Pastificio Novella, a Sori dal 1903, recita la scritta sul grosso edificio rosato. Per arrivarci bisogna percorrere un piccolo tratto della strada stretta e tortuosa che porta alle frazioni collinari che sovrastano il piccolo paese affacciato sul mare della Liguria.
La fabbrica è curata ma non certo imponente, potrebbe facilmente passare inosservata ai turisti frettolosi che tornano a casa dopo una giornata passata sulla spiaggia. Eppure, proprio quell’edificio senza fronzoli testimonia una delle vicende più affascinanti nella storia dell’industria alimentare italiana. Una storia che potrebbe, tra non molto, portare anche negli Stati Uniti quel pesto straordinario già famoso in tanti negozi e supermercati italiani, quelle trofiette piccoline e delicate o quei gustosi pansoti profumati di erbe liguri da condire con la salsa di noci.
Sori, 4000 abitanti, è una delle perle del Golfo Paradiso, insieme alle più conosciute Camogli, Recco o Bogliasco. Alle sue spalle c’è una natura impervia, fatta di colline scoscese e difficile da domare, ma che ha sempre regalato ai suoi abitanti, insieme a un’incredibile vista del mare, dei sapori ineguagliabili. Proprio in questo paese, all’inizio del secolo scorso, Rachele Novella aveva acquistato un piccolo pastificio insieme al marito Giacomo Bozzo, appena tornato in Liguria dopo una breve immigrazione in Argentina.

Anche a Sori, come a Recco o a Camogli, la produzione della pasta secca era frequente, grazie al grano che i contadini coltivavano con fatica nelle fasce collinari. I cosidetti ”vermicelli” si producevano in un piccolo laboratorio con l’aiuto dei cavalli da tiro, si seccavano naturalmente e si vendevano nel negozio sottostante, che ancora esiste, e dove oggi turisti e soresi acquistano ogni giorno le specialità locali. L’attività era poi continuata dopo la morte di Bozzo, ucciso durante un bombardamento nella Seconda Guerra Mondiale, quando a Rachele si era affiancato il fratello Natale, un ex carabiniere che aveva lasciato il suo lavoro per aiutarla.
Adesso, da quell’edificio poco lontano dalla sede originale partono ogni giorno decine di camion, che portano ai negozi e ai supermercati di gran parte dell’Italia tutta una serie di prodotti diversificati dai ravioli alle lasagne al pesto, dai gnocchetti di patate alle salse per condirli. E in prima fila ci sono le trofie, quella sottile e raffinata pasta fresca arrotolata che fino a pochi decenni fa solo le donne locali sapevano fare grazie a una tradizione centenaria e che nessuno, neppure nella vicina Genova, conosceva.
In fabbrica entrano e escono ogni giorno circa cento dipendenti, in gran parte soresi o provenienti dai comuni limitrofi. E a controllare la produzione vi sono ogni giorno i discendenti di Rachele e Natale, ormai arrivati alla quarta generazione. La proprietà è tutt’ora strettamente familiare, grazie a una società in accomandita semplice.

”Siamo e continuiamo a essere locali – racconta il responsabile delle vendite Paolo Bellantuoni – È una questione di qualità della vita, il legame tra il Pastificio e chi vi lavora crea innegabili vantaggi, sia per chi lavora che per l’azienda”. La strada per arrivare dalla pasta secca prodotta con l’aiuto dei cavalli e venduta nel negozietto sotto casa alla sofisticata produzione odierna, ovviamente, è stata lunga. La vera svolta, però, è arrivata nel secondo dopoguerra, quando i turisti hanno cominciato ad arrivare nei paesi del Golfo Paradiso e ad apprezzare quelle gustose trofie che nessuno conosceva.
”A cavallo degli anni ’50, negli anni del boom economico, la gente aveva cominciato a muoversi e a scoprire, nelle trattorie locali, le delizie della nostra gastronomia”, racconta Bellantoni. Per far fronte all’aumento della richiesta di pasta fresca, così, il pastificio aveva abbandonato la produzione di pasta secca e cominciato a sfruttare le incredibli capacita’ che donne locali avevano coltivato per generazioni. Il segreto era di consegnare loro ogni giorno la farina necessaria per produrre a mano le trofie, che poi venivano ritirate dall’azienda per la distribuzione immediata nei negozi di Genova e dintorni.
Il secondo passo, fondamentale, lo aveva poi fatto Bacci Cavassa, marito di Giuseppina Novella, mancata all’inizio di settembre a 91 anni. Bacci, appassionato di meccanica, si era messo a studiare da solo nei momenti liberi la possibilità di costruire una macchina per la produzione delle trofie. Il macchinario, realizzato poi con l’aiuto di due amici soresi all’inizio degli anni ’70 e migliorato nel corso degli anni, è ancora oggi in funzione, protetto con molta cura dai tanti occhi curiosi che vorrebbero imitarlo. “L’abbiamo brevettato e teniano gli schemi e i progetti per costruirlo al sicuro”, scherza Bellantuoni. Perfino al cronista si fanno visitare tutti gli affascinanti reparti di produzione, ma non la sala che contiene la preziosa macchina.
Con l’aiuto del genio di Bacci, così, non è più stato difficile accontentare una richiesta sempre crescente e la piccole azienda familiare è diventata grossa. Il segreto del successo, per una ditta che offre oggi trenta formati di pasta fresca, quattro tipologie di salse, a cominciare dal pesto e la salsa di noci, e diversi prodotti cucinati come le lasagne al pesto e le focaccette al formaggio, è però soprattutto un altro. I prodotti che il pastificio impiega, infatti, sono tutti freschi e nei limiti del possibile locali, a partire dal basilico ligure Dop. Additivi e conservanti non vengono mai utilizzati. Tutti i prodotti vengono realizzati e confezionati in giornata, calcolando le necessità secondo un complesso sistema che prende in considerazione la richiesta prevista in base al calendario e alle condizioni climatiche, e poi distribuito ai rivenditori entro 24 ore. Nelle piccole coppette del pesto, compaiono, oltre alla data di scadenza, anche quella di confezionamento.

Per non perdere i sapori locali, l’azienda ha perfino acquistato recentemente un vecchio mulino ormai dismesso, che risale, sembra, ai tempi dei Longobardi e utilizza sistemi di macinazione diversi da quelli più recenti. Grazie alle sue pale, Novella fa ora arrivare sul mercato le trofie e le trenette ”avvantaggiate”, prodotte col suo grano del tutto particolare. E l’azienda ha promesso di provvedere, con i ricavati delle vendite, al restauro e alla manutenzione del Mulino. ”Diciamo che è un’idea romantica più che economica”, osserva Paolo Bellantuoni.
Adesso, anche se il responsabile delle vendite preferisce essere cauto sull’argomento, è sicuramente venuto il momento di fare un altro passo per far arrivare le delizie di un piccolo paese del Golfo Paradiso in tutto il mondo. Se il prodotto freschissimo da far consegnare in giornata sui banchi dei supermercati non è adatto, le aperture potranno venire dal surgelamento. La nuova iniziativa è il Laboratorio del Pesto, recentemente organizzato in quella che era una fatiscente fabbrica di sapone e che prevede anche gli impianti di surgelamento. Ovviamente sempre a Sori.
”L’importante”, spiega Bellantuoni, “è che i consumatori imparino a scongelare il nostro pesto in modo da non perdere il suo delicato sapore. Per carità, va mai messo nel forno a microonde o in padella!”.
L’importante, insomma, è andare avanti anche se il momento non è facile. ”Attraversiamo un periodo strano, che non riusciamo a definire. Tutti i costi sono in aumento, ma i clienti, per ora, non ci hanno penalizzato e non vogliamo avere paura”, dice Bellantuoni.
Il segreto, lascia capire, è rimanere ancorati al territorio e ai suoi sapori, come faceva Rachele Novella 119 anni fa. Per arrivare, magari, molto lontano.