La settimana scorsa, il Dipartimento di Giustizia ha annunciato che l’enorme casa farmaucetica Purdue ha patteggiato nella causa relativa al suo coinvolgimento nell’epidemia degli oppiacei che ha ucciso quasi 450’000 americani dagli anni ‘90 a oggi, concordando di pagare 8.3 miliardi di dollari. Ora, le associazioni di familiari delle vittime e i procuratori di diversi Stati si oppongono a questa risoluzione.
Secondo l’analisi del Center for Disease Control and Prevention, l’epidemia di oppiacei può essere distinta in tre ondate: la prima inizia attorno a fine anni ’90, con l’impennata vertiginosa dei decessi per overdose da antidolorifici legalmente venduti su prescrizione medica; la seconda ondata comincia attorno al 2010, quando aumentano i morti per overdose da eroina; la terza drammatica ondata, iniziata nel 2013 e ancora in corso, è legata alla commercializzazione del Fentanyl, un oppiaceo da 50 a 100 volte più potente dell’eroina e molto più economico. Nel corpo di quasi tutte le star morte di overdose negli ultimi anni, da Prince a Mac Miller a Tom Petty, era presente Fentanyl.

(wikipedia)
Secondo gli esperti, queste tre ondate sono il concatenarsi di cause ed effetti: la commercializzazione di farmaci legali con un altissimo potere di assuefazione ha portato all’instaurarsi di una dipendenza in milioni di pazienti, che si sono rivolti poi alle droghe illegali una volta che il medico ha smesso di prescrivere, causando la seconda ondata e, a stretto giro, la terza.
“È a questo punto che per la Purdue, e con lei la famiglia Sackler, proprietaria, iniziano le battaglie legali. A metà anni ’90, la casa farmaceutica Purdue produsse l’antidolorifico Oxycontin, a base di ossicodone, che venne approvato dalla FDA in tempo record, solo 11 mesi e 14 giorni. Dopodiché, la FDA fa un errore di giudizio: delega il controllo delle quantità di oppiacei, tra cui l’Oxycontin, vendute nelle diverse parti del paese, alle compagnie che li distribuiscono. Queste compagnie, quindi, dovrebbero allertare le autorità se notano un consumo sospetto di farmaci, mentre al contempo i loro profitti dipendono direttamente da quante dosi distribuiscono. È chiaro che c’è un inghippo.
Un esempio emblematico: la McKesson, una delle compagnie che dovrebbero controllare la distribuzione sospetta di farmaci nel paese, nel giro di 10 mesi ha fornito 3 milioni di dosi di oppiacei a una singola farmacia di Kermit, comune di 400 abitanti della Virginia, vale a 7500 dosi per abitante, senza mai segnalare nessun consumo sospetto.
Negli anni, la Purdue ha affrontato migliaia di querele, da corti statali, privati e associazioni. La gravissima accusa rivolta all’azienda è quella di “misleading marketing”: la casa farmaceutica ha sempre pubblicizzato l’Oxycontin come un farmaco leggero e con scarsa capacità di assuefazione, fornendo anche pagamenti e benefit illegali ai medici perché prescrivessero il loro antidolorifico, facendogli un training minimo sui suoi effetti e su come riconoscere segnali di dipendenza nei loro pazienti.
Molto presto, è invece divenuto evidente che si trattasse di un farmaco molto potente, in grado di produrre effetti paragonabili a quelli dell’eroina masticando, sniffando, o iniettandosi una sola compressa. Dal 2000, in particolare nelle aree rurali degli Stati Uniti, il numero di tossicodipendenti e la criminalità relata all’abuso di Oxycontin hanno iniziato ad aumentare pericolosamente. Secondo la rivista The Lancet, muoiono di overdose da oppiacei da prescrizione 130 americani ogni giorno. La dimensione del danno economico è difficile da calcolare: non si tratta solo di spese legate al sistema sanitario, ma anche alle forze dell’ordine impegnate nella gestione dell’emergenza e alla disoccupazione.
La corte del Massachusetts, nel 2019, ha reso pubbliche delle email datate al 2001 di Richard Sackler, ex presidente della Purdue, in cui discute con i colleghi di come svincolarsi mediaticamente dalla responsabilità e incolpare i pazienti dipendenti dal farmaco, scrivendo testualmente: “dobbiamo martellare sugli abusatori in ogni modo possibile (…). Sono criminali spericolati”.
Già nel 2007, la Purdue e tre membri del suo consiglio di amministrazione si erano dichiarati colpevoli di marketing fraudolento in una corte federale, ammettendo di aver volontariamente minimizzato gli effetti collaterali del loro farmaco, pagando complessivamente circa 635 milioni di dollari di penali. Briciole: a tutto il 2017, l’Oxycontin ha fruttato alla Purdue 35 miliardi.
Le cause contro l’azienda hanno continuato a moltiplicarsi. Nel 2015, nel processo del Kentucky contro Purdue, Richard Sackler ha fornito una rara testimonianza, venendo interrogato per 8 ore, e rispondendo “I don’t know” a oltre cento domande fatte dai procuratori dello Stato.
Entro gennaio 2019 ormai ben 36 Stati avevano formalmente citato la Purdue in giudizio per marketing fraudolento. Per chiudere tutti gli oltre 2600 procedimenti penali a suo carico, la casa farmaceutica, a settembre 2019, ha presentato una istanza di bancarotta al tribunale fallimentare di White Plains, nello Stato di New York.

Joe Rice, che negozia a nome dei governi locali nel processo, ha dichiarato che la compagnia è molto desiderosa di chiudere questa faccenda sotto l’amministrazione Trump, da cui crede di poter avere un accordo più vantaggioso che da una ipotetica nuova amministrazione Biden. Anche il Dipartimento di Giustizia ha fatto il possibile per arrivare ad una risoluzione prima delle elezioni, giungendo ad una conclusione secondo molti affrettata e annunciandone i termini alcuni giorni fa: la Purdue si impegna a pagare 8,3 miliardi di dollari tra sanzioni e confische penali, cui si aggiungono 225 milioni pagati dalla famiglia Sackler (che ha guadagnato 13 miliardi dall’Oxycontin), e la prospettiva che l’azienda diventi una compagnia gestita da un trust per il “beneficio pubblico”, continuando a produrre e commercializzare Oxycontin sotto stretto controllo del governo.
Questo non significa, ancora, che l’azienda o la famiglia pagheranno nulla: tutto ciò è soggetto alla decisione del tribunale fallimentare, che verrà presa probabilmente all’inizio del nuovo anno. Soprattutto, nell’accordo annunciato per ora, nessuno vedrà le sbarre di una prigione.
La decisione ha scontentato molti, specie le associazioni dei familiari dei deceduti. Una lettera, firmata da oltre trenta membri democratici del Congresso, e mandata al procuratore generale Bill Barr, reclama che i membri della famiglia Sackler e del consiglio di amministrazione della Purdue siano processati e condannati al carcere federale. Una ulteriore lettera a Barr, scritta dai procuratori di 25 Stati, intima al Dipartimento di Giustizia di evitare di trasformare un’azienda che ha causato una crisi nazionale in una compagnia pubblica, e di non immischiarsi nel commercio degli oppiacei.
Insomma, la strada è ancora lunga e il finale di questa storia è tutto da scrivere.