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A Cefalù un cinghiale uccide un uomo. Ma nel resto della Sicilia le autorità fanno finta di non vedere

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 6 mins read

Nella Sicilia ostaggio della calura estiva e travolta da mille problemi, quasi a completare un periodo negativo tutto da dimenticare, arriva anche la morte assurda di un uomo preso di mira da un gruppo di cinghiali. E’ successo oggi nelle campagne di Cefalù, cittadina nota per la Cattedrale normanna e per il suo mare.

L’uomo, Salvatore Rinaudo, di 77 anni, si trovava nei pressi di una fabbrica di ceramiche dismessa tra contrada Ferla e contrada Mollo. Era uscito con i suoi cani. Ed è proprio si cani che si sono avventati i cinghiali. Salvatore Rinaudo ha cercato di difendere i cani, ma gli animali si sono avventato contro di lui.

Alla scena ha assistito la moglie, Rosa Rinaudo, di 73 anni. Quando ha visto che il marito era stato aggredito da cinghiali la moglie si è avvicinata per cercare di trascinare in casa il proprio coniuge. Ma non c’è stato nulla da fare. I cinghiali non hanno mollato la presa sul marito e hanno aggredito anche la moglie che è rimasta gravemente ferita.

Salvatore Rinaudo è morto, mentre la moglie se la caverà, nonostante i morsi. Purtroppo quanto avvenuto è il frutto della leggerezza delle autorità siciliane, che non hanno raccolto il grido d’allarme sul pericolo cinghiali lanciato da alcuni sindaci dei paesi delle Madonie – dove il problema è molto avvertito – e dai rappresentanti delle organizzazioni agricole, Cia e Coldiretti siciliane. I rappresentanti degli agricoltori hanno più volte segnalato danni ingenti alle colture e ai pascoli provocati proprio dai cinghiali. Anche i vertici dell’ente Parco delle Madonie hanno più volte segnalato i pericoli legati alla presenza di cinghiali. Allarmi caduti nel vuoto.

Ma chi è che dovrebbe intervenire per tutelare l’incolumità dei cittadini? In prima battuta i Prefetti, che sono i responsabili dell’ordine pubblico. E poi l’amministrazione regionale e, segnatamente, due assessorati: l’assessorato al Territorio e Ambiente e l’assessorato all’Agricoltura.

Proprio a proposito dei problemi e dei pericoli legati alla presenza dei cinghiali, un allarme era stato lanciato, nell’ottobre dello scorso anno, da Magda Culotta, sindaco di Pollina (Comune delle basse Madonie) e parlamentare nazionale del PD eletta in Sicilia.

La deputata è intervenuta dopo che il Prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, aveva deciso di vietare al Sindaco di San Mauro Castelverde di abbattere alcuni esemplari di suini. Sempre per la cronaca, in una contrada di San Mauro Castelverde – altro Comune delle Madonie – un branco di cinghiali aveva seminato il panico provocando ingenti danni alle coltivazioni agricole. Così il sindaco Culotta aveva chiesto al Prefetto una deroga al calendario venatorio e la possibilità di affrontare l’emergenza procedendo all’abbattimento selettivo dei cinghiali”. Magda Culotta aveva chiesto di consentire la caccia al cinghiale al di fuori delle aree del Parco delle Madonie.

Chi invece sostiene che i cinghiali vanno tenuti sotto controllo anche dentro il Parco delle Madonie è Mario Cicero, ex sindaco di Castelbuono, altro importante centro delle Madonie. “Io, da sindaco del mio paese – dice Cicero – ho firmato decine di ordinanze per affrontare la questione cinghiali. Alle tante autorità ho spiegato che a Castelbuono abbiamo la gente sui tetti e i cinghiali dentro ai letti. Lo dicevo, lo ripetevo, ma non mi credevano. Sa qual è il vero problema in questa incredibile storia? Che oggi, la Sicilia, è gestita da personaggi che non conoscono il territorio che amministrano. I funzionari della Regione siciliana e i politici non conoscono le nostre zone. Non sanno quali sono i problemi veri, reali. Solo che con la sicurezza e con vita delle persone non si scherza. E, alla fine, c’è scappato il morto”.

“Tutto questo succede in Sicilia – aggiunge l’ex sindaco di Castelbuono – perché siamo amministrati male. Da gente incompetente. Persone, ripeto, che non conoscono la realtà. Ci sono aree della Sicilia letteralmente invase dai cinghiali. Il Parco delle Madonie è una di queste zone. In questi casi il Legislatore interviene. A Reggio Calabria la normativa è diversa. Lì e in altre Regioni italiane si interviene con abbattimenti controllati. Alla luce del grande numero di cinghiali presenti in Sicilia, questa potrebbe diventare un’attività economica. Sarebbe sufficiente fare controllare gli animali abbattuti dai macelli, per scongiurare problemi legati a patologie, a cominciare dalla peste suina”.

Insomma, la Regione siciliana – che alla fine è responsabile del territorio e che può legiferare per controllare la proliferazione oggi incontrollata dei cinghiali – ci dice sempre l'ex sindaco di Castelbuono, potrebbe guadagnare un bel po’ di quattrini, immettendo sul mercato locale i cinghiali. Non si tratta di una proposta fuori luogo, dal momento che, già da qualche anno, l’Istituto regionale per la vita e per l’olio produce vino che viene venduto, con tanto di marchio della Regione siciliana, nei supermercati.

Invece assistiamo a uno spettacolo, in questo caso sì, assurdo: migliaia di cinghiali che scorrazzano liberi per la Sicilia distruggendo pascoli e raccolti, tra le vibranti proteste degli agricoltori. Con le autorità – è successo a Palermo e provincia con l’intervento del Prefetto – che bloccano la caccia al cinghiale per placare le ire degli ambientalisti e degli animalisti. Per poi andare nei ristoranti locali e mangiare carne di cinghiale che arriva da chissà dove. Tutto fuori dalla logica.

Abbiamo parlato di Sicilia invasa dai cinghiali. Perché il problema dei cinghiali in libertà non riguarda solo le Madonie. La stessa cosa avviene sui Nebrodi (dove vivono in libertà anche esemplari del Maiale nero dei Nebrodi), sui monti Peloritani, nella Riserva naturale dello Zingaro, nella Valle del fiume Sosio-Verdura (soprattutto nel bosco che divide Burgio da Palazzo Adriano), sul monte Cammarata, nel boco della Ficuzza e in altre aree boscate della nostra Isola. Sarebbe sull'Etna, ma anche in zone vicine ai centri abitati: per esempio, nella Riserva naturale di Capo Gallo, a Palermo, area che è praticamente confinante con Mondello e con la borgata di Sferracavallo.  

Ma chi è che ha introdotto il cinghiale in Sicilia? Tutto è cominciato nei primi anni ’80 del secolo passato. Sembra che i primi a introdurre i cinghiali siano stati i dipendenti dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana. Chi scrive ricorda che in quegli anni i cinghiali venivano tenuti dentro grandi recinti. Solo che, ogni tanto, un recinto si apriva e i cinghiali scappavano… C’è anche chi sostiene che siano stati gli stessi cacciatori.

Quello che possiamo affermare è che, già alla fine degli anni ’90, attraversando il bosco che divide Palazzo Adriano a Burgio, al confine tra la provincia di Palermo e la provincia di Agrigento, non era insolito incontrare i cinghiali in libertà.

Un caso a sé sono due isole siciliane: Pantelleria e Marettimo. Della prima si registrano solo voci. Si racconta che qualche cinghiale sarebbe stato avvistato a Montagna Grande. A Marettimo – una delle isole Egadi – i cinghiali non mancano. I turisti di Marettimo conoscono solo una piccola parte. In realtà, l’isola è grande. E molto particolare, dal punto vi vista naturalistico. A differenza di Pantelleria, che è un’isola di origine vulcanica, Marettimo e le altre Egadi sono isole di origine calcarea: pezzi di Sicilia che milioni di anni fa sono diventate isole in seguito a una de glaciazione, con relativo innalzamento del livello delle acqua marine. Non a caso Marettimo è una sorta di scrigno naturalistico dove si trova l’80 per cento circa delle essenze botaniche presenti in Sicilia.

Accanto a questi pregi naturalistici ci sono anche storie e misteri legati a un’isola che rimane unica. Qui torniamo ai cinghiali. Sembra, infatti, che Marettimo sia stata da sempre eletta a riserva di caccia. Uno svago del’alta borghesia trapanese in una provincia storicamente molto ‘complicata’. A dimostrare che in queste storie che circolano su Marettimo ci debba essere un fondo di verità è il fatto che la Riserva naturale terrestre, in quest’isola, non è mai stata istituita. La Regione siciliana ci ha provato. Ma la magistratura amministrativa ha bloccato tutto. Da allora esiste la Riserva marine delle Egadi, ma non c’è la Riserva terrestre di Marettimo.  

Aggiornamento

Sulla vicenda interviene con un comunicato la Lega siciliana delle Cooperative: “Esprimiamo il nostro cordoglio alla famiglia di Salvatore Rinaudo morto per l’agressione dei cinghiali, che sulle Madonie per la forte proliferazione sono da tempo un gravissimo problema per gli abitanti e anche per i turisti”. Lo scrivono in una nota il presidente di Legacoop Palermo Filippo Parrino e il responsabile del settore agroalimentare Nino Tilotta.

“Da anni Sindaci , Associazioni e Sindacati – continuano – denunciano la gravità del problema dovuta all’introduzione di una razza di cinghiali che qui prolifera almeno il triplo rispetto alle zone di origini, per le condizioni climatiche ed ambientali favorevoli. È assurdo che si sia arrivati alla tragedia e che, come spesso succede nella nostra Regione, non ci sia la capacità di trasformare un problema così grave in una risorsa. La giusta salvaguardia dell’ambiente e degli animali non può essere un feticcio da venerare a tutti i costi. Sulle Madonie ci sono risorse e competenze, dai macelli comunali e privati alla ristorazione spesso di alta qualità, alle aziende alimentari di insaccati, per dare corso ad una filiera certificata che, appunto trasformi questa condizione drammatica in una risorsa di un territorio. Siamo convinti che il neo assessore alla Agricoltura sappia in tempi brevi predisporre una proposta che una volta e per tutto affronti in modo risolutivo il problema. Lo si deve a Salvatore Rinaudo e sua moglie, ma anche a tutti quelli che in questi lunghi anni di inezia della politica, hanno rischiato la propria vita e vedono continuamente distrutte coltivazioni e piantagioni anche fuori dalla zona di Parco”.   

    

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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