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April 4, 2017
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Italia, trendsetter globale

Sinonimo di buon cibo, moda e del vivere bene, il Belpaese è un punto di riferimento culturale

Riccardo GiumellibyRiccardo Giumelli
italy trendsetter
Time: 5 mins read

L’Italia è su, l’Italia è giù. La vedo sfrecciare con disinvoltura ai piani alti e poi bassi di tante classifiche. L’italia è prima, il paese più sano al mondo, secondo la classifica di Bloomberg Global health Index. Niente di nuovo sotto il sole. Ne avevamo già scritto appena un anno fa, descrivendo la posizione in vetta.

Recentemente un’altra classifica vede l’Italia in una posizione più scomoda. È quella presentata nell’annuale incontro a Davos, da parte del World Economic Forum. La ricerca Inclusive Growth and Development Report ha definito i 30 paesi del mondo più ricchi secondo un indice di crescita e sviluppo inclusivo. L’Italia è in fondo, al 27° posto. E ancora si dirà, niente di nuovo sotto il sole.

Altra recente classifica sui paesi più felici al mondo, definita dal World Happiness Report 2017, pubblicato dalla Sustainable Development Solutions Network, vede la Norvegia al primo posto, mentre l’Italia è distanziata di ben quarantasette posizioni, superata da Nicaragua, Ecuador, El Salvador, Polonia e Uzbekistan. Un bel colpo per il nostro immaginario sociale.  Quale il metro generale di giudizio? Lo descrive Jeffrey Sachs, direttore dell’SDSN e consigliere speciale del segretario generale ONU: ”I paesi felici sono quelli che hanno un sano equilibrio tra prosperità, come convenzionalmente misurata, e il capitale sociale, il che significa un alto grado di fiducia nella società, bassa disuguaglianza e fiducia nel governo”. Questo dovrebbe permetterci di chiarire già tutto.

E anche per le città con la migliore qualità di vita non eccelliamo: Milano è la prima delle italiane al 41° posto, Roma è invece al 57° posto. Da otto anni incrollabile troneggia Vienna seguita da Zurigo e Auckland.

Non andiamo meglio nella classifica dell’indice di percezione della corruzione 2016 elaborata da Transparency International. In cima alla classifica la Danimarca, mentre se guardiamo all’Italia e restringiamo il campo ai Paesi dell’Unione europea, l’Italia risulta tra i tre Paesi “più corrotti” assieme alla Grecia e alla Bulgaria. Invece fra tutti i 176 paesi analizzati l’Italia si colloca al 60° posto, mostrando anche qualche miglioramento rispetto all’anno precedente, quando eravamo il paese più corrotto d’Europa. Per capire meglio dobbiamo vedere chi c’è prima di noi e come questo va a colpire il nostro immaginario sociale. E chi lo direbbe mai che proprio un gradino sopra c’è la Romania?  E poi c’è anche la Croazia, il Ruanda o il Botswana. Roba da far ridere per non piangere.

Ma noi non disperiamo perché siamo abituati al fatto che prima o poi sorprenderemo e ci sorprenderemo. E allora eccola qua la sorpresa. Proprio di questi giorni. Si tratta della classifica US News Best Countries, elaborata in collaborazione con la società di global marketing e comunicazione  Y&R’s, BAV Consulting, e la Wharton School of the University of Pennsylvania. Un’indagine alla quale, a mio avviso, è necessario dare peso visto l’attento lavoro svolto. Il campione, 21.000 persone, è stato scelto accuratamente da tutte le parti del mondo. Sono state scelte 65 proprietà, o meglio qualifiche, per definire 80 paesi. Le persone selezionate dovevano, secondo la loro percezione, associare tali qualifiche ai paesi. Ogni paese ha ottenuto in questo modo un punteggio che ha determinato una classifica generale, quella di Best Countries e poi di nove sotto categorie così nominate: Avventura (Adventure), Cittadinanza (Citizenship), Influenza Culturale (Cultural influence), Imprenditorialità (Entrepreneurship), Patrimonio culturale (Heritage), Capacità di crescita economica (Movers), Capacità di attirare investimenti (Open for business), Potere (Power) e, infine, Qualità della vita (Quality of life).

Bene, se guardiamo all’Italia cosa notiamo? Innanzitutto che si trova al sedicesimo posto tra i Best Countries. Un posto assolutamente non disdicevole. Al primo invece troviamo la Svizzera, poi il Canada e dopo il Regno Unito. Ma se andiamo nelle sottocategorie non possiamo non rimanere colpiti. Parlo innanzitutto di quella che qui più ci interessa, in quanto chi scrive è sociologo della cultura, cioè l’influenza culturale. Ebbene l’Italia è assolutamente al primo posto, seguita da Francia e Stati Uniti. Per capire meglio questa influenza culturale riportiamo come viene definita: “I paesi che definiscono l’influenza culturale sono spesso sinonimo di buon cibo, moda e del vivere bene. Sono i trendsetter – equivalente del paese più cool, del fratello più grande. I loro prodotti hanno quel certo ‘non so che’ che li fa volare via più velocemente dagli scaffali. La loro musica, televisione e film sono assorbiti da altre culture, diventando parte di una conversazione globale più ampia”. L’Italia, quindi, come il più grande paese trendsetter.  Non solo ma l’Italia svetta anche nel patrimonio culturale prima di Spagna e Grecia. Si tratta di quei “paesi che hanno creato way of life distintive, dove il valore del passato è apprezzato dalla gente tanto quanto la capacità di guardare al futuro. Un soffio di spezie da cucina, le note di una melodia romantica e tracce di altre tradizioni culturali in grado di trasportare immediatamente un individuo in tutto il mondo. Resti di guerre e realizzazioni storiche di un paese […] che definisce i valori e il fascino per altri in tutto il mondo. In questo modo, il passato di un paese continua a definire il suo presente e il futuro.”

È leggendo tutto questo, nella percezione di tante persone in giro per il mondo, che mi convinco sempre di più di un forza culturale italica straordinaria, che come si è appena detto nel virgolettato è in grado di definire i valori e il fascino per altri in tutto il mondo. Noi italiani, così troppo spesso presi dai fatti nostri, dovremmo imparare a guardare meglio quanto accade fuori, perché ne sono certo, un giorno, e molti stanno iniziando  a comprenderlo, quella riserva di italici nel mondo sarà una risorsa irrinunciabile e straordinaria  per gli italiani stessi.  

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Riccardo Giumelli

Riccardo Giumelli

Un aforisma che più di altri mi rappresenta è quanto scrisse Machiavelli, citando Boccaccio: “che gli è meglio fare e pentirsi, che non fare e pentirsi”. Come loro sono toscano, animo inquieto in cerca di porti per approdare e ripartire. Dopo gli studi in Scienze politiche, ho iniziato ad amare i libri, fare ricerca e scrivere, al punto da rimanere nell’Università, prima Firenze poi Trento. A Dijon e poi a Parigi, ho lavorato alla Camera di Commercio italiana e all’OCSE. Tornato in Italia, sono approdato a Verona, dove faccio ricerca e insegno. Intanto un matrimonio e due splendide gemelline. Mi occupo di sociologia, cultura e comunicazione. Tra tanti nuovi inizi e altrettanti epiloghi, una costante: ho sempre tifato Inter. Infatti soffro di stomaco.

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