Allora, a questo punto è urgente fare una cosa. È un nostro dovere di citttadini. Per il bene altrui, ma anche nostro. Dobbiamo dare finalmente una notizia a tutti i ciclisti.
Una notizia sensazionale, una notizia incredibile, una notizia dalla quale non si potrà mai più prescindere, una notizia che definire sconvolgente è poco, una notizia che toglie il fiato tanto è grande, tanto è emozionante. E tutti quelli che usano la bicicletta, soprattutto in città, ma anche fuori, nelle campagne, in giro per il mondo, accoglieranno questa notizia clamorosa con le facce allibite, meravigliate, sorprese. Attenzione perchè è grossa.
Dobbiamo dare ai ciclisti la straordinaria notizia dell’esistenza degli altri. Ma ci pensate? Viene loro comunicato, in questo momento, che non sono soli in questo curioso universo. Che non esistono solo loro. Ma che attorno ruota un mondo, un mondo di cose, di gente, di bambini, di donne, di macchine, di gente che cammina, di autobus. C’è qualcuno. Ebbene sì. Ci sono delle presenze. Non evocate da sedute spiritiche, non ombre, non ectoplasmi, non ologrammi. Ma gente in carne ed ossa, con una sua vita, i suoi affetti, i suoi rapporti interpersonali.
Non è straordinario? C’è anche gente vestita normale e non da ciclisti. Perchè i ciclisti devono essere vestiti da ciclisti? Non possono essere vestiti sportivamente come tutti, magari anche molto colorati? Perchè devono essere sempre al Tour de France? Perchè devono essere puntualmente portatori di scritte pubblicitarie? Chi li paga? E li pagano?

Il mistero è fitto. La soluzione sembra impossibile da trovare. Ma cosa diranno ora che apprendono la notizia dell’esistenza degli altri? Come faranno ad andare tranquillamente su e giù per le strade, (ma anche sul muro se fosse possibile, come dei gechi) imboccando con una disinvoltura fantastica i sensi vietati? Andare su e giù dai marciapiedi? Ignorare sistematicamente qualsiasi tipo di semaforo rosso. I semafori non esistono per i ciclisti, fateci caso, anche negli incroci più complicati. Le macchine sono ferme e magari qualcuna si è fermata un metro e mezzo oltre la striscia bianca per cui è stata fotografata dal “controllo semaforico” (gli arriverà a casa una mazzata da Sant’Uffizio) e i ciclisti invece sfrecciano felici e veloci. Nessuno accenna a fermarsi. Mai. Via. Devono andare.
E come faranno adesso sapendo che ci sono altre presenze inquietanti al mondo, andare in gruppo bloccando il traffico e ignorando le macchine che suonano o qualcuno che chiede se è possibile procedere in fila indiana. In fila indiana? Ma siamo pazzi? I ciclisti devono stare tutti assieme. Devono fare il gruppo.
Un’altra cosa importante è questa. Hanno un dono soprannaturale. Tutti. Per il corpo di polizia municipale per esempio, cioè i vigili, i ciclisti sono invisibili. Non li vedono. Altrimenti sarebbe impossibile passare col rosso, andare contromano, zigzagare sui marciapiedi. I vigili sono i vigili no? Farebbero la multa. No, non li vedono proprio. Quindi forse alla fine dei conti bisogna fare due cose. Una è quella di dare ai ciclisti la sensazionale notizia dell’esistenza degli altri e contemporaneamente dare ai vigili la notizia dell’esistenza dei ciclisti.
Ma con tutte queste notizie non si confonderanno poi? E noi come finiremo? Ci depileremo tutti le gambe? E berremo da borracce tecnologicamente avanzate? E batteremo il record dell’ora?