di voler riprendere le ricerche per nuovi giacimenti. Che fine ha fatto il New Green Deal tanto voluto dalla Presidente della Commissione Europea e sventolato con la visita della piccola Greta Thunberg al Parlamento Europeo lo scorso anno, a pandemia già iniziata?

Dall’altro lato del pianeta anche le promesse di Biden sembrano destinate a non essere mantenute: pare sia stato dato il via libera al progetto Willow di Conoco Phillips per l’estrazione di 100mila barili di petrolio al giorno dal giacimento che si trova nella cosiddetta Natural Petroleum Reserve, riserva a pochi passi dall’Arctic National Wildlife Refuge, un’area preziosissima per la biodiversità e l’ecosistema della regione (già Trump aveva provato a dar via libera alle trivelle, ma Biden aveva messo il bando sulle nuove trivellazioni sui terreni federali. Poi, in silenzio, una volta dimostrato di avere a cuore l’ambiente, sembra aver cambiato idea: un documento del dipartimento di Giustizia definisce il progetto per le estrazioni nella parte più settentrionale dell’Alaska “ragionevole e coerente” con la legge).

Anche alcuni paesi africani stanno facendo lo stesso: a dare la notizia è stata la stessa compagnia petrolifera statale, Nigerian National Petroleum Corp, che ha rinnovato per altri 20 anni, l’Oil Mining Lease 118 con le filiali locali di Shell, Total, Exxon ed Eni (Shell Nigeria Exploration and Production Company, Total Exploration and Production Nigeria Limited, Esso Exploration and Production Nigeria Limited e Nigerian Agip Exploration).
Una realtà che il Segretario Generale delle Nazioni Unite conosce bene. Nel suo video messaggio in vista della Giornata Mondiale degli Oceani 2021, António Guterres è apparso quanto mai preoccupato. Ha parlato di “crisi climatica”, di “continuo assalto dell’umanità agli oceani, ai mari e alle risorse marine”. Del fatto che gli Oceani “stanno soffocando con rifiuti di plastica, che possono essere trovati dagli atolli più remoti alle trincee oceaniche più profonde” e che “la pesca eccessiva sta causando una perdita annua di quasi 90 miliardi di dollari in benefici netti, il che aumenta anche la vulnerabilità delle donne, che sono vitali per la sopravvivenza delle piccole imprese di pesca”. E poi del fatto che le “emissioni di carbonio stanno guidando il riscaldamento e l’acidificazione degli oceani, distruggendo la biodiversità e causando un innalzamento del livello del mare che minaccia le coste fortemente abitate”.

Problemi che difficilmente potranno essere risolti con la carrellata interminabile di eventi organizzati dalle Nazioni Unite in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani. A cominciare dal grande evento mediatico che, secondo gli organizzatori, vedrà coinvolti oltre 45 relatori, tra i quali esperti, fotografi, educatori e giornalisti (ma purtroppo nessun rappresentante di compagnie petrolifere né del governo giapponese) con un pubblico di oltre 350mila partecipanti collegato in streaming e di oltre 60milioni di persone raggiunte tramite i social media. Un evento (come ormai frequente) preceduto e seguito da altri eventi sempre su temi attinenti gli oceani. Home – Giornata mondiale degli oceani delle Nazioni Unite (unworldoceansday.org)

Una mole di lavoro eccezionale che potrebbe non servire a molto: senza il coinvolgimento delle grandi aziende del petrolio, senza l’interesse delle multinazionali che trasportano via mare quantità bibliche di prodotti, materie prime e semilavorati, senza la collaborazione di paesi (sia sviluppati che in via di sviluppo) che, incuranti dei danni che causano, continuano a riversare negli oceani enormi quantità di prodotti inquinanti tutti questi studi, incontri, promesse, belle parole e reportage ammalianti non basteranno a salvare gli oceani.