Il termine evoluzione è molto diffuso nella nostra società e coinvolge i campi più disparati, dalla biologia in senso stretto fino alla cultura per esprimere i cambiamenti e i differenti stadi che si verificano nell’arco di un tempo più o meno lungo.
Anche se oggi non ce ne rendiamo conto, gli insegnamenti di Darwin, vissuto “solo” 150 anni fa, hanno rivoluzionato in maniera inderogabile la nostra visione del mondo, della vita degli esseri viventi, della storia del nostro pianeta, influenzando anche la vita di tutti i giorni. Forse il più grande merito di Darwin è stato quello di aver inserito la variabile tempo come “misura”, in quanto prima della sua opera si riteneva che le cose fossero cosi perché non potevano essere altrimenti, senza considerare l’idea di una loro “mutevolezza” come funzione del tempo che passa. Darwin non poteva immaginare l’impatto che il suo pensiero avrebbe avuto nei decenni a venire sull’intero pensiero scientifico e non, tuttavia intuì che stava proponendo al mondo una teoria piuttosto “azzardata”. Non a caso prima di sostenere pubblicamente che con tutta probabilità le specie viventi non erano immutabili come si pensava, attese circa vent’anni.
Questo lasso di tempo fu particolarmente doloroso da un punto di vista emotivo, in quanto, da credente, ebbe da subito la consapevolezza di mettere in discussione le Sacre scritture. Un lungo travaglio interiore che gli procurò anche problemi fisici (probabilmente di natura psicosomatica) tanto che egli stesso sostenne che la sua opinione sul cambiamento delle specie viventi era “come confessare un omicidio”. All’epoca vigeva la teoria del fissismo (cioè l’immutabilità delle specie) che trovava forte sostegno nella visione creazionista del mondo.
L’opera di Darwin è stata più volte travisata e strumentalizzata (nel nazismo ad esempio) e ha messo in crisi il pensiero di molti sistemi religiosi per aver posto l’accento sul caso a scapito del finalismo. L’idea del ruolo dell’ambiente come “regolatore” dei cambiamenti delle specie viventi, incluso l’uomo, attraverso il meccanismo della selezione naturale di variazioni “casuali”, sconvolse il pensiero del tempo e, ancora oggi, crea agitazione in alcuni sistemi di pensiero perché distrugge, di fatto, l’idea di un “progetto” e di una finalità della vita. Pensare che anche l’uomo sia un animale, frutto di un processo di cambiamento graduale e casuale delle specie viventi senza la suggestione che sia l’opera specifica e finalizzata di un Creatore sconvolge quella ricerca di senso della vita che appartiene a tutte le culture.
Tuttavia, il concetto di “caso” di cui parla Darwin non vuol dire mancanza di causalità perché lo stesso studioso dichiarò: “Qualunque possa essere la causa delle lievi differenze fra i discendenti e gli ascendenti, e una causa deve esistere per ciascuna di esse, abbiamo ragione di credere che il costante accumularsi di differenze vantaggiose sia ciò che ha determinato tutte le più importanti modificazioni della struttura, in relazione alle abitudini di ciascuna specie”. Quindi, evoluzione vuol dire che le specie viventi cambiano perché l’ambiente seleziona le variazioni che insorgono spontaneamente, per esempio per meccanismi intrinseci alla biologia (quindi causali), ma non possiamo attribuirgli una finalità specifica e l’idea di un progetto più grande. Del resto la scienza non è chiamata a sottolineare il “senso” delle cose che accadono, ma a chiarire come e perché avvengono. Inoltre, ammettendo pure che esista sempre una causalità di un evento, cosa verosimile a livello logico, non siamo spesso in grado di tracciarne il nesso e, a volte, non è nemmeno importante saperlo, ma solo prenderne atto.
Solo una scienza libera da ogni condizionamento religioso e rigorosa nelle osservazioni può contribuire in maniera significativa alla comprensione del mondo in cui viviamo senza porsi il problema di “offendere” chi vorrebbe vedere dietro l’origine dell’universo l’opera di un Creatore. L’idea di Dio non è indagabile in maniera scientifica e la scienza deve evitare ogni possibile “suggestione” spirituale e religiosa, lavorando in maniera “neutrale”. Deve essere come un giornalista che descrive oggettivamente un fatto di cronaca senza avere un’opinione su quell’evento, altrimenti la realtà delle cose viene travisata.