Tra i suoi molteplici effetti, la crisi economica di questi ultimi anni ha progressivamente smantellato quel benessere materiale e il senso di sicurezza che ci consentiva di vivere in un clima di tranquillità e fiducia nel futuro, insinuando nelle persone sentimenti di precarietà e di pessimismo.
Da più parti, quindi, è stato invocato il concetto di creatività quasi a voler esorcizzare la crisi e a voler proporre alternative alla stessa.
Sebbene la creatività evochi un concetto familiare, per molti si pone come qualcosa di assolutamente vago al punto che viene da chiedersi quali siano i suoi confini e se possa investire tutti gli ambiti, dalle scienze alle arti fino a settori come l’economia o la pedagogia.
In effetti, si tratta di un modo particolare di pensare che implica originalità, fluidità e flessibilità e che stravolge i modelli esistenti, introducendo un’impronta di originalità.
Guilford, famoso psicologo americano del secolo scorso, metteva in relazione il cosiddetto “pensiero divergente” con l'atto creativo. Egli sosteneva che il pensiero divergente è la capacità di produrre svariate soluzioni ad un dato problema che non preveda un’unica risposta corretta: un pensiero non convenzionale e anticonformista che necessita di “libertà” per produrre soluzioni nuove. Viene spontaneo pensare ad un artista che esplora differenti modi di dipingere un quadro o di scrivere un romanzo. Ma la creatività deve manifestarsi anche nelle discipline scientifiche come la biologia, la medicina, l’economia etc. La storia del pensiero scientifico è ricchissima di uomini che hanno stravolto principi apparentemente intoccabili: le idee di Galilei sul moto terrestre e il principio di indeterminazione di Heisenberg sono alcuni esempi di un pensiero scientifico “creativo” opposto al pensiero “convergente”, spesso ancorato a modalità di investigazioni rigide e dogmatiche.
Più recentemente, una ricerca scientifica condotta dalla Semmelweis University ha sostenuto l’esistenza di un legame genetico tra psicosi e creatività.
Lo studio si e’ basato sul ruolo del gene Neuregulin 1 (NRG1), coinvolto in molti processi cerebrali la cui variante è solitamente associata a disturbi mentali come la schizofrenia o il disturbo bipolare. I ricercatori, hanno dimostrato un chiaro legame tra l`NRG1 e la creatività. I volontari oggetto dello studio che possedevano la variante specifica di questo gene non solo erano più creativi ma lo erano più a lungo rispetto a quelli con una forma diversa del gene.