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September 22, 2016
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Nazioni Unite e rifugiati: una questione molto italiana

Grandi, Gentiloni e Mogherini, tre italiani discutono all'ONU le crisi migratorie

Laura LoguerciobyLaura Loguercio
Rifugiati UNGA

L'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente dell'Unione Europea Federica Mogherini all'ONU. UN Photo/Rick Bajornas

Time: 4 mins read

Nell’insieme di eventi organizzati al Palazzo di Vetro in occasione della settantunesima edizione dell’Assemblea Generale, il 21 settembre ha avuto luogo il meeting Large movements of refugees and migrants: global challenge, regional responses, comprehensive strategy organizzato dalla Missione italiana all’ONU in collaborazione con Etiopia, Giordania, Libano, Niger e Paesi Bassi.

Alla tavola rotonda i discorsi di una lunga lista di ospiti: il nostro ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il presidente del Consiglio libanese Tammam Salam, il vice primo Ministro e ministro degli Esteri della Giordania Nasser Judeh, L’Alto Commissario per i Rifugiati Filippo Grandi, il direttore dell’Organizzazione Internazionale per i Migranti (IOM) Lacy Swing, la vice presidente dell’Unione Europea Federica Mogherini, il rappresentate etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, il ministro degli Esteri olandese Bert Koenders, il ministro dell’Interno per la Nigeria Abdulrahman Bello Dambazu e il ministro della Popolazione e delle Riforme Sociali nigeriano Kaffa Rakietou Christelle Jackou.

Ad aprire la conferenza è stato Gentiloni, con un discorso incentrato sulla necessità di condividere le responsabilità che riguardano la gestione dei migranti e dei rifugiati: “I flussi migratori potrebbero trasformarsi in uno strumento fondamentale, se solo fossimo in grado di gestirli e sfruttarli correttamente” ha affermato il ministro, elencando poi gli obiettivi condivisi dalla comunità internazionale nei confronti di rifugiati e migranti: “Continuare a salvare vite nel Mediterraneo; lottare contro i trafficanti illegali di esseri umani che usufruiscono della disperazione delle persone per i loro profitti personali; investire nuove risorse e offrire supporto a livello regionale ai paesi che stanno soffrendo maggiormente a causa del problema migratorio”.

Il primo ministro libanese Salam ha poi fatto notare: “Si è parlato molto della situazione di rifugiati e migranti, ma non si spende mai abbastanza tempo per considerare quella dei paesi che si fanno carico di ospitare questi milioni di persone. Questi territori potrebbero essere parte della soluzione ma, allo stesso tempo, possono rappresentare un problema se le loro necessità vengono ignorate”. Salam ha proseguito puntando l’accento sul fatto che “la chiave per una corretta gestione dei flussi migratori non sono gli aiuti umanitari offerti a chi si trova in condizioni tragiche, ma quelli destinati invece a favorire lo sviluppo e la creazione di nuovi posti di lavoro. La comunità internazionale e il settore privato devono offrire al Libano nuovi finanziamenti”.

La parola è quindi passata al giordano Judeh, che ha innanzitutto ricordato come il suo paese ospiti al momento all’incirca 1.5 milioni di persone tra rifugiati e migranti. “Questo è un problema globale, non soltanto dal punto di vista pratico ma anche morale”. Egli ha dichiarato: “Se vogliamo vedere il problema delle migrazioni come una gara basata su chi raggiunge le cifre più alte, sarei felice di perdere”. Judeh poi ha fatto notare che oggi i rifugiati si fermano nei cosiddetti “paesi di transito” molto più che in passato e “dovrebbero avere la possibilità di tornare nella loro patria in sicurezza e con dignità”.

RifugiatiUNGA
Nella foto d’archivio, da sinistra, il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni e il suo omologo olandese Albert Koenders. UN Photo/JC McIlwaine

Il primo Ministro Koenders ha quindi sottolineato come l’Olanda miri oggi a favorire la crescita e lo sviluppo nei paesi che più soffrono a causa delle migrazioni, dichiarando: “Stiamo lavorando per esportare conoscenze e investire nel potenziale dei rifugiati e dei paesi ospitanti”.

Intervento di spicco è stato anche quello dell’Alto Commissario ONU per i Rifugiati Filippo Grandi, che ha messo ben in chiaro la necessità di distinguere tra lo status di rifugiato e quello di migrante: “La distinzione esiste ed è molto importante. È ovviamente importante collaborare con i nostri colleghi dell’IOM per trattare i punti in comune come l’esposizione ai pericoli rappresentati dai traffici illegali e la perdita di vite, ma bisogna anche ricordare che i rifugiati non possono tornare in patria proprio perchè fuggono da persecuzioni e torture. Hanno bisogno di attenzioni particolari” ha dichiarato, aggiungendo che “i meccanismi per assicurare loro protezione esistono e funzionano, ma abbiamo bisogno di più risorse”.

A seguire ha preso la parola Lacy Swing, direttore dell’Organizzazione Internazionale per i Migranti (che proprio lo scorso lunedì è entrata a far parte della grande famiglia di organizzazioni sotto l’egida ONU). Swing si è concentrato soprattutto sull’importanza di migliorare le reti di raccolta e analisi delle informazioni, in modo da capire quali siano le cause che spingono le persone a partire, e di imparare a convivere con la diversità perchè “ci troviamo in un mondo che diventerà sempre più multietnico”.

L’intervento di chiusura del dibattito è stato quello di Federica Mogherini. In quanto rappresentate dell’Unione Europea e Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Mogherini ha affermato: “Due anni fa il problema dei flussi migratori era una questione di secondo piano che interessava soltanto i paesi direttamente coinvolti. Oggi invece, è diventata una tematica globale ed è fondamentale che ognuna faccia la sua parte. Ora l’Unione ha finalmente iniziato a lavorare in modo corretto grazie anche alle collaborazioni con UNHCR e IOM e le partnerships avviate con il settore civile e privato. Queste sono cose che solo 28 Stati, insieme, possono fare, perchè in questo momento, o vinciamo insieme o perdiamo insieme”. Mogherini ha poi annunciato un nuovo investimento, approvato a New York nel corso della settimana, che mobiliterà 50 miliardi di dollari (circa 44 miliardi di euro) in fondi per i paesi dove risulta più difficile investire ma che ne hanno la maggiore necessità perchè, ha fatto notare, “anche se può sembrare poco nobile, abbiamo bisogno di risorse. Di soldi”. La Rappresentante ha ricordato che al momento l’Europa è la prima sostenitrice economica della crisi siriana e ha in progetto di continuare a investire in questo senso. “Quando c’è sviluppo c’è sicurezza — ha affermato Mogherini — e quando gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile entreranno pienamente in attività i problemi si risolveranno”.

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Laura Loguercio

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