L’avevamo segnalata a inizio anno tra i 10 nomi da New York da tenere d’occhio in questo 2016 e Kelsey Lu non ha deluso le attese con un EP, Church, uscito in estate per True Panther (stessa label di Abra che abbiamo incontrato nella nostra ultima puntata della rubrica)
Kelsey McJunkins, vero nome della cantautrice, nasce nel 1989, a Charlotte in North Carolina e cresce in una famiglia di testimoni di Geova che tengono sotto stretto monitoraggio i suoi interessi artistici e musicali. Come per tante sue colleghe più o meno illustri della sua generazione, la chiesa del quartiere è il punto di riferimento per coltivare il proprio talento musicale. Tuttavia, Kelsey riesce ben presto a emanciparsi, scoprendo tutti quei classici che tuttora indica sulle sue pagine ufficiali come influenze fondamentali: Prokofiev, Rachmaninoff, Mozart, Etta James, Billie Holiday, Nina Simone, Thelonious Monk, Led Zeppelin, Janis Joplin, Paul Simon, ma anche, in altri ambiti Dalì, Man Ray e Picasso.
I genitori assecondano i suoi desideri e le consentono di iscriversi dopo le superiori alla rinomata North Carolina School for the Arts. Qui il suo talento può mettersi subito in mostra, soprattutto al violoncello che è lo strumento che tuttora la accompagna dal vivo.
Kelsey è sempre molto affascinata dal mito di New York, anche perché fin da piccola segue i suoi nei “pellegrinaggi” al Bethel, il quartier generale della comunità geova. Il sogno dei genitori sarebbe quello di vederla parte integrante della Bethel Orchestra. Così dopo appena un anno di università, quando, grazie ad amicizie e conoscenze, decide di trasferirvisi, non incontra molte resistenze. Inizialmente frequenta la Grande Mela come parte del circuito del progetto hip hop Nappy Roots con cui collabora e suona dal vivo in giro per gli States. Dopo aver messo da parte un po’ di soldi decide finalmente di stabilirsi a Flatbush, Brooklyn, dove perfeziona lo studio dello strumento a livello di loop, sample e sperimentazioni delle più disparate.
Non ancora nota al grande pubblico, riesce a farsi strada nei circuiti che contano. Finisce ad aprire per alcune date di Florence + The Machine, è ospitata nel disco d’esordio di Kelela, in Don’t You dei Wet e poi ancora nell’ultimo acclamatissimo disco di Blood Orange.
La sua attitudine è molto libera e aperta, sia a livello di collaborazioni che di relazioni sentimentali con uomini e donne. L’unico legame indissolubile resta quello con il violoncello, protagonista insieme alla sua voce dell’atteso EP d’esordio.
Church, come si potrebbe intuire dal titolo, è stato registrato proprio all’interno di una chiesa di Greenpoint, ed è stato prodotto al fianco di uno dei guru del sound di Brooklyn, Patrick Wimberly dei Chairlift. Il disco è composto da sei tracce, semplici, minimali e raffinate, pacate ma mai prive di mistero e tensione, dove la voce e il violoncello incantano e rapiscono l’ascoltatore tra loop, riverberi e pochissime altre aggiunte.
A Kelsey Lu è bastato un EP per andare dritta al cuore della musica tradizionale, con gusto contemporaneo. Per tornare ai canti della chiesa, è ancora presto.