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February 2, 2016
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“Enough is enough”: parte la rivoluzione di Bernie

In Iowa, "vittoria morale" di Bernie Sanders su Hillary mentre Cruz batte il Gop

Stefano VaccarabyStefano Vaccara

Bernie Sanders pens letter to his supporters asking that they follow his lead in supporting Hillary Clinton's campaign

Time: 3 mins read

Dopo i risultati delle primarie in Iowa viene da chiedersi se in America sia iniziata, come ha detto Bernie Sanders, una vera rivoluzione politica anti establishment. Anzi, per meglio dire, c’è da domandarsi se questa “insurrezione” contro lo status-quo, che i risultati di ieri confermano incontrovertibilmente, sia destinata a continuare o a perdere terreno nei prossimi mesi.

Il fatto che il confronto tra Bernie Sanders e Hillary Clinton sia terminato con una parità di fatto e che Ted Cruz si sia imposto tra i repubblicani, significa che i ranghi istituzionali di entrambi i partiti non controllano e non indirizzano più i propri elettori. Nell’ambito democratico di questa “rivoluzione” il pareggio di Bernie e Hillary equivale a una clamorosa vittoria morale, ma anche materiale, per il senatore del Vermont e per il suo messaggio che contiene in sé elementi di ridistribuzione sociale di stampo scandinavo, ma impensabili, fino a qualche tempo fa per gli Stati Uniti (socializzazione del sistema sanitario, aumento della pressione fiscale sui ricchi, abolizione delle rette alle università pubbliche).

Un messaggio forte e chiaro quello proveniente dall’Iowa. Un messaggio di democrazia reale, che sale dal basso. Ma anche un messaggio sostantivo perché, a differenza di quanto accaduto nel 2008 con Barack Obama, il risultato ottenuto da Sanders non costituisce tanto un voto “personale”, concesso sulla base del carisma del personaggio (Sanders ha 74 anni e, in caso di vittoria sarebbe il presidente più anziano ad accedere alla Casa Bianca), piuttosto un riconoscimento della sostanza del suo messaggio.

A differenza della genericità degli slogan obamiani (“Hope” e “Yes We Can“) visti per lo più come una dichiarazione di rottura con il disastroso mandato di George Bush, il messaggio “rivoluzionario” di Sanders si può considerare in effetti come “controrivoluzionario” perché arriva dopo una trentennale “rivoluzione liberista” senza freni che ha finito con l’impoverire la classe media, il cuore del corpo sociale americano. Un ceto medio che, al grido di “Enough is enough“, ha dichiarato senza mezzi termini di averne abbastanza dell’1% di super miliardari e speculatori di Wall Street che detengono, da soli, le risorse della metà dell’intero paese.

Sostenendo il messaggio di Sanders, che include anche l’innalzamento del salario minimo a $15 l’ora, la parità retributiva tra uomini e donne, questa classe media di sinistra, ma che raccoglie anche moltissimi conservatori, ha scavalcato il suo tradizionale ruolo progressista per assumere un atteggiamento decisamente “radical”.

Potrà continuare anche in New Hampshire e andare persino oltre, fino giù in Florida? Tutto dipenderà nei prossimi giorni se questa “vittoria morale” di Sanders farà scattare le micro donazioni via internet che lo potrebbero lanciare come un missile anche verso le primarie del Sud. Infatti nei grandi stati la spesa nelle pubblicità in TV etc sarà essenziale e li ci vogliono quei milioni di dollari che di solito le donazioni dei “super pack” provvedono ai candidati dell’establishment. Ad Obama quelle micro donazioni via internet lo lanciarono. Ora anche Sanders, che ha già abbattuto tutti i record per questo tipo di donazioni, se avverrà la valanga di micro contributi – nel suo discorso ieri sera ha detto che le donazioni medie per lui sono state di 27 dollari, ben diverse da quelle ad Hillary che saranno di migliaia di dollari – allora tutto è possibile.

Nel 2008, Barack Obama ha fatto campagna elettorale come un potenziale elemento di rottura col passato, ma lasciando, una volta eletto, molti dei suoi sostenitori di sinistra delusi per la sua virata centrista, con Bernie la sinistra cerca la garanzia di una sterzata senza compromessi e senza sorprese verso politiche che tutelino le tasche del ceto medio e medio-basse lasciato al palo da troppo tempo.

Ad uscire sconfitto dalle urne dell’Iowa è il “populismo della paura” rappresentato da Donald Trump e per quanto la vittoria sia andata a un altro “ribelle”, Ted Cruz, il ruolo anti-istituzionale del senatore texano consiste più nell’odio sfrenato che suscita da parte dei ranghi dirigenti del suo stesso partito piuttosto che nella sostanza del suo programma.

La corrente istituzionale e centrista del GOP, infine, sembra aver trovato il suo campione in Marco Rubio, la cui affermazione al terzo posto a brevissima distanza da Trump costituisce una vittoria limpida e significativa per il futuro. Forse Trump farà meglio in altri stati, ma l’lowa sembra decretare che il cuore della democrazia americana, quello che riflette gli interessi del popolo e non del populismo della destra reazionaria, è ancora sano e forte.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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