Se qualcuno si era illuso che il no della Corte Costituzionale spagnola al referendum secessionista avesse spaventato i Catalani, si è sbagliato di grosso. Il pugno duro di Madrid, semmai, ha sortito l'effetto contrario. Lo testimoniano i risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Barcellona (Generalitat) che hanno decretato il trionfo degli indipendentisti e un'affluenza alle urne da record: 77%, una roba mai vista.
Il fronte pro-indipendenza (Junts pel Sì- Uniti per il si– formato da Convergencia Democrática de Cataluña e Esquerra Republicana de Catalunya e Cup -Unità popolare) ha ottenuto una netta maggioranza di seggi, 72 su 135, un risultato storico.
Un risultato ancora più sorprendente se si considera che, contro il popolo catalano, si è schierato non solo il Governo di Madrid,con tutti i suoi apparati, ma anche le oligarchie europee da sempre nemiche del principio dell’autoderminazione dei popoli e sempre pronte a tentare di condizionare le elezioni democratiche.
Nemici cui fa riferimento l’attuale governatore catalano Artur Mas quando dice “abbiamo vinto con quasi tutto contro" ma questo ci dà una forza enorme e una grande legittimità per portare avanti il progetto dell’indipendenza. Ha vinto la Catalogna,- ha aggiunta Mas -ma soprattutto la democrazia".
Barcellona, dunque, città che vede sfilare milioni di persone ogni volta che si parla di indipendenza, è in festa. Anche se, come era prevedibile, i soliti noti tentano di ridimensionare la vittoria, propagandando il messaggio secondo cui, anche se il blocco indipendentista ha la maggioranza dei seggi, (la legge elettorale prevede un sistema proporzionale), non ha la maggioranza dei voti. Un modo per dire che, se queste elezioni erano una sorta di prova referendaria (e lo erano), il risultato sarebbe comunque in favore di partiti contrari alla secessione.
E’ così? Non proprio. I dati che non piacciono a Madrid e Ue dicono un’altra cosa. E cioè, che se è vero che Uniti per il sì e Cup hanno ottenuto ‘solo’ il 48% dei voti, e anche vero che la formazione secessionista Unione democratica della Catalogna (che ha corso da sola), ha ottenuto il 2,5%. Quindi, i consensi all'indipendenza toccano quota 51,01%. Bisogna anche ricordare che altre liste minori, trattandosi comunque di regionali, non hanno preso posizione sul tema. E, conoscendo i catalani, non è escluso che se mai gli venisse riconosciuta la libertà di un referendum, si schiererebbero per il sì.
Certo è anche che le liste dichiaratamente contro l’indipendenza si sono fermate al 39%.
Per il resto, disfatta totale per il l Partito popolare (Pp) di Mariano Rajoy che non arriva al 9% (11seggi), perdendo quasi 5 punti. Perde anche il Pse che deve accontentarsi del 13% (12seggi). Non sfonda neanche Ciudadanos, movimento moderato ed europeista, che si presenta come alternativa al separatismo, ma non convince i catalani più di tanto se è vero che conquista solo 25 seggi con la sola soddisfazione di avere superato i partiti tradizionali. Idem per Podemos che dice no alla separazione e conquista11seggi.
Cosa succederà ora? Nei prossimi giorni il negoziato fra le due liste secessioniste per la formazione di un governo per l’indipendenza, che dovrebbe portare secondo i piani di Mas ad elezioni costituenti e alla secessione in 18 mesi.
Progetto che, ovviamente, Madrid ostacolerà in ogni modo. E già arrivano i primi segnali: il governo spagnolo del premier Mariano Rajoy si è affrettato a bollare le elezioni regionali catalane come "un fallimento completo del presidente uscente Artur Mas". Tuttavia, la stampa spagnola sottolinea come il voto regionale catalano rappresenti, invece,un fallimento anche e soprattutto per il partito di Rajoy, il Partito popolare (Pp) e che la questione catalana non potrà più essere affrontata con i metodi usati finora.
Se ci sarà il tanto sospirato referendum o se si parlerà solo di maggiore autonomia, lo vedremo nelle prossime settimane.
Intanto, il trionfo degli indipendentisti catalani, rinvigorisce le spinte seccessioniste anche in Italia. Dalla Sardegna alla Lombardia, dal Veneto alla Sicilia, si invoca una via catalana.
Proprio oggi all'Ars, a Palermo, un convegno organizzato da Sicilia Nazione affronterà il tema anche con esponenti dei partiti tradizionali. Non si escludono sorprese.