Si va a mode, è inutile. A locali di moda, a ristoranti di moda, ad aperitivi di moda.
Le città di tutto il mondo o quasi, che siano New York, Roma o Milano sono abilissime a creare fenomeni, nuovi fantastici ritrovi trendy, nuovi punti d’incontro, nuovi piccole cattedrali dello struscio per poi affossarle nell’anonimato nel giro di un anno. E il locale puntualmente, dopo aver conosciuto fasti da Harry’s Bar, fallisce senza capire il perché. Da una folla brulicante a nessuno.
È uno sciame di gente che va da un alveare all’altro senza un criterio, anzi, solo col criterio che una cosa dopo un po’ rompe i marroni. E basta. Ma si va a mode, anche nei gesti. Da qualche anno va di moda un gesto che a me personalmente fa accapponare la pelle, come il gesso sulla lavagna o una punta di forbice su un vetro. È quello delle virgolette fatte con l’indice e il medio di entrambe le mani. Le due ditine, un po’ incurvate a semiartiglio, si muovono con due o tre scattini, zac zac, e via. Tra virgolette. O tra parentesi, come vi pare.

È un cosa dalla quale non puoi sfuggire perché assolutamente imprevedibile. Te le possono fare sotto il naso in qualsiasi momento, all’improvviso. Non le vedi arrivare sennò qualcosa faresti, chiuderesti gli occhi, oppure ti gireresti di scatto dall’altra parte, invece no. Sono come un diretto di Tyson quando era Tyson. “Sai, sabato siamo state giù a Milano Marittima e c’era un tempo terribile, un tempo da (e lì, zac virgolette con le ditine) “tempesta perfetta”. Uaaaaa! Vieni colpito a morte e poi anche stramazzare in terra all’indietro. Un fulmine. Te le piazzano così tra capo e collo con la velocità della Colt di Tex Willer.
O anche nelle risposte alle domande: “Come va con Paolo?”. Risposta: “Beh, insomma come vuoi che vada, diciamo che (zac, ditine che scattano) “stiamo insieme”. E non contente in quei casi ribadiscono, questa volta però senza più fare il gesto: “…stiamo insieme tra virgolette intendo”. Ma per tutti i numi, non potevi dire fra virgolette lo stesso senza prima fare quell’orrendo grattino al vento? Le manine vengono alzate di scatto e tenute a mezza altezza, di solito davanti alla faccia. È ormai un mondo tra virgolette. Parliamo a gerghi, a sms, a modi di dire.

E questi terrificanti vocabili ostrogoti figli di un T9 minore vengono sottolineati dalle dita a rampino, scosse da un piccolo tremito convulso. Sia chiaro, “convulso” tra virgolette. È un fenomeno che ci lascia indifesi, inermi. Prostrati e “grattati”. Se l’esercito romano, schierato contro Annibale nelle guerre puniche, avesse detto: “Abbiamo anche noi i nostri elefanti, elefanti (zac zac) fra virgolette”, facendo tutti (tutto l’esercito intendo) il segnino delle virgolette con le dita, i cartaginesi sarebbe crollati distrutti, ammassati sui propri scudi, vinti da quel gesto.
Chissà a chi è venuto in mente per primo. Chi l’ha lanciato insomma. Io vorrei dare in pasto quell’inventore delle virgolette con le dita, se esiste, ai vecchi pensionati, quelli che sono stanziali nelle piazze o nei centri commerciali per stare freschi e non hanno mai un dubbio ma solo certezze e che muovono un dito solo, l’indice, secco, a scatti dall’alto al basso per pontificare. Sono sicuro che se vedessero quelle virgolette fatte con le ditine durante un discorso fermerebbero il dialogo immediatamente. Sono arcisicuro di questo. “Fermo! – direbbero – e poi farebbero una piccola pausa, ma pesante come un macigno, prima di profferire la frase: “sai dove te le devi mettere quelle ditine lì?”. E non darebbero la risposta. La lascerebbero a mezz’aria, in una magica sospensione, fra un volo di piccioni e un frettoloso passaggio di due extracomunitari venditori di rose. Venditori fra virgolette naturalmente.