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L’editore Nigel Newton e la scommessa della pietra filosofale

Intervista all'editore del primo libro della saga di Harry Potter che ha partecipato al festival "È Storia" di Gorizia

Elisabetta de DominisbyElisabetta de Dominis
L’editore Nigel Newton e la scommessa della pietra filosofale

Il fondatore di Bloomsbury Nigel Newton con la moglie Joanna a Gorizia

Time: 3 mins read

La piccola città di Gorizia, dove abito, il weekend scorso è stata crocevia di culture, ospitando il festival E’ Storia. Me ne andavo in bicicletta tra i gazebi dei librai quando ho notato un signore alto in un elegante abito di lino crema che veniva intervistato e rispondeva in inglese. Ho frenato e mi sono messa ad ascoltare. Dietro di lui c’era Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, che alzava il mento quasi cercasse di non sembrare troppo piccolo e non venir notato. Ma l’intervistato, altezza a parte, era, è un gigante. Eppure Travaglio non si è degnato di ascoltare il fondatore e ad della casa editrice Bloomsbury, Nigel Newton, o forse fa parte di quegli italiani che riescono a dire due parole in inglese ma lo non capiscono. La Bloomsbury pubblica circa 2300 titolo l’anno ed è diventata una grande casa editrice perché ha avuto il coraggio di pubblicare un libro che già 12 case editrici avevano rifiutato: Harry Potter.

“Ringrazio ogni giorno Dio per non aver rifiutato quella volta” mi ha confessato poi Newton. Quella volta era vent’anni fa. Nigel Newton tornò a casa e chiese alla figlia Alice, anni 8, di leggere un paio di capitoli del manoscritto Harry Potter e la pietra filosofale, perché “noi non facciamo libri che piacciono a mamma e papà ma a bambini. In verità, all’inizio la Bloomsbury non pubblicava libri per bambini, ma un giorno un editor mi disse: “Se non avete una collana per l’infanzia, siete una casa editrice senz’anima”. Questo, pensai, proprio non l’avrei voluto”.

Un dibattito del festival “È Storia”, a Gorizia, che ha visto Nigel Newton protagonista

Dall’espressione severa sul volto di Newton, ho immediatamente capito che i bambini lui li ha presi seriamente, come fossero degli adulti.  L’anima nasce con il bambino e non si può ignorarla, soprattutto nel business dei libri, che dovrebbero parlare all’anima. I libri non sono un passatempo, ma dei compagni di vita, che spesso ti portano dove non ti saresti aspettato di arrivare. Offrono rifugio, consiglio, indicano la via. Sono i genitori che hai sognato e non hai avuto, sono conforto e mai coercizione. Sono la magia del tempo che si dissolve in un presente dove puoi essere giovane e vecchio, ricco o povero, eroe o perdente ma sempre protagonista. Perché tu sei quello che stai leggendo. Alice sentì di essere Harry Potter e scrisse di getto il suo parere al padre: “The excitement in this book made me fell warm inside. I think it is possibly one of the best books our 8/9 years old could read”. La scrittrice J.K. Rowling aveva fatto la magia: aveva fatto percepire ad Alice il calore della propria anima. La magia in più è che Harry Potter è un bambino mago che pure cresce come i suoi lettori. E la sua storia dura per tutta la loro vita.

Sino ad oggi  sono state vendute 450 milioni di copie di Harry Potter in 79 lingue, perfino in latino e greco antico, la Bloomsbury è divenuta una public company e Alice ha preso un’altra strada lavorativa, ma avendo appreso da piccola che la vita è libro non può più fare a meno di leggere. Anche suo padre legge sempre e velocemente, ci dice: “La letteratura fiction è la mia preferita, forse perché è un linguaggio universale. Sto leggendo una novella originale e meravigliosa Lincoln in the Bardo di George Sander, che ti fa guardare la vita dalla morte, come noi abitassimo nel purgatorio. Mi è piaciuta molto anche Norse Mitology di Neil Gaiman, una raccolta di miti e leggende norvegesi, che a febbraio è stata al primo posto nella classifica dei libri più venduti. Ma voglio suggerire un libro che fa cambiare il proprio sguardo nel mondo: The silk roads, scritto dallo storico oxfordiano Peter Frankopan, che narra i rapporti tra Cina e Russia attraverso i secoli ed ha già venduto 600 mila copie”.

E la ricetta del successo di un editore? “Conta moltissimo la fortuna, ma non disgiunta da istinto e talento. Inoltre, pubblicando in inglese, sorta di lingua franca, siamo avvantaggiati: abbiamo un vasto mercato e non abbiamo quasi mai bisogno di tradurre. Il momento per l’editoria è ottimo: c’è tanta voglia di carta. Il libro è sopravvissuto alla rivoluzione digitale e non soffre la crisi come i giornali, perché è un mezzo che tecnologicamente ha dei vantaggi superiori. Come la bicicletta”. Vero, puoi entrare anche nelle zone pedonali e conoscere un grande editore, come Nigel Newton. Basta saper pedalare e voler leggere.

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Elisabetta de Dominis

Elisabetta de Dominis

Detesto confondere la mia vita con un curriculum. Ho ballato e sognavo di nuotare, ho nuotato e sognavo di cavalcare, ho cavalcato, studiato, mi sono laureata mentre facevo la stilista e sognavo di fare la giornalista, ho collaborato con una ventina di testate nazionali, diretto una rivista, ho fatto l’esperta di quasi tutto, dal food al fashion al sex, ho viaggiato e sempre volevo essere da un’altra parte, libera di inseguire l’ultimo sogno.

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