Sabato 6 agosto l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il conflitto in Yemen Ismail Ould Cheikh Ahmed ha annunciato che i negoziati di pace iniziati lo scorso aprile sono entrati in una fase di stallo della durata prevista di un mese, in seguito all’abbandono delle trattative da parte dei rappresentanti del governo yemenita avvenuto il 2 agosto scorso.
In negoziati, che da tre mesi si svolgono in Kuwait, vedono la partecipazione della delegazione governativa, appoggiata dall’Arabia Saudita, e di quella dei ribelli sciiti houthi rappresentati da Ansar Allah. Questi, che dal 2014 controllano la capitale Sanaa, godono dell’appoggio dell’ex presidente ‘Ali ‘Abd Allah Saleh.
Il governo del paese ha abbandonato i dialoghi a causa del rifiuto da parte della coalizione dei ribelli delle proposte avanzate dal Palazzo di Vetro, che prevedevano il ritiro delle milizie houthi dalla capitale e dalle due principali città del paese e la restituzione delle istituzioni occupate. Gli houthi, invece, premono per la formazione di un governo di unità nazionale e per la nomina di un presidente che goda dell’approvazione di entrambe le parti in modo da poter guidare appropriatamente la delicata transizione politica.
Ahmed ha così commentato l’interruzione delle trattative: “Oggi lasciamo il Kuwait ma i negoziati di pace per lo Yemen continuano. La struttura e il meccanismo cambieranno durante le prossime settimane, in modo lasciare tempo ai partiti per consultarsi con i rispettivi leader”.
L’inviato ONU ha poi precisato che il problema principale dell’ultima tornata di discussioni è stato la mancanza di fiducia tra le due parti in scontro che non sembrano affatto intenzionate a trovare una soluzione di compromesso. “Dobbiamo continuare a trattare con i partiti in modo che essi possano iniziare a costruire una fiducia reciproca e non adottino misure unilaterali” ha affermato Ahmed, sottolineando anche le forti difficoltà economiche alle quali il paese va incontro e che causano ripercussioni immediate sulla popolazione: “La situazione economica in Yemen sta sperimentando un forte declino e gli indicatori al momento rivelano dati sconcertanti, se non pericolosi. Questa situazione è una conseguenza diretta della guerra che è in atto, non ci sarà alcun miglioramento dal punto di vista economico senza una propria e duratura soluzione al conflitto politico”.
Non tutti sono però d’accordo riguardo allo stop dei negoziati di pace. Mentre l’ONU ha definito il blocco come una pausa che permetterà al dialogo di “entrare in nuova fase” e ha precisato che i negoziati non sono ancora conclusi, molti hanno invece letto la loro interruzione come sinonimo di fallimento. Abdullah al-Olaimi, direttore generale aggiunto dell’ufficio del presidente yemenita e membro della delegazione governativa ai dialoghi di pace in Kuwait, ha infatti così affermato in un suo tweet: “Le negoziazioni sono totalmente terminate. Abbiamo partecipato e portato pazienza per il bene dei nostri cittadini e ora, per lo stesso motivo, dobbiamo chiuderle”.
In seguito alla chiusura delle trattative di pace sono stati registrati atti di violenza lungo il confine tra Yemen e Arabia Saudita, territorio da cui il governo yemenita si era ritirato con la speranza di facilitare l’implementazione degli accordi. Sabato 7 agosto Ahmed al-Asseri, portavoce per la coalizione araba, ha infatti accusato le milizie houthi di aver portato avanti una serie di operazioni militari causando anche la morte di una guardia saudita. “I ribelli cercano di avanzare via terra per compensare la perdita di potere dal punto di vista politico” ha affermato al-Asseri.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha dichiarato di essere “particolarmente preoccupato” per quanto riguarda la situazione dei bambini nel paese, dato che secondo l’ultimo report l’Arabia Saudita sarebbe responsabile del 60% dei 785 bambini yemeniti morti durante l’ultimo anno a causa dei conflitti. Julien Harneis, Rappresentante UNICEF in Yemen, ha dichiarato che quattro bambini sono morti e 3 sono stati feriti il 7 agosto durante i combattimenti che hanno avuto luogo nel distretto di Nihm, a est della capitale Sanaa, aggiungendo: “L’UNICEF condanna queste violenze e invita i partiti ad evitare le infrastrutture civili. I bambini stanno pagando il prezzo più altro per il conflitto in Yemen”.
Giovedì 28 luglio, inoltre, le Nazioni Unite avevano fortemente condannato l’accordo firmato tra il General Peoples’ Congress Party (GPC), controllato dall’ex presidente Saleh, e il leader dei ribelli houthi Ansar Allah volto alla formazione di un governo composto da 10 membri, cinque per ognuna delle due parti. Durante la conferenza stampa di giovedì il viceportavoce del Segretario Generale Farahan Haq ha infatti affermato: “Siamo a conoscenza del piano firmato che mira a creare un Consiglio Politico con poteri legislativi e esecutivi in campo politico, militare, economico, amministrativo e sociale. Questo non rispetta gli impegni sottoscritti da Ansar Allah e dal GPC nel quadro dei negoziati di pace mediati dalle Nazioni Unite. L’annuncio della creazione di un governo unilaterale non si allinea con le nostre richieste e mette in pericolo lo sviluppo delle trattative e i progressi fatti fino ad ora, rappresentando allo stesso tempo una chiara violazione della Costituzione yemenita”. Haq ha anche fatto riferimento alla Risoluzione 2216 del Consiglio di Sicurezza che sancisce chiaramente che tutti i partiti devono astenersi dal compiere azioni unilaterali che possano in qualche modo danneggiare la transizione politica nel paese e proibisce ai ribelli houthi di portare a termine qualsiasi tipo di azione che rientri esclusivamente nei poteri del governo yemenita.
Il conflitto in Yemen prosegue ormai da oltre 17 mesi e ha causato, secondo dati che risalgono ad aprile, 6400 vittime e più di 30.500 feriti, costringendo 2.8milioni di persone a fuggire dalle loro case. Vedremo se l’ONU riuscirà effettivamente a riaprire i negoziati di pace e a trovare una soluzione accettata da entrambe le parti.