Il timo è una piccola ghiandola che svolge un’importante funzione sia nel sistema immunitario che nel sistema endocrino. Anatomicamente si colloca nella parte alta del torace chiamata mediastino anteriore, tra i due polmoni, posteriormente allo sterno, in cui è a stretto contatto ed anteriormente al cuore. È chiamato “timo” per la sua forma piramidale simile a quella di una foglia di timo, suddivisa in lobuli.
La ghiandola del timo è già grande nei neonati, ma dopo l’infanzia cresce ulteriormente e raggiunge la sua dimensione massima nella pubertà dove arriva a pesare tra i 30 e i 40 grammi. Durante l’infanzia, le cellule T immature (chiamate cellule progenitrici) che hanno origine nel midollo osseo, viaggiano attraverso il flusso sanguigno fino alla ghiandola del timo dove imparano a riconoscere gli antigeni associati a cellule estranee, specializzandosi in cellule T citotossiche (responsabili dell’uccisione diretta delle cellule infette), Cellule T helper (responsabili sia della produzione di anticorpi da parte dei linfociti B che dell’attivazione di altri tipi di linfociti T per affrontare un’invasione straniera), e le cellule T regolatorie (che sopprimono sia le cellule B che le altre cellule T).
I linfociti derivati dal timo, o cellule T appunto, svolgono un ruolo centrale nell’immunità cellulo-mediata, il che significa che le cellule stesse sono attive nel combattere invasori estranei come batteri, virus, cellule tumorali e altro. Dopo la pubertà, la ghiandola perde gran parte della sua funzione fisiologica e va incontro a quella che viene definita come “involuzione timica”. Nei giovani adulti, infatti, e negli adulti, la ghiandola, si rimpicciolisce venendo ampiamente sostituita da tessuto adiposo. L’involuzione fisiologica del timo non compromette l’efficienza dell’immunità cellulo-mediata in quanto, i linfociti prodotti durante la pubertà, sono in numero tale da essere sufficienti anche per gli anni futuri della vita adulta.
Negli ultimi anni è stato dimostrato che l’invecchiamento non è semplicemente un processo di declino naturale, ma piuttosto un processo attivo. Infatti, l’involuzione della ghiandola del timo fa parte di un sistema di invecchiamento programmato, che inizia intorno ai 60 anni. A tale proposito, diversi ricercatori hanno esaminato metodi per ritardare l’atrofia del timo con la speranza di rallentare il processo di invecchiamento. I primi studi suggeriscono che la restrizione calorica possa infatti rallentare l’atrofia, ma la ricerca è ancora agli inizi.

Il timo può essere colpito da diverse malattie e disturbi, che vanno dai disordini genetici (per esempio una delezione del cromosoma 22), che sono evidenti alla nascita, ai tumori (timomi) che sono più comuni nell’età adulta e negli anziani. Questi disturbi possono portare a problemi sia di immunità che di autoimmunità, come la miastenia gravis e l’ipogammaglobulinemia. I timomi possono raramente anche causare una condizione denominata autoimmunità multiorgano. Questa condizione causa una forma di rigetto paragonabile a quella che si verifica in alcune persone che hanno subito trapianti di organi. In questo caso, il tumore del timo produce cellule T che attaccano il corpo di una persona.
In presenza di determinate patologie sussiste la necessità di rimuovere il Timo con un intervento detto di timectomia. La chirurgia per rimuovere la ghiandola del timo può essere eseguita per diversi motivi, primo fra tutti l’asportazione dei tumori del timo. Un’altra indicazione alla rimozione del timo è nell’ambito del trattamento della Miastenia Gravis non associata a tumore timico. In almeno una parte dei pazienti affetti da questa patologia, infatti il timo sembra avere un ruolo sia nello sviluppo che nella persistenza di questa malattia che si caratterizza a un affaticamento e debolezza patologica di alcuni muscoli del corpo umano. In passato l’intervento veniva eseguito con una tecnica molto invasiva che prevedeva il taglio verticale dello sterno con diversi giorni di ricovero ed un lento recupero dopo l’intervento. Da alcuni anni, in particolare per la timectomia per Miastenia Gravis o per l’asportazione di piccoli timomi, la chirurgia robotica mini-invasiva ha cambiato radicalmente la storia di questi pazienti. Uno studio pubblicato quest’anno nel Journal of Robotic Surgery dal Professor Luca Luzzi dell’Università di Siena ha dimostrato come la chirurgia robotica abbia ridotto in modo significativo sia il dolore postoperatorio che i giorni di degenza e, quindi, il recupero dei pazienti alla vita normale, rispetto all’intervento tradizionale. Nel centro di Chirurgia Toracica dell’Università di Siena la degenza postoperatoria di questi pazienti è stata di appena due giorni.
L’asportazione del timo nei pazienti giovani in età puberale determina una forma di immuno-soppressione primaria che aumenta in modo considerevole il rischio di infezioni e per questo l’indicazione deve essere molto ponderata. Gli effetti della timectomia sul sistema immunitario nei giovani adulti e adulti sono invece molto più contenuti per la presenza di una maggiore riserva di linfociti T già maturati e presenti negli organi linfoidi secondari.