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May 22, 2016
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Tutti hanno bisogno di un tuttofare

Pierluigi, l'uomo che ci salva dagli impicci. Sempre lì nel momento del bisogno, sa quello che fa

Gabrielle ShubertbyGabrielle Shubert
tuttofare
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Sembra che ogni paesino italiano abbia il suo tuttofare, ovvero l’uomo munito di terna, trattore, motoseghe e altri macchinari di grandi dimensioni che la maggior parte degli uomini desidera. Una figura indispensabile, soprattutto in caso di emergenza, ma anche nella vita quotidiana del paese. Perché a quanto pare gli italiani non si preoccupano di rimodellare le loro terre o di trasformare tradizioni antiquate per adattarsi ai tempi moderni  ̶  mettendo le tubature laddove non ci sono, terrazzando giardini su colline a picco, costruendo una piscina sulle pendici di una scogliera…

La prima volta che abbiamo incontrato Pierluigi, stava lavorando nell’agriturismo dove alloggiavamo, quando avevamo appena scoperto la nostra città. È un uomo slanciato con i capelli lunghi, castani come i suoi occhi, un viso che porta i segni degli elementi e una sigaretta onnipresente che gli penzola dalla bocca. L’agriturismo aveva bisogno di nuove tubature per la fossa settica e Pierluigi se ne stava appunto occupando, infrangendo qualsiasi norma OSHA mai stabilita per tenere gli operai al riparo da eventuali danni fisici. Indossava una sottile maglietta bianca, infradito, fumava continuamente mentre lavorava con attrezzature pesanti e, non appena in pausa, offrì a Jesse un sorso dalla bottiglia di birra da un litro. Tuttavia, quello era il canale meglio fatto che avessi mai visto, con lati perfettamente paralleli, esattamente equidistanti l’uno dall’altro, tracciando una perfetta linea retta dal punto di partenza a quello di arrivo. Ne rimanemmo piacevolmente colpiti.

Quando diventammo proprietari dell’immobile ed tornammo a Brooklyn, Pierluigi iniziò i lavori nel vialetto di casa nostra per metterlo in comunicazione con la strada comunale, in modo da poterlo percorrere a bordo di una macchina a noleggio a due ruote motrici. Nonostante i suoi sforzi, il vialetto ci ha procurato continui mal di testa, visto che non potevamo permetterci di pavimentarlo adeguatamente. Probabilmente questa stradina era perfetta quando secoli fa i buoi la usavano per accedere al fiume verso il fondovalle, ma le auto, la ghiaia, il fango e altre condizioni climatiche tipiche della campagna sono la ricetta perfetta per contrattempi e costante manutenzione.

Pierluigi tornò durante la nostra prima estate nella nuova casa per terrazzare una ripida collina nella zona posteriore, che si affaccia sulla nostra vista mozzafiato. Il suo assistente, Simone, mise quindi da parte le rocce per evitare che la macchina si inceppasse e le posizionò sotto l’albero di ulivo più antico, creando un bel muretto dove sedersi, che aveva anche la funzione di arginare il terrapieno su cui avevo piantato due oleandri rossi.

Man mano che le terrazze prendevano forma e il sottobosco veniva ripulito, ci accorgemmo che i quattro giovani ulivi che crescevano  in senso orizzontale, fuori dalla collina, parallelamente al terreno, in realtà sembravano abbastanza sani. Pierluigi fu entusiasta di salvarli (dopo tutto, olive = cibo), così fece girare una corda intorno ai loro tronchi sottili e vi attaccò una catena, tirandoli su in posizione verticale con la terna e piazzandoli su uno dei terrazzamenti. Ancora una volta, rimasi impressionata e commentai con Serenella, uno degli ingegneri che supervisionava la ristrutturazione della casa, che Pierluigi assomigliava un po’ a un chirurgo per il modo in cui manovrava quella terna. Serenella annuì, dicendo: “Sì, è bravo, ma devi ancora vedere…”: ho capito cosa intendeva quando uno degli ulivi si spezzò a causa della pressione esercitata per farlo allungare oltre i suoi limiti.

tuttofare

Il nostro primo Natale a casa fu freddo e umido. C’era neve, ma non faceva così freddo e quindi la neve era fangosa e il nostro vialetto era un pasticcio di solchi che a ragione temiamo. Ci avevano raccomandato di procurarci un veicolo a quattro ruote motrici, ma nessuna delle società di noleggio auto ne aveva a disposizione. Nonostante avessimo messo le catene agli pneumatici, lasciammo la macchina in cima al viale per poi trascinare i bagagli fino alla porta d’ingresso. Fu solo il terzo giorno che trovammo il coraggio di guidare la macchina fino a casa. Sembrava il giorno ideale per fare anche una corsa da Ikea. Comunque, anche quando c’è un po’ di neve fuori casa nostra, una volta giunti a un quarto della strada che porta in città, il clima è molto diverso.

Prima del nostro viaggio andai a fare una passeggiata lungo il vialetto e girai a sinistra verso casa di Maria Luisa, la nostra vicina, essendomi messa d’accordo per incontrare Jesse e Sophie, che avrebbero guidato fino al pollaio di Maria Luisa e fatto un giro più semplice per arrivare in cima alla strada comunale. L’atmosfera era tranquilla e il cielo piuttosto nebbioso. Gli unici rumori provenivano dai polli di Maria Luisa e da un’autoradio lasciata accesa, sia per tenere compagnia a chiunque si occupasse dei polli, sia per intrattenere i polli stessi. Erano ormai passati venti minuti. Dopo mezzora tornai verso casa per vedere cosa era andato storto. Sentii la rotazione degli pneumatici quando giunsi in cima alla strada.

La vettura era arroccata su una collinetta di fango appena fuori al viale, lo pneumatico anteriore sinistro e quello posteriore destro giravano liberamente; gli altri due erano bloccati nel terreno. Jesse cercò invano per mezz’ora di tirare la macchina fuori dal fosso. All’epoca il nostro italiano era ancora terribile, e l’unica cosa che potevamo pensare di fare in quel momento era chiamare Pasquale, l’altro ingegnere che ha progettato e costruito la nostra casa e che parla inglese. “Non ti preoccupare — disse — Chiamo Pierluigi”.

Pasquale arrivò prima di Pierluigi, insieme a suo nipote Donato. Nonostante fosse mezzogiorno, il cielo era così grigio che sembrava l’imbrunire e nevicava. Era bellissimo. La nostra casa si trova a circa metà strada lungo la valle e alzando lo sguardo c’è un crinale per cui passa la strada comunale. Così, quando Pierluigi si avvicinò col suo trattore, fu una scena elettrizzante  ̶  si poteva vedere la luce rossa lampeggiare oltre il crinale e sentire gli scoppi del tubo di scarico. Il trattore si muoveva pesantemente lungo il viale e Pierluigi faceva capolino sorridente, con la sigaretta attaccata al labbro inferiore.

tuttofare

Si trattava di un’operazione abbastanza semplice. Trainò la macchina su per la collina, collegando il trattore alla nostra auto con una corda legata al paraurti anteriore dal lato del conducente. Donato riuscì a guidare il trattore, ed era in estasi, con un sorriso a trentadue denti. Pierluigi non prese soldi per quel servizio  ̶  quel giorno era in giro per salvare degli stranieri sfortunati che si erano trovati nella bufera di neve giusto dopo Natale.

La seconda volta che abbiamo avuto bisogno di lui fu quando ospitammo gente  a casa per la prima volta. Era agosto e sia la terra che le strade erano aride. La macchina a noleggio di mio cognato era una station wagon della Opel. Partendo da Roma, credo che abbiano preferito prendere una macchina più grande per una questione di comodità. Avevamo cementato la parte più bassa e più ripida del vialetto sapendo che i parenti si sarebbero lamentati a causa del rigonfiamento del resto della strada, augurandoci che, con una buona partenza sulla parte asfaltata, non si sarebbero verificati incidenti.

Sbagliato. Una volta scaricati i bagagli, Bob era desideroso di guidare in città. Gli raccomandammo di fare attenzione, ma lui non era affatto preoccupato. Pochi istanti dopo, alzando lo sguardo, ci accorgemmo che la Opel si trovava lateralmente a cavallo della parte asfaltata, le gomme posteriori erano andate a finire nel fosso dove mancava il cemento  ̶  avevamo dimenticato di riempire quel fosso con pietre e ghiaia. Non c’era modo che potessimo uscire di casa con l’auto in quella posizione. Tutti gli uomini cercarono di girare le gomme spingendo del legno sotto le ruote posteriori in modo da formare una rampa, ma non ottennero alcun risultato. Erano le 19:30 e la macchina non andava da nessuna parte. Intanto il nostro italiano era migliorato al punto da permetterci di chiamare da soli Pierluigi. Era domenica, quasi ora di cena. Pierluigi vive in una città vicina ed eravamo mortificati di chiamarlo in un momento così infausto, ma prontamente si mise in cammino.

tuttofareAncora una volta ci aveva salvati e, ancora una volta, non chiese soldi. Gli abbiamo fatto un sacco di regali nel corso degli anni  ̶  una bottiglia di scotch, un coltello pieghevole, un coltellino svizzero. È essenziale per tutta la città e preghiamo che il figlio porti avanti il business quando lui ne avrà ormai avuto abbastanza. Spesso lo vediamo in giro con i suoi amici al distributore di benzina/bar vicino Gualdo, puù darsi che si stia preparando per fare di quei ritrovi maschili uno status permanente. Per quanto riguarda il nostro viale, l’abbiamo pavimentato a sezioni, un po’ alla volta anno dopo anno, ed è ormai quasi tutto asfaltato, con terra e ghiaia ai lati per evitare di finire nel fosso laterale. E per quanto riguarda mio cognato Bob, si è rifiutato di guidare per il resto del loro soggiorno. Continuiamo a invitarli, ma stiamo ancora aspettando un loro sì.


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Gabrielle Shubert

Gabrielle Shubert

La mia carriera nella pubblica amministrazione mi ha vista per 27 anni alla Metropolitan Transportation Authority di New York, 3 nella divisione Arti e Design e 24 come direttore del New York Transit Museum. Ora mi dedico a scrivere di cucina e della vita in Italia, dove io e mio marito abbiamo restaurato un antico casale nelle Marche. Sto facendo un corso di cucina all'Institute for Culinary Education di Manhattan e, con mio marito e nostra figlia, ci dividiamo tra Brooklyn e le Marche. Sul mio blog scrivo di cibo e Italia. Gabrielle Shubert is the former director of the New York Transit Museum in Brooklyn.  She is the author of "Americana in the Kitchen," a blog about cooking and living the expat life in Italy.  She divides her time between Brooklyn and Le Marche.

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