Lunedì 14 marzo a New York si è aperto il Socially Relevant Film Festival, giunto alla sua terza edizione. Il festival porta sotto i riflettori quei registi e filmmakers che con il loro lavoro raccontano storie di alto interesse umano e sociale.
Martedì sera le proiezioni sono iniziate con una cerimonia ufficiale presentata dalla direttrice Nora Armani che ha esordito ricordando che il vero orgoglio di chi lavora da tre anni per mettere in piedi il Socially Relevant Film Festival è di aver creato una piattaforma per registi che parlano di cose importanti e allo stesso tempo riescono a intrattenere il pubblico. Armani ha ricordato anche che il festival ha ricevuto il supporto e la simpatia di Erin Brockovich, attivista per la difesa dei consumatori, lei stessa resa nota da un film che racconta la sua vicenda di attivista ambientale.
Dopo la presentazione di Nora Armani, le proiezioni si sono aperte con Caged No More, di Lisa Arnold, all’interno della sezione Narrative Feature Film che ospita film di finzione ispirati a storie vere. Il film narra la vicenda di due adolescenti americane vendute in Grecia come schiave sessuali, per ricordare che quello delle tratta delle donne non è un problema che riguarda soltanto i paesi in via di sviluppo, ma è un fenomeno che avviene dovunque, anche in Occidente.
Le proiezioni, che andranno avanti fino al 20 marzo, portano nelle sale film di diverse zone del mondo e dedicati alle problematiche più diverse. Ai temi ambientali, che dopo la conferenza sui cambiamenti climatici di Parigi sembrano aver ritrovato l’attenzione del pubblico, sono dedicati diversi dei film presentati al SRFF, affrontando temi che vanno dalle energie sostenibili alla crisi causata dall’olio di palma. All’ambiente sarà dedicato anche l’evento conclusivo del festival, domenica 20 marzo quando avverrà anche la premiazione delle opere in concorso per le varie categorie. Molti anche i film dedicati ai diritti delle donne, tra cui Beneath The Olive Tree che racconta la storia delle esiliate politiche in Grecia durante la guerra civile degli anni ’40 e Supersonic Women che racconta della sfida “all’ultima barriera del suono” tra due Jacqueline, entrambe aviatrici, una americana, l’altra europea.
Al tema della disabilità sono invece dedicati, tra gli altri, Tow and Twenty Troubles, che racconta la storia di due attori disabili che cercano di tornare sul palcoscenico; Girl on the Moon, in cui è invece la danza a cambiare la vita di alcuni disabili; Vision: Healing the Blind in Ethiopia, in cui cinque ciechi di un villaggio etiope aspettano la morte intrappolati nel buio, finché qualcosa cambia.
Discriminazioni e ingiustizia sono invece al centro di pellicole come Border che racconta la crisi israelo-palestinese vista da due giovani; Three, che documenta i veri costi delle guerre; A Hearth of Our Own, sugli immigrati irlandesi negli USA, privi di documenti.
Per molti dei film, alla proiezione segue il dibattito con gli autori, ma il festival non è fatto solo di proiezioni. Molto spazio è lasciato all’industria e alla comprensione di tecniche e meccanismi di un modo, quello del documentario, che, nonostante stia conoscendo un’epoca di inedite glorie, fatica ancora a trovare il giusto supporto economico. Nelle tre location in cui si suddivide il festival, sono in programma incontri a tema, dibattiti, eventi e focus, per dare a chi lavora in questo delicato settore dello storytelling strumenti sempre migliori per raccontare storie in grado di cambiare vite umane. E allora, come recita lo slogan del festival stesso, mettetevi a sedere e lasciatevi commuovere.