È una questione complicata. Sì, perché in un intricato giro di informazioni e contraddizioni ci sono di mezzo il Papa, un cardinale e parecchi milioni di euro.
Quella del Cardinale Giovanni Angelo Becciu è una faccenda già nota da qualche mese. In breve, si può riassumere così: Becciu è stato costretto alle dimissioni da Papa Francesco dopo essere stato accusato di peculato. Il reato di peculato viene definito come “appropriazione indebita, a profitto proprio o altrui, di denaro o altro bene mobile appartenente ad altri, commessa da un pubblico ufficiale che ne abbia il possesso in ragione del suo ufficio”.
Ma accusato da chi? Bene, è proprio da questa semplice domanda che tutto prende forma. Sì, perché Becciu non risulta essere indagato né dalla magistratura vaticana, né da quella italiana. Ad accusarlo, infatti, non è un giudice, ma un settimanale: L’Espresso, diretto da Marco Damilano.
Gli eventi si riferiscono al 24 settembre scorso, giorno dell’udienza tra Becciu e il Santo Padre in cui Francesco, invece dei soliti discorsi di routine, gli rovescia sul capo, ancora coperto dallo zucchetto rosso, un secchio di acqua gelata. Lo invita ad abbandonare la propria carica e a lasciare la stanza. Da quel momento, da quei passi fatti per i corridoi della Santa Sede dopo aver appena ricevuto un ordine inaspettato e fulminante, per Becciu inizia la gogna.
Andiamo con ordine. Quel 24 settembre è un giovedì piovoso e alle 18 in punto il Cardinale Becciu ha un’udienza fissata con il Papa. Non è una chiamata eccezionale, i due si incontrano spesso e sono legati, oltre che da un fitto rapporto di lavoro, anche da una profonda e duratura amicizia. Becciu entra quindi rilassato nelle sacre stanze del Pontefice, ma nota qualcosa di insolito. Sulla scrivania di Francesco è appoggiato un articolo che titola “La spada di Francesco sui corrotti”. Il giornale che lo ha scritto è l’Espresso e il protagonista di quelle fitte righe d’inchiostro è lui. Per quasi mezz’ora, dalle 18 alle 18.25, Becciu ascolta dalla bocca del Papa le parole che lo costringono alla dipartita. Esce dalle mura vaticane ed entra nel tunnel senza fine del processo mediatico.
È proprio da qui, da questo articolo brandito dal Santo Padre in un’udienza dall’esito imprevisto, che sorgono le prime informazioni sospette. L’Espresso, come detto, aveva trovato lo scoop. Una storia raccontata in esclusiva che accusava il cardinale di truffa ai danni dello Stato Pontificio. Ma c’è di più. Alle 10.12 di quel 24 settembre, il sito web dell’Espresso si fa scappare la mano e crea un articolo dal titolo “Ecco perché il cardinale Becciu si è dimesso. Soldi dei poveri al fratello e offshore: le carte dello scandalo. E il Papa chiede pulizia”, firmato da Massimiliano Coccia. Passano poche ore e, alle 15.44, viene creato e pubblicato dallo stesso sito un secondo articolo dal titolo “Ecco perché il cardinale Becciu si è dimesso: L’Espresso di domenica 27 settembre”, firmato della giornalista Angiola Codacci Pisanelli.
Ed è così che le domande iniziano ad accavallarsi. Come faceva l’Espresso a sapere alle 10 del mattino che Becciu si sarebbe dimesso, quando l’udienza del Papa con il Cardinale, nella quale è avvenuta la comunicazione, è stata alle 18? O vogliamo credere alla preveggenza della redazione romana, oppure è chiaro che qualcuno abbia parlato. Chi? Impossibile avere un volto e nome, ma di sicuro non un umile addetto alla segreteria del Vaticano.
Becciu decide di andare per vie legali. I suoi avvocati citano in giudizio L’Espresso, scrivendo che “i predetti articoli, come del resto quelli pregressi, presentano una incisiva carica lesiva dell’immagine e del decoro del Cardinale” e che “la presentazione al Santo Padre dell’articolo poi apparso sul settimanale ‘l’Espresso’ in data 27.09.2020, e dei fatti in esso contenuti, ha costituito la causa della richiesta di dimissioni”.
Per qualche settimana la notizia sembra avviarsi verso un assurdo cono d’ombra, fino a quando, sulle pagine di Libero, Vittorio Feltri torna a scrivere del caso. Lo fa con articoli puntuali, precisi e dettagliati, sollevando questioni alle quali è necessario venga data una risposta. Con una controinchiesta prova a riabilitare la figura di Becciu. In particolare, Feltri pone all‘Espresso 12 domande. Agli articoli di Libero, però, non segue il clamore mediatico che aveva accompagnato le accuse mosse a fine settembre da parte del settimanale di Damilano. Anzi, tutto tace. Alla stampa pare che la vicenda non importi più. O, forse, sono le nuove pieghe assunte dai fatti ad aver allontanato l’interesse dei media.
A fare il primo passo dopo la riapertura delle danze è un protagonista inaspettato: il Papa. Francesco, dopo aver detto nel corso dell’omelia di avere comprensione per “gli apostoli che sbandano”, ha telefonato direttamente a Becciu. Un segnale di distensione in cui il Pontefice, a detta di Becciu, avrebbe pronunciato parole “ben diverse da quelle dei giornalisti”.
Eppure era stato proprio lui, Bergoglio, a procedere in fretta e furia quel pomeriggio del 24 settembre per togliere i diritti del cardinalato a Becciu. Perché, allora, fu così veloce e drastico? Qualcuno inizia a parlare di complotto, una congiura ideata dagli alti membri del conclave, in accordo con i giornalisti delL’Espresso, per mettere fuori gioco un collega con alti incarichi all’interno delle mura di San Pietro.
Quale sarebbe il motivo? Ancora non si può sapere, né se si ha la certezza che la risposta arriverà mai. Una sola cosa è certa. La storia non finirà qui. Anzi, questo sembra essere soltanto uno dei primi capitoli di una serie che potrebbe scuotere dalle fondamenta le rigide istituzioni del Vaticano.