Quali colpe gravi ha Libero Grassi da farsi perdonare per non aver ancora ottenuto che uno spazio pubblico della città di Palermo, intestato a suo nome, possa essere goduto da tutti i cittadini palermitani e non, rendendogli omaggio per il suo coraggio e la sua integrità rispetto al ricatto mafioso? Il riferimento è al Parco di Acqua dei Corsari che sta vivendo una triste vicenda di burocrazia intrigante e vile. Vile perché sa che, nove volte su dieci, le sue subdole manovre non le pagherà, in quanto nessun burocrate regionale si presta a tali manovre se non ha sicure coperture, politiche o mafiose. E queste ultime sono più potenti e solide di quanto si pensi.
Facciamo questa premessa per raccontarvi una storia che sembrerebbe banale, ma banale non è, perché si tratta di uno spazio pubblico, intestato ad un imprenditore che è morto per mano di mafia non essendosi piegato al ricatto mafioso del “pizzo”. Un imprenditore – Libero Grassi – che commemoreremo il 29 agosto prossimo, per ricordare un uomo libero che non si è piegato ai mafiosi e che, per questo, il 29 agosto del 1991 venne ammazzato.
Ebbene, tornando al Parco cittadino a lui dedicato, va detto che questo spazio, guarda caso, è localizzato in una parte del territorio urbano di Palermo ad alta concentrazione mafiosa. E questo ‘sgarro’ la mafia non è disposta a subirlo. Figurarsi, uno spazio intestato a Libero Grassi che, in quanto densamente frequentato, sarebbe un luogo evocativo del coraggio di chi si è opposto alla mafia. Tutto questo a Palermo, nella ‘capitale’ della mafia. E siccome la mafia e la borghesia mafiosa, negli uffici della Regione siciliana, in alcuni casi sono casa e putia, come si usa dire in Sicilia, ecco che accadono cose che, all’apparenza sembrano legali, ma che legali non sono, anzi sono legalmente manipolate.
Insomma: lo Stato italiano taglia i fondi per la spesa sociale, compresa quella destinata all’infanzia e ai

Un’immagine del Parco di Acqua dei Corsari vista dall’alto
ragazzi che abbandonano la scuola; la Regione siciliana, da parte sua, sbaracca la formazione professionale destinata sempre ai minori che non vanno più a scuola. Ebbene, dopo tutto questo ‘importante lavoro’ fatto da governo nazionale e governo regionale per consentire alla mafia di reclutare picciotti, che facciamo? Apriamo un Parco proprio a qualche chilometro di distanza da dove operava Don Pino Puglisi per fare un dispetto alla mafia? Per giunta intitolandolo a Libero Grassi, che – incredibile! – nel 1991, in solitudine, si rifiutava di pagare il ‘pizzo’? Giammai!
E infatti il Parco intitolato a Libero Grassi non è stato aperto. Da anni i burocrati ministeriali e quelli regionali giocano a ‘rimpiattino’. Tocca a te, no tocca a te, ma che dici, vai avanti tu, no vai tu… Risultato: il nulla di fatto. Buttando anche i soldi pubblici. Il tutto tra le proteste di tanti cittadini palermitani. Ma fino ad oggi, è inutile girarci attorno, ha vinto la mafia. Piaccia o no, ma è così.
Vi raccontiamo in breve la vicenda e la sua logica conclusione attraverso la quale il Comitato per il Parco di Acqua dei Corsari Libero Grassi e i Cittadini per Palermo più verde e pulita Mobilità Palermo” hanno presentato ricorso alla Procura della Corte dei Conti, nel tentativo di fare chiarezza ed individuare precise responsabilità nell’indegno balletto dei sondaggi sull’area Parco Libero Grassi. Ma la stessa iniziativa potrebbe riguardare il porticciolo della Bandita, dove si verifica un altro inspiegabile fermo all’attivazione ed alla fruizione di questo bene. Che si trova, tanto per cambiare, in una zona della città nella quale i mafiosi sono tutt’altro che assenti. Chissà, visto che è impossibile battere la mafia che non vuole che questo Parco dedicato a Libero Grassi veda la luce (ci piacerebbe sapere cosa pensano di questa storia le due più alte cariche dello Stato, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il Presidente del Senato, Piero Grasso, entrambi palermitani…), magari si trova il modo di fare pagare i danni erariali ha fatto perdere tempo e denaro.
Il Parco di Acqua dei Corsari, per la cronaca, si trova nell’area recuperata dalla discarica di sfabricidi, a due passi dal mare, nella periferia sud-est di Palermo. E’ una zona che un tempo ormai lontano era una delle spiagge molto frequentate dai palermitani, ma che dopo la seconda guerra mondiale è stata trasformata nella discarica della grande speculazione edilizia (il ‘Sacco di Palermo”), che dagli anni 50 fino agli anni ’80 del secolo passato si ‘mangerà’ interi ‘pezzi’ della ‘Città felice’ per fare posto a colate di cemento sena verde. Da anni sarebbe pronta l’apertura di questo Parco – che potrebbe essere un primo, timido passo verso il recupero di questa parte della città – ma complicazioni burocratiche lo impediscono.
La storia sembra incredibile. La sua realizzazione doveva essere finanziata dall’assessorato regionale al Territorio e Ambiente, ma essendo il sito del Parco localizzato su una ex discarica, la competenza è passata a un’altra branca dell’amministrazione regionale: l’assessorato all’Energia, al quale fa capo il dipartimento Acqua e Rifiuti della Regione siciliana.
Nel 2005 è stata fatta la prima caratterizzazione, cioè l’accertamento delle caratteristiche chimiche del suolo e dell’acqua di questo sito. I risultati dei sondaggi effettuati dalla Sering, un’azienda specializzata e dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) sono risultati positivi. Sulla scorta di tali risultanze, nel 2006, una conferenza di servizi ha deciso di iniziare i lavori di messa in sicurezza e sviluppare successive verifiche della caratterizzazione del sito. La messa in sicurezza da parte della Sering si è conclusa nel novembre 2008. Lo stato finale dei lavori è stato redatto nel gennaio 2009. Il collaudo è avvenuto nel marzo del 2010.
Dal 2010 ad oggi si sarebbero potute avviare le opere di arredamento, piantumazione, individuando i percorsi di fruibilità. Invece accade che il dirigente generale del dipartimento Acque e Rifiuti della Regione siciliana dà mandato ad Invitalia – un ente pubblico, ex Sviluppo Italia – per continuare l’iter della caratterizzazione. Invitalia, a propria volta, affida indagini ed analisi al laboratorio Ambiente, il quale ha eseguito i sondaggi e le analisi che, nell’ottobre 2011, sottoposte all’Arpa, sono state da questa rigettate con parere negativo, perché non congruenti con quelle effettuate dall’Arpa medesima.
Nel 2012 – si noti la tempestività, ben otto mesi dopo! – il dirigente generale del dipartimento Acqua e Rifiuti della Regione siciliana convoca una riunione per affrontare la questione. Contemporaneamente l’Arpa invia una lettera al laboratorio Ambiente, all’assessorato Energia e ad altri soggetti suggerendo di rivedere i parametri e di adottare criteri diversi e rivalutare tutti i dati di laboratorio. Secondo il parere di esperti chimici, il Comune di Palermo, gestore dell’area, può tranquillamente entrare nel sito. Usando tutti gli accorgimenti igienici necessari (tute, guanti, mascherine, ecc), i giardinieri del Comune potrebbero effettuare la manutenzione e la pulizia, anche se il sito non è ancora aperto al pubblico.
Intanto il tempo vola… Sono passati già quattro anni da quando i cittadini hanno sollecitato Comune di Palermo e Regione siciliana a darsi una mossa per consentire la fruizione del Parco e siamo ancora all’anno zero. Dopo le segnalazioni del Comitato per l’apertura del Parco, l’assessorato regionale all’Ambiente ha diffidato Invitalia a “trasmettere entro 15 giorni il ricalcolo dei dati analitici secondo i criteri suggeriti dall’Arpa”. Ed il 23 maggio 2013 lo stesso assessorato regionale ha diffidato Invitalia: “Qualora non dovesse essere trasmesso quanto richiesto – ha scritto due anni fa l’assessorato regionale – si procederà alla revoca del finanziamento ed al recupero delle somme già erogate”. Eh già, perché in questa storia in cui si è infilata – o hanno infilato – Invitalia ci sono pure di mezzo soldi pubblici. Dal 23 maggio 2013 – data delle citata diffida dell’assessorato Ambiente della Regione siciliana ad Invitalia – sono trascorsi più di due anni e tutto è fermo come prima…
Sulla questione ci viene un’idea che ci piace esternare. La Commissione Antimafia del Parlamento siciliano farebbe bene ad accertare se vi sono o no condizionamenti di tipo mafioso sull’intera faccenda. Anche per capire se siamo davanti a un gioco delle parti. Per il resto, su un altro versante, sarà interessante capire se, oltre ad aver privato i cittadini di un Parco pubblico, qualcuno ha anche sprecato il denaro pubblico. Su questo punto – che non è affatto secondario – dovrà pronunciarsi la Corte dei Conti.
Intanto siamo certi che tra qualche giorno – il 29 agosto – i rappresentanti delle ‘autorità’ dello Stato e della Regione si presenteranno alla commemorazione di Libero Grassi per dire che i mafiosi non passeranno e che lo Stato di diritto vincerà…
* Riccardo Gueci è un dipenente pubblico in pensione. Comunista di vecchia data (è cresciuto nella scuola del vecchio Pci), per noi, di solito, scrive di politica internazionale. Ma è anche un cittadino di Palermo. Che partecipa alle attività concrete contro la mafia. Così, da cittadino stanco di aspettare l’apertura di un Parco pubblico in una delle zone più degredate di Palermo, ha deciso di raccontarci una storia. Che per ora non è a lieto fine. Perché fino ad oggi, in questa storia, a vincere è la mafia.