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A 77 anni dalla prima Willys, Jeep rinnova il mito Wrangler

Fra storie e leggende, quarta rinascita per una delle auto off-road più iconiche di sempre

Claudio MoschinbyClaudio Moschin
A 77 anni dalla prima Willys, Jeep rinnova il mito Wrangler
Time: 3 mins read

In un mondo che sembra ormai aver perso le «bandiere», per fortuna qualche icona resiste: la Jeep Wrangler per esempio, che abbiamo “testato” per la prima volta  proprio nei giorni in cui debutta sul mercato europeo, dopo quello americano. Un’auto, questa Wrangler, che è un’icona assoluta del fuoristrada, con un’origine bellica, e uno dei simboli storici degli Stati Uniti nel campo dei motori (così come la Harley lo è nelle motociclette). Un’auto costruita ancora negli stabilimenti americani di Toledo, Stato dell’Ohio: che però è anche un po’ italiana, visto che il marchio Jeep è un brand del FCA Group, ed è quello anche che riscuote il maggior successo e il maggior incremento di vendite di questi tempi.

Su questo nuovo modello di Jeep Wrangler il lavoro dei tecnici (bravi a recuperare tanti elementi della mitica Willys da cui tutto ebbe inizio)  si è tradotto nella capacità di lasciare la Wrangler fedele a sé stessa pur nella sua evoluzione (e siamo alla terza serie!). Nuovi motori, interni rifatti, un restyling poderoso ma sempre ben riconoscibile soprattutto per quella storica griglia del frontale dalle 7 feritoie verticali.  E qui arriva la prima domanda: perché proprio 7 ? Ci sono tante leggende che provano a dare una risposta a questo quesito: per esempio, qualcuno sostiene che ci sia un riferimento alle sette meraviglie del mondo, oppure al fatto che Jeep è stato il primo brand a sbarcare in tutti e 7 i continenti e ad attraversare i sette mari, oppure ancora le sette cime più alte al mondo, i sette pilastri della saggezza, i colori dell’arcobaleno o le sette direzioni (su, giù, destra, sinistra, avanti, indietro, centro). Un giorno, chissà, si scoprirà magari che la scelta di una griglia con 7 feritoie nacque per caso per mano di qualche progettista originale…

Secondo storico quesito: dove arriva il nome Jeep? Anche qui, fra storia e leggenda, per alcuni si ispirerebbe a uno slang utilizzato dai lavoratori dell’industria petrolifera dell’Oklaoma. Per altri il capostipite sarebbe il personaggio Eugene the Jeep della serie Popeye, un piccolo supereroe dai tanti poteri (volare, scomparire, allungarsi) apparso per la prima volta nell’anno 1936. La teoria più accreditata però sarebbe questa: il nome proviene dall’adattamento in pronuncia delle lettere “G” e “P”, acronimo militare di General Purpose dato a quel mezzo.

L’idea di una jeep è del luglio 1940 quando il Governo americano si fece promotore di un bando di gara, esteso alla crème dell’industria automobilistica, per avere a disposizione, in tempi molto brevi, un piccolo fuoristrada 4×4, leggero e agile. La American-Bantam e la Willys-Overland Motor Company furono le prime (e uniche) aziende a rispondere all’iniziativa (e pensare che furono contattati oltre 130 costruttori…). In un secondo momento entrò nei giochi anche la Ford creando una gara a tre contendenti. In poche settimane tutti presentarono i rispettivi progetti (il Model GP – o Pygmy – della Ford, la Willys Quad e il Model 40 BRC della Bantam) e per l’autunno 1940 ricevettero una prima richiesta per la produzione di alcune decine di esemplari come prototipi da sottoporre al Governo per i test di verifica. Presso Camp Holabird, nel Maryland, furono condotte tutte le prove e il responso fu unanime: nessuna delle proposte sembrava andare bene.

Ma nel marzo del 1941 un nuovo round di trattative portò alla definizione di una seconda fornitura di mezzi da parte dei tre soggetti in gara e, alla conclusione di nuovi test, ne derivò il veicolo risultato il migliore di tutti: il Quad della Willys Overland. Sottoposta ad alcune piccole modifiche, la Willys Quad evolse nella nuova e più leggera MA (Military model A) e, successivamente, nella definitiva MB. Dal punto di vista strutturale era un piccolo e semplice fuoristrada (praticamente un telaio a piattaforma con uno “scatolotto” anteriore che ospitava il motore) equipaggiato con un 4 cilindri 2,2 litri da poco più di 50 Cv. La trasmissione consisteva in un cambio con 4 marce, riduttore su due posizioni, 4 ruote motrici permanenti.

Negli ambienti militari, la nuova Wyllis MB fu presto ribattezzata con il nomignolo Jeep. Prima della fine della seconda guerra mondiale verranno costruiti oltre 630.000 esemplari della Jeep, suddivisi tra Willys Overland e, su licenza, Ford. Il comandante supremo delle forze americane, il Presidente americano Dwight D. Eisenhower, dichiarerà che “senza la Jeep noi Alleati non avremmo mai potuto vincere la guerra”. E giusto 77 anni dopo, il mito Jeep continua.

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Claudio Moschin

Claudio Moschin

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