O Vesuvio lavali col fuoco!
Senti che puzza, scappano anche i cani,
stanno arrivando i napoletani,
o colerosi,
terremotati con il sapone non vi siete mai lavati!
Napoli merda,
Napoli colera,
sei la vergogna dell’Italia intera,
napoletano
sporco africano
stai pur sicuro prima o poi ti accoltelliamo!
VS
Un giorno all’improvviso mi innamorai di te,
il cuore mi batteva, non chiedermi perché.
Di tempo ne è passato e sono ancora qua
e oggi come allora, difendo la città.
E ora trovate le differenze.
Da piccoli, ma anche da grandi, tutti abbiamo preso in mano una Domenica quiz e giocato al “trova le differenze”, quel gioco dove due vignette sono solo apparentemente uguali, ma si distinguono in 10 piccoli e impercettibili particolari. Provate a farlo con i due testi in apertura di questo articolo.
Nel primo c’è il coro “Lavali col fuoco” cantato in quasi tutti gli stadi d’Italia e persino d’Europa, dai non-napoletani; nel secondo c’è, invece, uno dei cori tanto cari alla tifoseria del Napoli. Nel primo c’è l’odio, il razzismo più becero, l’offesa gratuita e vergognosa, l’augurio di morte per mano del Vesuvio o di un coltello. Nel primo c’è l’antisportività per eccellenza, c’è tutto ciò che non è calcio, tutto ciò che è squallido anti-tifo allo stato puro, ciò che il 3 maggio del 2014 ha portato come tragica conseguenza la morte del tifoso del Napoli Ciro Esposito, in trasferta a Roma per la finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina.
Ora mettete da parte tutto questo e soffermatevi sul canto di Napoli, che racconta di una amore nato “un giorno all’improvviso” con il cuore che batteva, senza spiegazione razionale, perché così è l’Amore, per una squadra di calcio, per una città dove il calcio non è mai solo calcio, dove il mito di Maradona si è fuso a quello del Santo Patrono, San Gennaro per dar vita a “Gennarmando”. Nel secondo testo c’è il ricordare un tempo lontano, indefinito, ma ben fermo nella mente di chi non cambia idea, non cambia bandiera e continua a difendere la sua città. È costretto a difenderla la sua città, troppo vittima, ma sempre fiera, a testa alta. Che ai cori beceri delle altrui tifoserie risponde sempre con l’eleganza dei cori d’amore, o al massimo con un “Chi non salta, juventino è”.
A Napoli, il Napoli è vita, anima e cuore e lo sanno bene i giocatori del club azzurro, che a ogni partita cantano con i loro tifosi la canzone dell’amore, al di là del risultato. Lo sa chi a Napoli c’è voluto tornare per restare tra i pali e nel cuore della città, chi a Napoli ha la sua vita, la sua famiglia, capitano amato e mai criticato, anche lui, al di là del risultato. E i tifosi rispondono all’amore con l’amore e difendono sì la città, ma anche i suoi idoli in maglia e calzoncini del colore del cielo e del mare. Idoli che ogni domenica scendono nelle arene di tutta Italia consapevoli di esser grandi uomini dentro e fuori dal campo e forse proprio per questo vittime delle bieche tifoserie che col tifo pulito non hanno nulla a che vedere, davvero.
È accaduto l’ultima volta allo stadio Olimpico di Roma, durante la gara infrasettimanale del 3 febbraio, Lazio-Napoli. Arbitra Massimiliano Irrati che al 65esimo minuto sospende il gioco per 4 minuti: la curva bianco celeste va oltre il solito e inneggia cori razzisti contro il difensore del Napoli Kalidou Koulibaly. Un gesto doveroso quello di Irrati, uomo partita di quel match, un gesto previsto dal regolamento, ma che nessuno applica mai. E allora Napoli si stringe attorno al suo beniamino senegalese e lo dimostra alla sua maniera: allo stadio napoletano San Paolo nella prima sfida casalinga, quella contro il Carpi, un gruppo di tifosi si dà appuntamento con un’immagine di Koulibaly tra le mani e allo stadio di Fuorigrotta per qualche minuto sono davvero “tutti Koulibaly” (#SiamoTuttiKoulibaly è l’hashtag diventato virale sul web e finito addirittura sul sito del Guardian).
A Koulibaly arriva la solidarietà di tutti, grandi, e soprattutto bambini, come i giovani tifosi Luca Giordano e Giovanni Cortese che fanno arrivare il loro abbraccio al campione azzurro attraverso le pagine di un quotidiano a cui affidano la loro: “Caro Campione, ti scriviamo a poche ore da quanto è accaduto allo stadio di Roma, da quei cori razzisti che ti hanno giustamente ferito. Che tristezza”, è l’incipit della missiva, sei forte anche come uomo e lo hai dimostrato all’Olimpico! Sarai sempre il nostro idolo”, la chiosa e in mezzo l’Amore che piccoli tifosi sono capaci di dimostrare e che si portano dentro per sempre.
Perché Napoli ama, sa amare e lo fa ogni domenica allo stadio, da qual giorno all’improvviso. Koulibaly ringrazia i suoi piccoli tifosi e Napoli tutta ringrazia lui e i suoi compagni che regalano gioie e orgoglio dentro e fuori dal campo.