Vi siete mai chiesti da dove vi scrivo? Lo faccio quasi sempre da un posto che per me è molto importante e che mi ha fatta letteralmente innamorare di New York: la Public Library. Davvero, quando non avevo nessuna idea di che cosa avrei fatto qui e non avevo chiaro se la città facesse davvero per me o meno, mi è capitato di entrare alla Public Library e lì sono rimasta folgorata. Io che sono sempre inquieta, io che mi sento sempre sradicata, ho sentito, quel giorno, un fortissimo senso di appartenenza e mi sono detta che avrei fatto di tutto per restare perché quello era il mio posto nel mondo, il posto che desideravo, il posto che meritavo.
So per esperienza che, visto da fuori, è un edificio talmente imponente da incutere soggezione. Prima di avere il coraggio di entrare, sono passata lì davanti tantissime volte, passeggiando sulla 5th Avenue o percorrendo la Library walk ovvero il tratto della East 41 Street da cui si intravede la biblioteca, che è costellato da citazioni di scrittori e poeti sulla letteratura. È uno dei pochi casi in cui io che amo camminare a testa in su e a gran velocità, cammino, invece, lenta lenta, fermandomi ogni due secondi e non staccando gli occhi da terra.
Dicevo, ero passata tante volte lì di fronte e pur avendo chiaramente un’idea di cosa avrei trovato dentro, grazie alla ampia rappresentazione cinematografica della biblioteca da Colazione da Tiffany ai Ghostbusters, non mi decidevo mai a entrare. Ero intimidita. Avete presente il film Flashdance? Se la risposta è no, potete tranquillamente abbandonare la lettura, abbiamo ben poco da comunicarci (scherzo, ma fino a un certo punto, scaricatelo! Come fate a stare al mondo senza avere visto Flashdance?!). Per tutti gli altri invece: avete presente quando Alex entra nella scuola di danza super elegante e ricercata per iscriversi e si ritrova in fila con ballerine chic e altezzose che indossano scarpette da favola, mentre lei ha gli anfibi ai piedi? Ecco, io ho sempre avuto intimamente il terrore di entrare alla Public Library e di sentirmi così: inappropriata, non all’altezza, fuori luogo.
Invece, il giorno in cui, finalmente, mi sono decisa a entrare, tutti i miei complessi sono crollati in un attimo. Mi sono sentita immediatamente accolta, al riparo, protetta. Mi ha emozionata l’idea che potessero sentirsi allo stesso modo, ogni giorno, centinaia di persone tanto diverse tra loro che probabilmente non si conosceranno mai e che non hanno nient’altro in comune. Tuttora, non mi stanco mai di osservare le persone che frequentano la biblioteca. Ci sono persone di tutte le età, di tutte le etnie e di ogni appartenenza sociale o religiosa. La Public Library è di tutti. Non serve una tessera per entrare e fermarsi a scrivere e leggere e a consultare i libri e i giornali. Serve solo rispetto. Se ti comporti in maniera civile e rispettosa, la Public Library è per te, per me, per tutti. È come un’ambasciata per i nostalgici, per gli intellettuali, per i lettori, per gli scrittori, per chiunque abbia voglia di fermarsi un attimo e pensare.
In piena Midtown, in mezzo ai grattaceli altissimi e al caos, la Public Library è un’oasi di pace e silenzio in cui trovare wifi, giornali, bagni puliti, riscaldamento, quando fuori si muore di freddo e aria condizionata quando fuori si muore di caldo. Ed è anche uno dei miei posti preferiti in cui comprare regali! Perdonate la deriva I love shopping, ma lo shop della Public Library pur essendo piccolino, è ricco di gadget per gli amanti della lettura e di New York. Ogni volta che torno in Italia faccio incetta di calamite, matite e quaderni con quotes azzeccatissime. Sono i miei regali preferiti ed è un piacere comprare qualcosa lì, perché una piccola percentuale viene devoluta alla conservazione della Library.
La mia sala-rifugio è la Periodical Room ovvero l’emeroteca, in cui sono disponibili quotidiani e giornali in 22 lingue diverse. Io però la maggior parte delle volte non ci vado per leggere i giornali, ma per scrivere. È bellissimo farlo, circondati dai luoghi più significativi di New York dipinti ai muri da Richard Haas. È un modo per sentirsi a New York e fuori New York allo stesso tempo. L’atmosfera d’altri tempi, la luce calda e il silenzio, da una parte, le immagini di Times Square e del Flatiron Building e le grandi finestre che affacciano sul caos di Midtown dall’altra. È un modo per guardare New York da dentro e da fuori e per vederla non solo come è ora, ma anche come è stata immaginata, sognata e testimoniata. Un’altra sala per cui vado matta è la Map Division. Ci sono mappamondi di tutti i tipi, ogni atlante e guida immaginabile e soprattutto il librone del mondo. Ogni volta che ci vado perdo delle ore a sfogliare quel libro, guardando immagini di posti che nemmeno sapevo esistessero. Altroché navigazione su internet: non c’è niente di più bello di avvicinarsi al sapere passando da un libro all’altro.
Insomma, ora sapete dove trovarmi. Anche se devo ammettere che ultimamente sto frequentando anche altre biblioteche. È questo il bello di New York: ci sono quasi 90 biblioteche in giro per la città e molte di quelle che ho visto sono posti meravigliosi che preservano lo spirito dell’istituzione. Ultimamente frequento spesso la biblioteca più vicina a casa mia che è un posto dall’atmosfera a dir poco magica. La Jefferson Market Library è infatti un edificio dal fascino gotico con vetrate colorate che fanno pensare a un luogo di culto che ospita sale spaziosissime in cui ci sono poltrone comodissime in cui si possono passare giornate intere, dimenticandosi completamente del trambusto esterno.
Per sapere qual è la sede della Public Library più vicina a dove vi trovate potete consultare il sito ufficiale in cui troverete anche le letture, le conferenze, i concerti, le proiezioni di film, i corsi per scrivere un curriculum, le lezioni di computer e di inglese e tutte le altre iniziative gratuite.