Fino a una manciata di anni fa, l’arrivo in America, per uno scienziato italiano, rappresentava, nonostante la nostra illustre storia medica e scientifica, un traguardo difficilmente raggiungibile e ricco di ostacoli. Così, con l’intenzione di agevolare questo percorso e di esporre giovani ricercatori italiani all’ambiente più influente sul panorama internazionale della medicina, Umberto Veronesi, celebre chirurgo e pioniere della ricerca sul trattamento del cancro al seno, stabilì, nel 1980 l’AICF, l’American Italian Cancer Foundation. Grazie al supporto finanziario di Alessandro di Montezemolo, questa brillante iniziativa aveva l’obiettivo di arricchire e rafforzare la collaborazione internazionale tra l’Italia e gli Stati Uniti nella lotta contro il cancro.
Trentasette anni dopo, l’AICF, come ogni anno, premia due ricercatori che, più di chiunque altro, hanno portato alla luce della conoscenza mondiale novità fondamentali riguardanti la biologia, prevenzione, diagnosi o trattamento del cancro. Dopo il gala della serata precedente, che vede l’illustre Letizia Moratti, chairman of the management board UBI e presidentessa della fondazione E4Impact, premiata con il Montezemolo Lifetime Achievement Award, l’8 novembre 2018, all’interno della rinomata Weill Cornell University, si è tenuta la prestigiosa premiazione, accompagnata dai consueti, brillanti discorsi dei vincitori.
Apre le danze il professor Alberto Mantovani, primo premiato per l’eccellenza scientifica in medicina, docente all’Humanitas University e direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas. La sua ricerca, fondamentale per lo sviluppo della lotta contro il cancro, si focalizza principalmente sul ruolo dei macrofagi associati ai tumori. I macrofagi, originando dai globuli bianchi, svolgono generalmente la funzione d’ingolfare i detriti cellulari negli eventuali siti d’infezione. In parole povere, sono delle cellule fondamentali per il nostro sistema immunitario, specificamente nel campo infiammatorio, che agiscono come una specie di aspirapolvere digestiva per i detriti cellulari nocivi. Il corpo di ricerca del professor Mantovani si focalizza, principalmente, sulla relazione tra l’infiammazione e il cancro. Tra le sue scoperte più rinomate, è fondamentale quella che mostra lo sviluppo del cancro come risultato diretto della creazione di un microambiente infiammatorio da parte di macrofagi, che, a differenza di quelli “standard”, si associano a tumori (tumor-associated macrophages, o TAMs). Ciò che porta, forse, il maggior peso concettuale per il futuro della medicina è la dimostrazione sperimentale che prendere di mira proprio questi TAMs, questi macrofagi associati a cellule cancerogene, riscuote, effettivamente, dei notevoli benefici terapeutici per la prevenzione e il trattamento di fenomeni cancerogeni.
La seconda presentazione, tenuta dall’altra premiata, Nancy E. Davidson, sembra, con molta naturalezza, espandere proprio i concetti proposti dal professor Mantovani. Nancy Davidson, senior vice president e direttrice della divisione di ricerca clinica dell’Hutchinson Cancer Research Center, è una delle ricercatrici più riconosciute nel suo campo di ricerca che si basa principalmente sulle diverse sfaccettature del cancro al seno. Il suo discorso, in memoria del fondatore Umberto Veronesi, illustra la relazione tra i cambiamenti ormonali nelle donne e lo sviluppo di queste forme di cancro al seno. La sua ricerca terapeutica si basa, alla larga, su pratiche orientate sull’uso della terapia endocrina, ottimizzata in maniera diversa per le donne in pre- e post-menopausa. La sua ricerca, che tra l’altro è stata fondamentale per capire la necessità di cambiare la terapia endocrina in base alla condizione ormonale del soggetto, sta ora passando dagli stadi teorici agli esperimenti clinici. L’approccio epigenetico della Davidson, dunque, porta con sé, oltre ad importanti sviluppi scientifici, anche una controparte societaria orientata a promuovere l’importanza e il valore della ricerca sul cancro. La Davidson, infatti, promuove il lavoro di squadra, fondamentale nell’approcciare la delicatissima questione medica, appoggiandosi al concetto del “Team Science”, che esplora più a fondo nel video qui sotto.
Il simposio, dunque, ci mostra le straordinarie risonanze che uniscono, nonostante l’enormità dell’oceano Atlantico, la ricerca italiana a quella oltreoceano. Ci dimostra, come fece anni fa Umberto Veronesi, l’importanza dello scambio d’idee, e l’enorme influenza degli sviluppi che ne possono affiorare. Un’altra volta, dunque, la memoria del padre fondatore echeggia per l’AICF, che, con un successo eclatante, continua a rappresentare l’eccellenza italiana nell’ambito della ricerca, e che, stando a quanto testimoniato dai due illustri premiati, non ha intenzione di rallentare.