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in Religioni
December 17, 2017
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Trump e le “fake news” della guerra al Natale

Il presidente USA da mesi provocava su una polemica rivelatasi solita e stupida propaganda

Stefano AlbertinibyStefano Albertini
Trump e le “fake news” della guerra al Natale

The Christmas tree inauguration at the White House (White House Photo) L'inaugurazione dell'albero di Natale alla Casa Bianca (Foto White House)

Time: 3 mins read

Inevitabilmente, ogni anno, oltre alle luci per le strade e alle vetrine sfavillanti si riaccende la polemica o, come l’ha definita in maniera esagerata e sproporzionata il canale conservatore Fox News, la “Guerra al Natale”. Sí, perché la cosiddetta guerra al Natale, non è, ovviamente, una vera guerra, ma una furbata mediatica escogitata principalmente da Bill O’Reilly, il capetto dei mezzibusti della Fox, recentemente caduto in disgrazia e licenziato in tronco per una serie di vicende imbarazzanti e accuse documentate di molestie sessuali a colleghe e dipendenti.  E, visto che non c’è più quel vecchio sporcaccione di Bill a sbertucciare e denunciare ogni sera dai teleschermi i grandi magazzini e le catene di negozi che invece di augurare Merry Christmas su carte da regalo e pacchetti pre-confezionati optano per il più ecumenico Happy Holidays, ci pensa l’inquilino della Casa Bianca a rinfocolare la polemica.

Trump sperava così di poter finalmente adempiere almeno una delle sue tante promesse elettorali, quella appunto di riportare il “buon Natale” nella dimora presidenziale. Uno dei suoi aedi sosteneva in un tweet, che Donald e Melania avevano finalmente riportato il “Natale” nel biglietto di buon Natale della Casa Bianca. Ora, da una rapida ricognizione degli implacabili ‘fact checkers’ risulta che Obama abbia usato l’espressione “buon Natale” per tutti gli anni della sua presidenza, molte volte sia da solo che insieme alla moglie Michelle in una varietà di modi diversi: dai radio messaggi, ai tweet, alle apparizioni televisive, alla tradizionale accensione dell’albero (per l’appunto) di Natale della Casa Bianca.

Le cup natalizie di Starbucks

Queste polemiche non sembreranno ai lettori italiani tanto diverse da quelle che negli ultimi anni hanno punteggiato la cronaca italiana soprattutto nelle scuole pubbliche: sì o no al presepe? E l’albero? È abbastanza neutro o troppo cristiano anche quello? E tra le canzoncine di Natale, quelle che non parlano di Gesù bambino, ma solo di neve, slitte e campanelle possono impararle anche gli scolari non cristiani? Di solito arrivano alle pagine dei giornali i casi fomentati da politici di piccolo cabotaggio che cercano un po’ di rinomanza approfittando della recita natalizia della classe della figliuola, epurata, secondo loro, dai riferimenti più espliciti alla festività cristiana. Tutti personaggi, si badi bene, che non passerebbero un esame di catechismo della terza elementare e che vorrebbero brandire il crocefisso come una spada contro gli infedeli invasori. La notizia positiva è che in migliaia di scuole e in decine di migliaia di classi italiane queste polemiche non esistono grazie alla sensibilità e al buon senso degli insegnanti che ogni giorno gestiscono un corpo studentesco in costante cambiamento etnico e religioso.

Bill O’Reilly

Ma torniamo in America. Nonostante il licenziamento di Bill lo sporcaccione e l’ennesima bufala trumpiana, probabilmente qualcun altro sarà pronto a farneticare di Guerra al Natale, ma un video ormai virale su internet potrebbe dare la botta definitiva alla grottesca panzana.

Un autorevole sacerdote gesuita, preside della facoltà di teologia dell’Università di Santa Clara in California, padre Kevin O’Brien, ha infatti dichiarato: “non credo che a Gesù importi molto se diciamo buon Natale o buone Feste. Non gli interessava auto-promuoversi”. Il gesuita continua, citando il Vangelo e papa Francesco, sostenendo che è da cristiani farsi promotori di una cultura del dialogo e non dello scontro e ciò significa ascoltare e rispettare persone di fede diversa dalla nostra; ascoltarle non tanto per essere gentili, ma per imparare da loro.

Io, grazie a Padre Kevin, una piccola speranza per questo Natale ce l’ho: che il viso aperto e simpatico di questo prete e il suo messaggio veramente cristiano prevalgano su chi vorrebbe, ancora una volta ipocritamente strumentalizzare la nascita di Cristo per fomentare l’odio. Buon Natale e buone feste (qualunque esse siano) a tutti voi!

 

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Stefano Albertini

Stefano Albertini

Sono nato a Bozzolo, in provincia di Mantova. Mi sono laureato in lettere a Parma per poi passare dall'altra parte dell'oceano dove ho conseguito un Master all'Università della Virginia e un Ph.D. a Stanford. Dal 1994 insegno alla New York University e dal 1998 dirigo la Casa Italiana Zerilli Marimò dello stesso ateneo. Alla Casa io e la mia squadra organizziamo un centinaio di eventi all'anno tra mostre, conferenze, concerti e spettacoli teatrali. La mia passione (di famiglia) rimane però l'insegnamento: ho creato un corso sulla rappresentazione cinematografica della storia italiana e uno, molto seguito, su Machiavelli. D'estate dirigo il programma di NYU a Firenze, ma continuo ad avere un rapporto stretto e viscerale col mio paese di origine e l'anno scorso ho fondato l'Accademia del dialetto bozzolese proprio per contribuire a conservarne e trasmettere la cultura. I was born in Bozzolo (litterally 'cocoon') in the Northern Italian province of Mantova. I obtained my degree from the University of Parma, after which I moved to the other side of the ocean and obtained my Master’s from the University of Virginia and my Ph.D from Stanford. I have been teaching at New York University (NYU) since 1994, and I have been running the Casa Italiana Zerilli Marimò of NYU, since 1998. At the Casa, we organize more than one hundred events annually, including exhibitions, conferences, concerts and theatrical performances. My personal passion, however, continues to be teaching: I created a course on the cinematographic portrayal of Italian history, and one on Machiavelli in its historical context. I also run the NYU program in Florence every summer. I continue to have a close and visceral relationship with my town of origin, and 2 years ago, I founded the Academy of the Bozzolese Dialect to conserve and promote the local culture.

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