Il 2023 verrà ricordato come un anno drammatico. Il 2024 potrebbe essere anche peggiore. Non solo per le guerre in corso in Ucraina e Gaza o in Africa, ma per quelle nuove che potrebbero esplodere se le grandi potenze si accaniranno alla ricerca di un diverso ordine mondiale e trascureranno i cambiamenti climatici e le masse di migranti.
Le elezioni presidenziali in USA in questo quadro vanno considerate, senza esagerare, un rischio per la democrazia. In caso di vittoria su Joe Biden o su chi sarà lo sfidante democratico, Donald Trump ha già detto che gli basterà “un giorno da dittatore”, per rovesciare la storia e le conquiste di civiltà. E in America ci sono milioni di persone pronte a rivotarlo e a seguirlo. È anche vero che altri milioni di americani hanno paura che questo possa davvero accadere e cercheranno di impedirlo scegliendo un candidato diverso da Trump, sia esso un repubblicano o un democratico.
In quasi 40 anni di osservazione quotidiana dell’America non avevamo mai sentito un linguaggio simile. Non lo ritenevamo neanche possibile. È il linguaggio della vendetta e della violenza, della falsità sulle frodi elettorali del 2020, che non ci sono state ma che Trump continua a diffondere. Anche i rivali nel partito repubblicano hanno paura a confrontarsi direttamente con lui, e hanno ritrattato le dichiarazioni di rabbia e indignazione che hanno fatto dopo l’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021. I suoi sostenitori estremisti invece non hanno paura a presentarsi davanti alle telecamere minacciando una caccia all’uomo anche nei confronti dei giornalisti che lo stanno criticando.
C’è una furiosa battaglia legale in questi giorni sulla sua eleggibilità legata al terzo articolo del 14esimo emendamento della Costituzione che squalifica dalla corsa presidenziale chiunque – avendo giurato fedeltà al dettato costituzionale – abbia poi partecipato o stimolato un’insurrezione. Moti nel Paese pensano che la cosiddetta “insurrection clause” si applichi a Trump per il suo tentativo di impedire il regolare trasferimento del potere a Joe Biden. Trump le elezioni nel 2020 le ha perse, non solo col voto elettorale, che è quello che conta per aggiudicarsi la Casa Bianca, ma anche nel consenso popolare dove ha ottenuto quasi 8 milioni di voti meno di Biden.
Ma questo non sembra contare per una parte dell’America che crede nel complotto contro di lui anche se è stato Trump a cercare di alterare l’esito delle urne con continue denunce di frodi dei rivali. Denunce che sono state tutte smentite da indagini, ricorsi in tribunale e perfino da pareri della Corte Suprema.
Nel 2024 a novembre l’America dovrà scegliere se stare dalla parte della verità o delle fake news, della democrazia o della dittatura. Anche per un giorno solo. Noi non abbiamo dubbi. In tempo di pace e in tempo di guerra siamo per la democrazia. E soprattutto, non ci piace che siano ancora una volta i 9 giudici di parte e a vita della Corte Suprema a decidere per tutti com’è già avvenuto per l’aborto, quando la stragrande maggioranza del paese, non solo delle donne, era contraria a quella scelta che ha spinto la nazione indietro di decenni. Altro che sogno americano. In ballo stavolta c’è anche la Costituzione.