
Un mito della fotografia di moda, uno di quelli capaci sempre di emozionare con la macchina anche ora, a 81 anni d’età e dopo quasi 6 decenni di carriera. Lui è Gian Paolo Barbieri, uno dei fotografi internazionali più influenti nell’ambito della moda, uno che ha collaborato alla realizzazione delle più grandi campagne pubblicitarie per marchi internazionali come Valentino, Gianni Versace, Gianfranco Ferré, Giorgio Armani, Bulgari, Chanel, Yves Saint Laurent, Dolce & Gabbana, Vivienne Westwood e tanti altri. Il lavoro di Barbieri ha riempito, con i suoi scatti iconici e senza tempo, per interi decenni, le pagine di Vogue Italia, Vogue Paris, Vogue America, L’Officiel, GQ e Vanity Fair. Classificato come uno dei migliori quattordici fotografi di moda dalla rivista Stern, Barbieri è un artista sempre più presente all’interno di prestigiose collezioni museali tra cui il Victoria and Albert Museum e la National Portrait Gallery di Londra, il Kunstforum di Vienna, il MAMM di Mosca e l’Erarta Contemporary Art Museum di S.Pietroburgo, il Musée du quai Branly di Parigi e la Nicola Erni Collection.

Ora si può vedere una sua particolare mostra fotografica, fino al 27 luglio 2019, in Italia, alla galleria 29 Arts in Progress di Milano. Una prima assoluta perché è la più vasta retrospettiva sulla fotografia istantanea di Barbieri intitolata appunto “Polaroids and more”, una mostra che arriva a pochi mesi dal premio ricevuto ai Lucie Awards 2018 di New York come miglior Fotografo di Moda Internazionale.

La mostra, curata da Giovanni Pelloso, riunisce una selezione di oltre 120 Polaroid inedite e traccia per la prima volta l’uso della fotografia istantanea di Gian Paolo Barbieri negli ultimi trent’anni; un percorso articolato che abbraccia i ritratti e gli studi di figura, la moda e i suoi protagonisti, svelandone i segreti e i retroscena. Per quanto aderente alla realtà possa essere, la fotografia di moda per Barbieri è scenario, spettacolo, teatro, bellezza, metafora e realtà.

Al centro di questa scena, animata spesso da una ludica e irriverente ironia, c’è la donna. Non mitizzata, la sua immagine rispecchia la profonda convinzione dell’autore che il mistero dell’universo femminile non debba mai essere completamente rivelato. In questo atteggiamento vi sono il rispetto e l’ammirazione per l’eterna e, nello stesso tempo, mutevole bellezza, ma anche la consapevolezza della ricchezza della sua personalità e delle sue innumerevoli metamorfosi. Le immagini risultano fantastiche e magiche, oniriche e ludiche, ironiche e teatrali. Sono istantanee seducenti. La superficie bidimensionale della stampa fotografica diventa, grazie alla sensibilità del fotografo milanese, un “oggetto di fascino”, uno stimolante invito all’immaginazione e alla fantasia, un territorio che cattura lo sguardo e che richiama il lettore a decifrarne i misteri.

Le Polaroid di Gian Paolo Barbieri non solo raccontano il making of della fotografia di moda per le più grandi maison di sempre, ma lasciano trasparire sguardi intimistici rivolti a soggetti diversi, dalla più iconica top model all’autoctono polinesiano. Un secondo corpo di opere è dedicato, infatti, agli indigeni colti nel loro habitat naturale, a nudi audaci concepiti spesso come lavori preparatori, e ai fiori, grande passione dell’artista. Molte di queste piccole icone trasferiscono tenerezza e vulnerabilità, altre, durezza e immediatezza. A differenza delle immagini rigorosamente ideate e concepite in studio e per le quali Barbieri è diventato famoso nel mondo, queste disarmanti fotografie sono contrassegnate dalla spontaneità e dall’invenzione, offrendo nell’insieme un’inedita visione della sua straordinaria carriera. Un’altra anteprima assoluta in mostra sarà una selezione di nuovi lavori ispirati all’opera di William Shakespeare, a cui Barbieri lavora da circa tre anni, nel quarto centenario della sua scomparsa: «Come mi è sempre piaciuto fare – ricorda l’autore – io attingo dal passato per guardare al futuro».