Botta e risposta a distanza tra il quasi ex Ministro dell’ambiente Gianluca Galletti e il Commissario europeo all’ambiente, il maltese Karmenu Vella, sulle condizioni dell’aria.
Tutto è iniziato alcuni giorni fa con l’ultimatum lanciato dal Commissario europeo: “Non possiamo continuare a rinviare, non ci sono nuove scadenze. Se i Paesi hanno nuove misure da metter sul tavolo devono farlo al più tardi entro lunedì”. E ha convocato i ministri dell’Ambiente di nove Paesi.
Quella della qualità dell’aria è una diatriba che va avanti da molti anni. Numerosi gli sforamenti soprattutto nelle metropoli più popolose: in molte città europee, le centraline che servono per misurare le emissioni nell’aria hanno sforato i limiti consentiti per oltre 31 giorni (un livello già fin troppo concessivo). Lo scorso anno, però, un report della Commissione aveva evidenziato numerose criticità che avevano costretto la Commissione europea a chiedere interventi drastici per ridurre le emissioni.
A distanza di un anno da quell’ultimatum Vella ha avvertito: “La sola cosa che tratterrà la Commissione da andare in Corte Ue [e avviare le procedure di infrazione, n.d.r.] è che quanto i Paesi mettono sul tavolo permetta di raggiungere i target senza ritardi. Le scadenze sono passate da tempo, e non possiamo permetterci altri rinvii”. Un avvertimento rivolto a Italia, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna. Repubblica Ceca, Ungheria, Romania e Slovacchia (tutti Paesi in cui sarebbero maggiori i superamenti dei limiti stabiliti per l’inquinamento atmosferico).
Immediata la risposta del Ministro Galletti che ha ribadito all’Ansa: “Per adesso non abbiamo alcun deferimento, anche se nel nostro Paese molti lo speravano. Ora dipenderà da come la Commissione valuterà il materiale, ma per l’Italia è una continuazione del dialogo che fino a oggi ha evitato il deferimento, con il lavoro fatto che ha dato risultati nel miglioramento della qualità dell’aria, con sforamenti ridotti dal 2000 a più del 70%”. Secondo Galletti i tempi imposti dal Commissario europeo per produrre la documentazione sarebbero stati troppo stretti (ma di molti problemi sono anni che se ne parla), “ma è una cosa che abbiamo già fatto”. Galletti ha aggiunto che il problema riguarda molti Paesi (non solo i nove citati da Vella, ma ben 19 su 28 in Europa).
Immediata la replica del commissario Vella: “La Commissione ha costantemente affermato la sua volontà di agire in grande sui grandi temi. E non ci sono argomenti più grandi della perdita di vite umane dovuta all’inquinamento dell’aria. In primo luogo, voglio sottolineare che ho invitato i ministri a Bruxelles perché la mia maggiore preoccupazione, che è anche la maggiore preoccupazione della Commissione, è la protezione dei cittadini. Quando dico cittadini intendo sia le persone che già soffrono a causa dell’inquinamento dell’aria sia tutte le altre persone a rischio: i bambini affetti da asma e i loro genitori; i genitori affetti da patologie polmonari ostruttive e i loro figli”.

Il vero problema infatti, non è se l’Italia (o uno degli altri paesi accusati di sforare i limiti) rispetta o meno le regole imposte da Bruxelles. Il vero problema è, come ha sottolineato Vella, che non si tratta di una questione burocratica: “Ogni anno, la vita di un numero spropositato di cittadini giunge prematuramente a termine a causa dell’inquinamento dell’aria. Ancora oggi, nel 2017, 400mila persone giungono ogni anno a morte prematura a causa dell’incapacità gravissima e diffusa di affrontare il problema. E molte altre soffrono a causa di malattie legate alla qualità dell’aria che si potrebbero evitare”.
Numeri che giustificano, eccome, la bacchettata ai Paesi inadempienti: “Permettetemi un richiamo in merito alla procedura legale in corso – ha detto Vella – Le scadenze per soddisfare gli obblighi giuridici sono state ormai da tempo superate. Secondo alcuni, abbiamo atteso già fin troppo a lungo. Ora non possiamo più rimandare”.
Il Ministro dell’ambiente Gianluca Galletti, dopo la convocazione del Commissario Vella, ha parlato di “continuazione del dialogo” che “fino ad oggi ha evitato il deferimento” e di “lavoro fatto in questi anni che ha dato risultati in termini di miglioramento della qualità dell’aria evidenti, con gli sforamenti ridotti dal 2000 ad oggi di più del 70%”.
Di parere diverso Legambiente che, con il rapporto “Mal’aria 2018 – L’Europa chiama, l’Italia risponde?”, ha voluto mettere in evidenza una situazione critica in molte regioni italiane e soprattutto al nord, a causa delle elevate concentrazioni delle polveri sottili e dell’ozono.

“Aria sempre più irrespirabile, ed emergenza smog ormai cronica”. Nel 2017 sono state “39 le città fuorilegge con livelli di inquinamento atmosferico da Pm10 [ma nessuno ha parlato di polveri sottili più letali come le Pm2,5 Pm 01, n.d.r.] alle stelle”. In questi capoluoghi di provincia il limite di 35 giorni/anno per le polveri sottili con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi/metro cubo è stato superato, almeno in una stazione ufficiale di monitoraggio di tipo urbano. E ben cinque hanno addirittura oltrepassato la soglia di 100 giorni di smog oltre i limiti: Torino (stazione Grassi) guida la classifica con il record negativo di 112 giorni di livelli di inquinamento atmosferico oltre i limiti; Cremona (Fatebenefratelli) con 105; Alessandria (D’Annunzio) con 103; Padova (Mandria) con 102 e Pavia (Minerva) con 101 giorni. Grave la situazione anche ad Asti (Baussano) con 98 giorni e Milano (Senato) con le sue 97 giornate oltre il limite, Venezia (Tagliamento) 94; Frosinone (Scalo) 93; Lodi (Vignati) e Vicenza (Italia) con 90.
Sforamenti che, secondo gli esperti, avrebbero causato non solo costi per il sistema sanitario e impatti rilevanti sugli ecosistemi, ma un numero impressionante di morti premature: secondo i report dell’Agenzia ambientale europea (Eea) quelle attribuibili all’inquinamento atmosferico nel Bel Paese sono oltre 60mila l’anno. Ma non basta la stima dell’Agenzia Ambientale Europea (Eea), parla anche di 2.900 morti premature riconducibili all’ozono solo in Italia (13.600 in Europa nel 2015).
Numeri che confermano le prepoccupazioni del commissario europeo Vella, ma che dovrebbero soprattutto richiamare l’attenzione dei cittadini sulla gestione dell’ambiente di molte città italiane. Luoghi dove non serve più il “miglioramento” nè tanto meno il “dialogo” di cui ha parlato Galletti. Così come non serve fare confronti con gli altri paesi: il fatto che molti paesi europei non rispettino limiti delle emissioni e consentano alle industrie e ai trasporti di inquinare non giustifica le decine e decine di migliaia di morti ogni anno a causa dell’inquinamento.
Il fatto poi che il ministro Galletti abbia detto all’ANSA che “molti speravano” nel deferimento alla Corte Ue è un chiaro riferimento alla campagna elettorale in corso nel Bel Paese. Un momento importante ma nel quale, stranamente, nessuno ha fatto riferimento allo stato dell’ambiente né in termini di valutazione di quanto fatto né tanto meno in termini di promesse sulle iniziative da intraprendere.
Segno evidente che la situazione è molto più grave e difficile di quanto lascerebbero intravedere le parole del Ministro. Ma soprattutto che, al di là delle sanzioni della Corte Ue, ai politici in corsa per una poltrona in Parlamento, della salute dei cittadini importa poco. Molto poco.