Si deduce un fatto inconfutabile: le più competenti e brave istruttrici di scuola guida sono le mogli, o le compagne. Non esiste, in qualsiasi autoscuola del pianeta istruttore più attento, capace, preparato, pronto a capire cosa conviene fare al volante.
Questo per quanto riguarda le mogli italiane, ma anche quelle americane. Le americane sono, a volte, ancora più puntigliose e precise (hanno poi quel tono di voce stridulo che invita immediatamente all’obbedienza). Nessuno come una moglie è in grado di suggerire (suggerire è una concetto troppo debole, “ordinare” sarebbe più appropriato) per esempio un parcheggio.
“Mettila qua!”, dice, mentre tu l’avresti probabilmente messa lì lo stesso, ma stavi guardando se c’era un’altra soluzione. Attenzione, la cosa avviene se trattasi di moglie o di compagna. Se è un’amica, o anche un amico o un conoscente, il fenomeno non si verifica assolutamente. I navigatori dei più grandi rallisti internazionali non sono nemmeno lontanamente paragonabili, come abilità, alle mogli o alle compagne degli uomini alla guida. Nessuno come loro conosce i parcheggi giusti, le giuste velocità da tenere, le strade più convenienti per raggiungere un luogo, i tragitti più comodi.
E il pilota? E chi guida? Chi guida cosa fa? Niente. Il pilota è il pilota. Un’entità astratta. Mai bravo. Mai. Semmai incapace, stolto, quello sì. Sotto cioccata perenne (“ma cosa fai non vedi? Sei suonato? Ma cosa fai, sei scemo?) Il pilota deve guidare e basta. E beccarsi la mangiata di faccia. Attenendosi scrupolosissimamente al piano del suo navigatore. E silenzio. L’andatura di una macchina, il suo comportamento, il suo incedere, le sue medie sono tenute sotto controllo totale dalle mogli e dalle compagne.
Non c’è un momento di distrazione, neanche un attimo di smarrimento: gira di qua, gira di là, qui a sinistra, vai più piano, ti muovi? E, quando il semaforo diventa verde, con un decimo di frazione di anticipo: “Vai!”. Insomma siamo in una botte di ferro. Si potrebbe guidare bendati. Della parentesi relativa alla gestione del riscaldamento e dell’aria condizionata meglio non parlare. Sono concetti a esclusivo appannaggio del mondo femminile.
Torniamo ai parcheggi. La scena è di solito questa: l’uomo arriva guidando e si guarda un attimo attorno, valutando le varie possibilità. La voce però lo fredda subito: “Puoi metterla qua”, col dito che indica. “Oppure là”, col dito che si sposta. D’accordo che l’uomo è un filino più lento storicamente, ma lei aveva già visto due parcheggi. Difficile che possa proporne un terzo a quel punto. E rendere operativa la sua scelta. Vorrebbe dire muso fisso per tutta la serata, o giornata che dir si voglia.
Stessa situazione per il percorso da compiere. Uno deve andare da casa a un appuntamento appena fuori città. Se lei decide il tragitto e dice: “Io farei la strada alta, quella che passa da piazza tal dei tali, si fa molto prima”, per lui non c’è scampo. Anche se presenta una tabella chilometrica perfetta che gli dà ragione, niente. Dalla strada alta che passa dal tal piazza e che ha deciso lei, è più corta (“te fammi vedere tutti i satellitari e le carte che vuoi ma è inutile, quella è più corta, poi fai te”). Il marito vorrebbe qualche volta “passare” questo esame di guida e ci prova. Risultato: impossibile.
L’uomo alla guida è bocciato. A prescindere. Perché non è svelto a vedere i parcheggi, perché “l’hai messa male”, “sei un po’ in fuori”, perché “stai troppo a sinistra”, perché “stai troppo a destra”, perché “stai troppo sotto”, perché “guidi a scatti”, perché “dormi”, perché “viene dell’aria da quel finestrino”, perché “si gela”, perché “si scoppia”. Sentendosi un guidatore fallito interpellerà gli amici chiedendo: “Ma come mai con voi, anche con i miei amici più vecchi, con tutti quelli che vengono in macchina con me, non ho mai nessun problema e nessuno mi dice niente, né dove devo parcheggiare né che strada devo fare e con mia moglie si?”. E la risposta, sintetica ma di profondissimo significato è: “Allora poi…”.