Anche il vaccino Johnson&Johnson entra nella stessa bufera del suo predecessore AstraZeneca. Martedì la FDA ha richiesto che sia immediatamente fermata la sua distribuzione a seguito di 6 casi di tromboembolia presentati da giovani donne, tra 18 e 48 anni, meno di due settimane dopo l’inoculazione. Lo stato di New York ha velocemente seguito le indicazioni e fermato temporaneamente la vaccinazione con il farmaco.
Circa 7 milioni di dosi del vaccino J&J, che è monodose, sono state somministrate per ora negli USA, dunque si tratta di poco meno di un caso ogni milione di individui, una percentuale un po’ più bassa di quella dei casi simili riportati dopo la somministrazione di AstraZeneca. I due vaccini, in effetti, condividono una tecnologia simile, cioè impiegano l’uso di un adenovirus animale come vettore per “portare” nel corpo umano le informazioni per creare anticorpi contro il Coronavirus.
L’annuncio della FDA su Twitter riporta che “oggi la FDA e il CDC hanno rilasciato una dichiarazione riguardo al vaccino J&J. Raccomandiamo che sia temporaneamente stoppato l’uso del vaccino per una abbondanza di precauzione”. Negli USA le trombosi non sono certo rare, con tra 300mila e 600mila casi all’anno, tuttavia nella fascia interessata, quella delle giovani donne, non è una condizione così comune, perciò fare controlli più severi è una assoluta necessità secondo le autorità.
A questo punto, come è accaduto in Europa per AstraZeneca, gli scienziati di CDC ed FDA esamineranno i dati e concluderanno se c’è un reale nesso causale tra il farmaco e le tromboembolie riscontrate, e conseguentemente stabiliranno se l’autorizzazione all’uso del farmaco negli adulti debba essere revocata o, eventualmente, limitata a fasce particolari.
Naturalmente si tratta di una cattiva notizia per i cittadini statunitensi, soprattutto in un momento di preoccupazione dato l’aumentare dei casi, in particolare in zone critiche come il Michigan. Tuttavia, la stragrande maggioranza delle dosi che gli USA riceveranno nell’immediato futuro proverranno da Pfizer e Moderna, per un totale di oltre 23 milioni di dosi a settimana, dunque si prevede che il rallentamento causato alla campagna vaccinale dallo stop del vaccino Johnson possa essere contenuto.
Certamente, però, sarebbe una difficoltà nel lungo termine, nella prospettiva di dover probabilmente effettuare richiami delle vaccinazioni. Il farmaco J&J, essendo monodose e conservabile a temperature più alte sarebbe il perfetto candidato per una somministrazione capillare presso i medici curanti. Inoltre, i primi dati sembrano indicare una ridotta ma pur sempre buona efficacia di J&J contro le varianti più pericolose del Covid, una caratteristica da non sottovalutare, soprattutto alla luce delle preoccupazioni sollevate da studi che confermano una ridotta efficacia di vaccini come Pfizer contro la variante sudafricana.